Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16728 del 14/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 14/06/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 14/06/2021), n.16728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2175/2020 proposto da:

O.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato MARIAGRAZIA MARELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Torino, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA

alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 931/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/06/2019 R.G.N. 1626/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/01/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza 3 giugno 2019, la Corte d’appello di Torino rigettava l’appello proposto da O.M., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza di primo grado, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. come già il Tribunale, essa escludeva la credibilità del richiedente, per la genericità e incongruenza del racconto, privo di documentazione delle circostanze riferite, della sua fuga dalla Nigeria, per timore di essere ucciso dai membri della confraternita (OMISSIS). Egli riferiva, infatti, di essere stato costretto ad affiliarsi con percosse e torture, convinto a partecipare ad un raduno dal suo compagno di stanza al Politecnico di (OMISSIS) (ove si era trasferito a studiare dalla città natia di (OMISSIS)), ucciso dopo un’irruzione nella camera da parte della polizia, cui gli insegnanti avevano denunciato il fatto, essendone stati notiziati da O., nonostante la minaccia di morte ricevuta dai membri della fraternità, nel caso avesse parlato con qualcuno. Consigliato quindi dalla polizia stessa, una volta ritornato a casa ed avendo ivi trovato il padre ucciso (da persone che avevano fatto irruzione nella casa), di fuggire a Lagos, ma quivi rintracciato per strada il giorno successivo al suo arrivo da alcuni membri della setta, egli decideva di lasciare definitivamente il Paese;

3. sulla base dell’accertata non credibilità, la Corte territoriale negava la ricorrenza dei requisiti delle misure di protezione richieste, anche considerate la carenza di una situazione di violenza indiscriminata nella zona di provenienza dello straniero, sulla scorta di fonti internazionali indicate (in particolare rapporto Easo 2018) e di prospettate ragioni di sua specifica vulnerabilità, anche in assenza di un particolare livello di integrazione sociale in Italia;

3. infine, essa gli revocava il beneficio del gratuito patrocinio, per l’infondatezza del gravame e del suo tenore argomentativo;

4. con atto notificato il 2 gennaio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con sette motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3, 4 e 5, per erronea esclusione della credibilità del richiedente, non avendo la Corte territoriale debitamente valutato la diffusione del fenomeno del cultismo in Nigeria, con un apprezzamento superficiale, non attento alla specificità della vicenda e della giustificata reticenza del giovane richiedente, per timore di essere rintracciato dai membri della fraternità (OMISSIS), oltre che della sua certificata condizione di marcata difficoltà a livello mnesico e di lieve disabilità intellettiva; nè avendo essa adempiuto all’obbligo di cooperazione istruttoria, ricorrendo a fonti informative specifiche, ma limitata ad un riferimento sommario a materiali disponibili sul web genericamente indicati (primo motivo); violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. f), artt. 5, 7 e art. 8, comma 1, lett. d) e carenza di motivazione, per illegittima negazione dello status di rifugiato, nonostante la propria persecuzione per la condizione di ex affiliato alla (OMISSIS), alla luce di dichiarazioni coerenti con la situazione dei cults in Nigeria, affatto accertata (secondo motivo); violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g) e 14, lett. b), c) e carenza di motivazione, per l’illegittima negazione della protezione sussidiaria, in difetto di adeguato accertamento di poter subire, in caso di rimpatrio, un grave danno, dipendente da trattamenti inumani e degradanti di (OMISSIS) nei propri confronti per il tradimento consumato, siccome infiltrata in ogni apparato istituzionale del Paese, oltre che per il livello di violenza indiscriminata particolarmente elevato negli Stati del Delta del Niger, come documentato da fonti internazionali indicate e da sentenze di merito e di legittimità richiamate (terzo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;

3. giova, in via di premessa, ribadire la necessità che: a) la valutazione di credibilità del richiedente sia sempre frutto di una valutazione complessiva di tutti gli elementi e che non possa essere motivata soltanto con riferimento ad elementi isolati e secondari o addirittura insussistenti, quando invece venga trascurato un profilo decisivo e centrale del racconto (Cass. 8 giugno 2020, n. 10908); b) il giudice, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, osservi l’obbligo di compiere le valutazioni di coerenza e plausibilità delle dichiarazioni del richiedente, non già in base alla propria opinione, ma secondo la procedimentalizzazione legale della decisione sulla base dei criteri indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (Cass. 11 marzo 2020, n. 6897; Cass. 6 luglio 2020, n. 13944; Cass. 9 luglio 2020, n. 14674);

3.1. inoltre, l’obbligo di cooperazione istruttoria del giudice non può essere di per sè escluso sulla base di qualsiasi valutazione preliminare di non credibilità della narrazione del richiedente asilo, posto che prima del suo adempimento egli non può conoscere nè apprezzare correttamente la reale situazione attuale dello Stato di provenienza e pertanto in questa fase la valutazione non può che limitarsi alle affermazioni sul Paese di origine: con la conseguenza del venir meno dell’obbligo di cooperazione, solo ove queste risultino immediatamente false oppure la ricorrenza dei presupposti della tutela invocata possa essere negata in virtù del notorio (Cass. 12 maggio 2020, n. 8819);

3.2. nel caso di specie, la Corte territoriale ha violato i criteri di verifica della credibilità del richiedente, per una valutazione della vicenda (sinteticamente ricostruita all’ultimo capoverso di pg. 2 della sentenza), poco approfondita (per le ragioni esposte dal penultimo capoverso di pg. 4 all’ultimo di pg. 5 della sentenza), nè corredata di alcun riscontro informativo sulla diffusione effettiva della setta in questione in Nigeria, con una generica citazione di “testate giornalistiche e… report a disposizione on line”, neppure individuate, che non avrebbero menzionato il fatto (al penultimo capoverso di pg. 5 della sentenza);

3.3. essa ha così omesso un accertamento serio in ordine all’effettiva diffusione del fenomeno del cultismo e delle confraternite in Nigeria (Cass. 25 novembre 2020, n. 26864; Cass. 27 novembre 2020, n. 27197), come pure di ricorrenti episodi di violenza ad opera di bande criminali e pertanto di soggetti privati, rispetto ai quali l’autorità statale non sia in grado di fornire adeguata ed effettiva tutela (Cass. 20 luglio 2015, n. 15192): comportante il dovere del giudice di una verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali (Cass. 3 luglio 2017, n. 16356; Cass. 21 ottobre 2019, n. 13959; Cass. 6 luglio 2020, n. 13959; con specifico riferimento alla Nigeria: Cass. 5 marzo 2020, n. 6192; Cass. 28 aprile 2020, n. 8234);

4. il ricorrente deduce poi violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nel testo applicabile ratione temporis, per la mancata considerazione dei seri motivi umanitari per la concessione della relativa protezione, nonostante la propria condizione di fragilità psicologica documentata, non curabile in Nigeria (per l’ubicazione della maggioranza delle strutture sanitarie nelle regioni settentrionali e il costo elevato dei trattamenti psichiatrici) ed il percorso di integrazione compiuto in Italia (frequenza di corsi di lingua e attività lavorativa), anche comparativamente alla situazione del proprio Paese (quarto motivo);

5. esso è assorbito dalla fondatezza dei primi tre motivi scrutinati;

6. il ricorrente deduce ancora la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2 e vizio motivo, per erronea revoca del gratuito patrocinio sul presupposto della manifesta infondatezza dell’appello, anzichè per avere agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave (quinto motivo);

7. esso è inammissibile;

7.1. il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è soggetto, infatti, al regime impugnatorio dell’opposizione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, con esclusione della sua ricorribilità per cassazione: e tale resta anche qualora sia adottato con la pronuncia che definisca il giudizio di merito, anzichè con separato decreto, come previsto dall’art. 136 D.P.R. cit. (Cass. 8 febbraio 2018, n. 3028; Cass. 3 giugno 2020, n. 10487);

8. il ricorrente deduce violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1 e vizio motivo, per erronea condanna alle spese del giudizio, nella sussistenza di giusti motivi di compensazione (sesto motivo);

9. anch’esso è inammissibile;

9.1. secondo principio di diritto consolidato, la statuizione sulle spese processuali è sindacabile, in sede di legittimità, nei limiti dell’accertamento che risulti violare il principio secondo il quale esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, esulando tuttavia dal potere di controllo della Corte di cassazione la valutazione, nel potere discrezionale del giudice di merito, dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte: sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass. 19 giugno 2013, n. 15317; Cass. 31 febbraio 2017, n. 8421; Cass. 17 ottobre 2017, n. 24502; Cass. 12 marzo 2019, n. 7060);

10. il ricorrente deduce infine violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per erronea condanna al pagamento del doppio del contributo unificato in difetto di manifesta infondatezza dell’appello del richiedente (settimo motivo);

11. esso è inammissibile:

11.1. la declaratoria di sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in ragione dell’integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non ha natura di condanna – non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa – bensì la funzione di agevolare l’accertamento amministrativo; pertanto, tale dichiarazione non preclude la contestazione nelle competenti sedi da parte dell’amministrazione ovvero del privato, ma non può formare oggetto di impugnazione (Cass. 13 novembre 2019, n. 29424; Cass. 27 novembre 2020, n. 27131).

11.2. in tema di raddoppio del contributo unificato a carico della parte impugnante, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, l’attestazione del giudice dell’impugnazione di sussistenza del presupposto processuale per il versamento dell’importo ulteriore (c.d. doppio contributo) può essere condizionata all’effettiva debenza del contributo unificato iniziale, che spetta all’amministrazione giudiziaria accertare, tenendo conto di cause di esenzione o di prenotazione a debito, originarie o sopravvenute, e del loro eventuale venir meno (Cass. s.u. 20 febbraio 2020, n. 4315);

6. pertanto i primi tre motivi di ricorso devono essere accolti, con assorbimento del quarto e inammissibilità degli altri, cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso; assorbito il quarto; inammissibili gli altri; cassa la sentenza, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2021

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