Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16723 del 06/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.06/07/2017),  n. 16723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14091-2016 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO CARBONELLI;

– ricorrente –

contro

FONDMETAL SPA, in persona dell’Amministratore Delegato, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio

dell’avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MATTEO GOLFERINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 402/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 31/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 31 dicembre 2015, dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione proposto da S.M. avverso la sentenza di essa Corte n. 146/15 con la quale era stata confermata la legittimità di due contratti di somministrazione di lavoro in forza dei quali lo S. aveva lavorato presso la Fondmetal s.p.a. nel periodo dal 2.11.2010 al 31.3.2012;

che, per quello che ancora rileva in questa sede, ad avviso della Corte territoriale i denunciati errori di fatto sulla cui scorta nella revocanda decisione erano state ritenute provate le esigenze produttive anche per gli ultimi mesi del predetto periodo (quelli relativi alla proroga dal 23.12.2011 al 31.3.2012): a) non integravano alcun errore di percezione o una mera svista di carattere materiale ma, piuttosto, una diversa interpretazione delle dichiarazioni rese dal teste U. e del contenuto del documento sub n. 8 della produzione della società (una email spedita il 19.1.2012); b) erano anche privi del carattere della decisività;

che per la cassazione di tale sentenza propone ricorso lo S. affidato ad un unico motivo cui resiste con controricorso la Fondmetal s.p.a.;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ.. in cui si chiede la riunione del presente procedimento con quello pure pendente innanzi a questa Corte (n. R.G. 19641/15) con il quale è stata impugnata la sentenza n. 146/15 della Corte di Appello di Brescia, evidenziandosi come l’esito della revocazione potrebbe risultare determinante ai fini della decisione dell’ordinaria impugnazione per cassazione;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) in quanto la sentenza impugnata ha qualificato come mera interpretazione di una dichiarazione testimoniale e di un documento e non, invece, quale errore di fatto, consistente nella inesatta percezione del loro contenuto letterale, l’aver fatto dire “… a chi ha detto che una certa attività è terminata alla fine del 2011 che essa sarebbe proseguita nei primi quattro mesi del 2012, e a un documento in cui il cliente dell’impresa utilizzatrice comunica di avere già abbastanza scorte nel magazzino fino al mese di aprile che in quel documento ci sarebbe scritto che quella attività sarebbe proseguita sino al mese di aprile”;

che il motivo è inammissibile alla luce del principio secondo cui nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano, con la conseguenza che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (Cass. Sez. U, n. 16602 del 08/08/2005; successive conformi, ex multis Cass. n. 21431 del 12/10/2007; Cass. Se:z; U, n. 10374 del 08/05/2007); ed infatti, nel caso in esame l’impugnata sentenza si fonda anche sul rilievo – non censurato nel ricorso in questione – che gli errori denunciati sono privi del carattere della decisività perchè non considerano la ragione essenziale e determinante della pronuncia n. 146/15 cit. di cui è stata chiesta la revocazione da individuarsi nell’aver escluso la illegittimità della proroga del contratto di somministrazione in base alla considerazione che la scelta di prorogare detto contratto ineriva non alla sussistenza o meno della causale, ma opportunità di scelte aziendali insindacabili dal giudice;

che, ad ogni buon conto, il motivo è anche infondato in quanto correttamente la Corte di Appello ha ritenuto che il denunciato errore non avesse le caratteristiche proprie dell’errore di fatto previsto dall’art. 395 cod. proc. civ., n. 4, idoneo a determinare la revocazione delle sentenze il quale, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, nè in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo; sicchè detto errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, ma non può tradursi, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze della Cassazione (fra le tante Cass. sez. un. 7217/2009, nonchè 22171/2010; 23856/2008; 10637/2007; 7469/2007; 3652/2006; 13915/2005; 8295/2005); ed infatti, ciò che veniva lamentato, nel caso in esame, innanzi alla Corte di Appello era proprio un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali;

che, peraltro, il Collegio non ritiene sussistenti motivi per disporre la chiesta riunione in quanto la sentenza qui impugnata non si integra con quella n. 146/15 proprio in considerazione del fatto che il denunciato errore non ha le caratteristiche proprie dell’errore di fatto previsto dall’art. 395 cod. proc. civ., n. 4;

che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo; che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).

PQM

 

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2017

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