Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16724 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 12/04/2016, dep. 09/08/2016), n.16724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20370-2009 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA AVEZZANA

GIUSEPPE 31, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA FLAUTI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA GORGONI

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO LOCALE DI CORTEOLONA, MINISTERO

ECONOMIA E FINANZE;

– intimati –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 89/2008 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA,

depositata il 27/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2016 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per il resistente l’Avvocato PALATIELLO che ha chiesto

l’inammissibilità e il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. A seguito di verifica fiscale per gli anni d’imposta 2001 e 2002 l’amministrazione rilevava che la ditta individuale OHP di C.M. non aveva svolto vera attività d’impresa ma si era limitata a sostituire la s.r.l. ASTRA – della quale erano soci lo stesso M. (95%), la madre ( P.C.) e il padre ( M.S.), quest’ultimo anche nella veste di legale rappresentante della società – nell’esportazione di articoli elettromeccanici da questa prodotti e instradati verso la clientela estera. Appurava che ciò era avvenuto perchè la s.r.l. ASTRA aveva subito la radiazione dai rapporti bancari e la chiusura dei c/c, sicchè non era più nelle condizioni di ricevere i bonifici di pagamento che potevano, invece, essere indirizzati dalla clientela estera alla ditta individuale OHP di C.M.. Riteneva, pertanto, che le fatture di vendita della s.r.l. ASTRA alla ditta individuale OHP di Cristiano M. non rappresentassero alcun reale costo per la ricevente e, con due avvisi di accertamento, recuperava nei confronti della ditta individuale del M. le relative deduzioni di costi e detrazioni d’imposta.

2. L’atto impositivo per l’annualità 2002 (IVA, IRAP, IRPEF) era impugnato e annullato dal giudice tributario il quale riteneva che l’attività imprenditoriale della ditta individuale OHP fosse reale; il che era comprovato anche dai favorevoli esiti del procedimento penale a carico del contribuente.

3. Tale conclusione era ribaltata in appello. La C.t.r. della Lombardia (sent. 89-2008-10) osservava che la ditta individuale OHP, sorta nel novembre 2001, aveva svolto nel restante scorcio dell’anno e nell’anno successivo una consistente attività di esportazione di materiale elettromeccanico della s.r.l. ASTRA, sino subentrare successivamente alla stessa nella produzione. Rilevava che non v’era in atti alcuna prova che la ditta individuale OHP pagasse il materiale elettromeccanico fatturato dalla s.r.l. ASTRA e poi avviato all’esportazione. Precisava che dagli estratti di c/c risultavano solo il prelievo di danaro contante e il rilascio di assegni circolari ma mancava qualsiasi riscontro della loro reale destinazione a saldo delle fatture d’acquisto contestate dall’amministrazione. Aggiungeva che la cedente s.r.l. ASTRA, compagine a ristretta base familiare controllata al 95% dallo stesso M., aveva negato al fisco la verifica dei propri registri contabili, trincerandosi dietro l’intervenuto condono tombale. Concludeva affermando l’ininfluenza della sentenza penale invocata dal M., perchè a costui erano state ascritte operazioni oggettivamente inesistenti mentre l’obiettivo del giudizio tributario era quello di accertare se la ditta individuale OHP avesse effettivamente pagato quanto le era stato fatturato dalla s.r.l. ASTRA.

4. Per la cassazione delle due decisioni, il M. propone ricorso affidato a sei motivi; l’intimata Agenzia delle entrate si difende nella pubblica udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza d’appello per vizio motivazionale laddove essa nega l’autonomia imprenditoriale della ditta individuale OHP rispetto alla s.r.l. ASTRA sulla base del solo e insufficiente rilievo dell’asserito mancato pagamento delle fatture emesse da quest’ultima a carico della prima e nonostante la testimonianza resa l’11 maggio 2006 dal funzionario accertatore G. il quale aveva ammesso che “in alcuni casi” pagamenti e assegni circolari erano andati alla s.r.l. ASTRA. Con il secondo motivo si censura la sentenza d’appello per violazione di norme di diritto sostanziali (artt. 75, commi 1 e 2 TUIR; art. 19, comma 1 D.Iva) laddove essa nega alla ditta individuale OHP la deducibilità dei costi e la detrazione dell’imposta, esposti nelle fatture di vendita della s.r.l. ASTRA, sulla scorta dell’unico rilievo dell’asserito omesso pagamento, senza tenere conto del principio di competenza implicante per legge l’iscrizione in bilancio della spesa con riferimento all’epoca temporalmente inerente e non con riferimento al momento dell’effettivo esborso.

Con il terzo, il quarto e il quinto motivo si censura la sentenza d’appello per ripetute violazioni di diritto sostanziale (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3; art. 2697 c.c.) e processuale (art. 112 c.p.c.) laddove essa trascura, comunque, che il fisco deve imputare i maggiori redditi accertati in capo al soggetto interponente e non a quello fittizio e interposto e che è il fisco a contraddirsi laddove, pure accertando la fittizietà della ditta individuale OHP, le addebita in dispositivo il reddito apparentemente prodotto.

Con il sesto motivo si censura la sentenza d’appello per violazione di norme di diritto processuali (artt. 91 e 112 c.p.c.; art. 75 att.) laddove essa liquida le spese di giudizio in misura maggiore rispetto a quella indicata nell’avversa notula e senza alcuna specificazione per gradi e per voci.

2. I primi cinque motivi di ricorso, collegati tra loro, possono essere trattati congiuntamente.

La fattispecie in esame rientra nel fenomeno dell’interposizione, per accertare la quale il giudice di merito deve indicare elementi indizianti coi requisiti della prova presuntiva Essi sono raggiunti quando o la ricorrenza del fatto ignoto risulti da ragionevole valutazione probabilistica; ovvero quando il fatto o fatti noti siano ben definiti e il giudice di merito si basi anche su un solo elemento grave e preciso e il fatto ignoto sia conseguenza del fatto noto con ragionevole probabilità. Il correlato giudizio di rilevanza dei fatti opera, ovviamente, con valutazione globale che investe i rapporti tra soggetto interponente e soggetto ritenuto interposto, avuto riguardo all’attività svolta da quest’ultimo, ai rapporti con il primo e alla destinazione effettiva delle movimentazioni di danaro.

3. Dalla parte narrativa della sentenza i rapporti tra la cedente e fatturante s.r.l. ASTRA e la cessionaria ditta individuale OHP, appartenente al socio-tiranno della prima, emergono elementi quanto meno d’interposizione reale nelle relazioni commerciali con gli acquirenti esteri, se non d’interposizione fittizia. Nell’interposizione reale, diversamente da quella fittizia, non si ha simulazione vera e propria ma l’accordo interno devolve all’interponente gli effetti e i risultati dei negozi con terzi rimasti estranei all’accordo, poichè il soggetto interposto negozia coi terzi a nome proprio e acquisisce effettivamente quanto deriva dal negozio

La disciplina antielusiva dell’interposizione – prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, commi 3 e 4, – non richiede un comportamento fraudolento del contribuente bastando un uso improprio dell’arsenale giuridico-negoziale. Sicchè il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia, non esaurisce neppure il campo di applicazione dei suddetti due commi, ben potendo attuarsi lo scopo ivi contrastato anche mediante operazioni effettive e reali coi terzi (Sez. 5, Sentenze n. 21794 del 15/10/2014, n. 25671 del 15/11/2013, n. 449 del 10/01/2013, n. 12788 del 10/06/2011), fermo restando che pure l’accordo costituente interposizione reale è inopponibile a costoro, ivi compreso l’erario (Sez. 5, Sentenza n. 433 del 10/01/2013).

4. Nella specie la vicenda, secondo il giudice d’appello, ruota non tanto sugli accordi tra la cedente e fatturante s.r.l. ASTRA e la cessionaria ditta individuale OHP rispetto ai terzi clienti esteri, quanto sui parametri legali e fattuali per la deducibilità dei costi fatturati e la detraibilità dell’imposta esposta in fattura.

A tal proposito si osserva che è pacifico che spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e della coerenza economica dei costi, mentre non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata, ma occorre che esista una documentazione di supporto, essendo legittimo in difetto negare la deducibilità (Sez. 5, Sentenza n. 21184 del 08/10/2014). La C.t.r., con accertamento in fatto devoluto al monopolio del giudice di merito, rileva che non v’è in atti alcuna prova del fatto decisivo che la ditta individuale OHP pagasse effettivamente il materiale elettromeccanico fatturato dalla s.r.l. ASTRA e poi avviato all’esportazione. Precisa, inoltre, che dagli estratti di c/c risultavano solo il prelievo di danaro contante e il rilascio di assegni circolari ma mancava qualsiasi riscontro obiettivo della loro reale destinazione a saldo delle fatture d’acquisto contestate dall’amministrazione. Sottolinea che la cedente s.r.l. ASTRA, compagine a ristretta base familiare controllata al 95% dallo stesso M., aveva negato all’ufficio i propri registri contabili, trincerandosi dietro il pretesto del condono tombale. Conclude negando rilievo alla sentenza penale assolutoria del M. per operazioni oggettivamente inesistenti, osservando che il thema decidendum e il thema probandum del giudizio tributario riguardavano il diverso profilo dell’effettivo sostenimento da parte della ditta individuale OHP dei costi fatturati dalla s.r.l. ASTRA.

5. Dunque, il punto controverso e deciso non è quello della corretta contabilizzazione per competenza dei costi fatturati (motivo 2) ma quello storico ed economico del loro effettivo sostenimento (motivo 1). Però la censura contenuta nel ricorso, essendo ricondotta sul punto specifico al solo tenore della stringata testimonianza resa da un funzionario accertatore, non è decisivo. Il teste G. – dinanzi alla domanda della difesa su come potessero avvenire i pagamenti tra la ditta OHP e la società ASTRA essendo quest’ultima radiata dal credito e priva di conti bancari – ha confermato che la società ASTRA si era rifiutata di fornire documentazione di riscontro “adducendo che aveva fatto il condono tombale…”. Indi alla successiva domanda della difesa sui controlli nelle banche operanti con la ditta OHP ha risposto “non mi ricordo” e all’ulteriore rilievo della difesa circa un c/c con “richieste di assegni circolari e di pagamenti che sono andati esattamente ad ASTRA” ha risposto “…in alcuni casi, in altri casi no”.

6. Orbene, il vago contenuto della deposizione invocata dal contribuente e trascurata dalla C.t.r. non era affatto decisivo nel giudizio tributario di merito, atteso che non offriva la prova rigorosa e diretta, ma neppure logica e circostanziale, sia di quali fossero stati i prelievi di danaro e gli assegni circolari realmente conformi alle fatture emesse dalla società ASTRA, sia – e soprattutto – dell’effettivo recapito della relativa provvista nelle casse della cedente a cura della cessionaria. Nè risultano in ricorso autosufficienti deduzioni di derivazione documentale sul punto.

7. Disattesi i primi due motivi, egual sorte devono seguire i successivi tre. In disparte l’omessa considerazione da parte della C.t.r. della questione sull’imputazione dei redditi tra società interponente e ditta interposta (motivi 4-5), va osservato, in tesi generale e assorbente (motivo 3), che le imposte ascritte al soggetto interposto non sono sin dall’origine non dovute e il diritto alla loro restituzione sorge solo in epoca posteriore al pagamento e se i redditi siano stati materialmente imputati in sede di verifica a diverso soggetto interponente. Il che non è accaduto nel caso di specie essendosi l’azione di finanza basata sulla indeducibilità di costi non sostenuti e sulla indetraibilità della relativa imposta. Si ponga mente, infatti, all’art. 37 cit., u.c. che, aggiunto dal D.Lgs. n. 358 del 1997, prevede il riconoscimento delle imposte pagate dal soggetto interposto quali indebiti rimborsabili a quest’ultimo, stabilendo testualmente che “le persone interposte, che provino di aver pagato imposte in relazione a redditi successivamente imputati, a norma del comma 3, ad altro contribuente, possono chiederne il rimborso” e che “l’amministrazione procede al rimborso dopo che l’accertamento, nei confronti del soggetto interponente, è divenuto definitivo ed in misura non superiore all’imposta effettivamente percepita a seguito di tale accertamento”. Nulla di quanto richiesto dalla legge risulta addotto nel caso di specie e addirittura pare che la società ASTRA abbia definito la propria posizione fiscale con condono tombale.

8. Incorre invece, nelle censure processuali denunciate col sesto motivo la sentenza d’appello laddove ha liquidato per spese processuali una somma globalmente maggiore rispetto a quella effettivamente richiesta dalla parte vincitrice nella sua notula (Sez. 3, Sentenza n. 2043 del 09/06/1969), il tutto senza alcuna specificazione in relazione alle diverse fasi del giudizio di merito (Sez. L, Sentenza n. 3989 del 02/04/1993) e alle diverse voci di tariffa e di spesa (Sez. 5, Sentenza n. 6338 del 10/03/2008), il che non risponde neppure all’esigenza di assicurare alla parte soccombente il controllo della liquidazione medesima. La concreta verifica della notula e delle prestazioni difensiva sarà compito del giudice di merito in sede di giudizio di rinvio.

9. Pertanto, accolto il sesto motivo e rigettati gli altri mezzi, la sentenza d’appello deve essere cassata in punto di spese con rinvio al giudice competente che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame e regolerà anche le ulteriori spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta i primi cinque motivi di ricorso, accoglie il sesto, cassa in relazione e rinvia, anche per le ulteriori spese del giudizio di legittimità, alla C.t.r. della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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