Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16721 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2010, (ud. 27/04/2006, dep. 16/07/2010), n.16721

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

TOREMAR TOSCANA REG. MARITTIMA SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 43/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LIVORNO, depositata il 29/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2010 dal Consigliere Dott. EUGENIA MARIGLIANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE STEFANO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

La società TO.RE.MAR. (Toscana Regionale Marittima S.p.A.) impugnava innanzi alla C.T.P. di Livorno il silenzio rifiuto maturatosi su un’istanza di rimborso rivolta all’Agenzia delle entrate, relativa all’I.R.A.P. per l’anno 1998 asseritamele versata in eccesso per avere incluso nell’imponibile un contributo concesso dal Ministero della Marina mercantile (oggi Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai sensi della L. n. 361 del 1982.

La C.T.P. accoglieva il ricorso di parte e disponeva il rimborso richiesto. Impugnava l’Ufficio rilevando che i giudici del merito non avevano tenuto conto che la normativa I.R.A.P. prevede che concorrono a formare la base imponibile anche i contributi erogati a norma di legge, con esclusione solo di quelli correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione e, nella specie, la società contribuente non aveva fornito alcuna prova che il contributo fosse stato erogato per ridurre gli oneri finanziari derivanti da lavori relativi alla costruzione, trasformazione, modificazione o grande riparazione di navi mercantili.

La Società non si costituiva.

La C.T.R. respingeva il gravame, affermando che si doveva presumere che il contributo fosse strato erogato per la copertura di oneri finanziari.

Avverso detta decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. La società TO.RE.MAR. non risulta costituita.

Diritto

Con l’unica censura si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 361 del 1982, artt. 1 e 8, art. 112 c.p.c., art. 2697 c.c., nonchè del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 55, D.Lgs. n. 445 del 1997, artt. 2 e 11 (recte, 446/1997) e L. n. 289 del 2000, art. 5, comma 3. Sostiene parte ricorrente che la normativa I.R.A.P. prevede che concorrono a determinare l’imponibile quale componente attivo anche i contributi percepiti con la sola esclusione di quelli correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione e, nella specie,la società non aveva in alcun modo provato che il contributo erogato fosse correlato, come richiesto dalla legge, alla copertura di interessi passivi per mutui contratti dalla società, non deducibili ai fini I.R.A.P., l’onere di tale prova incombeva sulla contribuente trattandosi di rimborso.

Sostiene ancora parte ricorrente che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto che la prova potesse essere desunta anche in via. presuntiva dalle disposizioni della L. n. 361 del 1982, artt. 1 e 8 istitutiva del contributo, mentre tali norme correlano il contributo al prezzo contrattuale dell’opera da realizzare e non all’acquisizione di capitali presso terzi, come la precedente normativa (L. n. 1 del 1962) ed, in particolare, l’art. 8, richiamando il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 55, li considera sopravvenienze attive con la possibilità di accantonamento in apposito fondo del passivo, sospendendone la tassazione. Peraltro, la L. n. 289 del 2000, art. 5, comma 3, nel fornire l’interpretazione autentica del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, afferma che alla determinazione della base imponibile dell’I.R.A.P. concorrono anche i contributi per i quali sia prevista l’esclusione dalla base imponibile delle imposte sui redditi.

L’Ufficio evidenzia infine che nell’atto di appello aveva lamentato che la C.T.P. avesse ritenuto provato il quantum del richiesto rimborso, in assenza di prove documentali che legittimassero la richiesta espressa in forma generica sia nell’istanza di rimborso che nel ricorso introduttivo e sul punto nella sentenza della C.T.R. non si ravvisa alcuna pronuncia.

Il ricorso è fondato, essendo le considerazioni espresse da parte ricorrente condivisibili.

La materia oggetto della presente controversia è disciplinata dalla L. n. 361 del 1982, art. 8, che recita: “Ai contributi di cui alla presente legge si applica la disposizione del D.P.R. n. 597, art. 55, comma 4.” L’art. 55, succitato, a sua volta dispone: “Concorrono a formare il reddito d’impresa le sopravvenienze attive derivanti dal conseguimento di proventi a fronte di costi od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti periodi d’imposta e quelle derivanti dalla sopravvenuta insussistenza di costi od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti periodi d’imposta.

Ai fini del precedente comma sono inoltre considerati sopravvenienze attive: a) le somme in danaro e i beni in natura ricevuti a titolo di contributo o di liberalità, ad esclusione dei contributi in conto esercizio corrisposti in base a norma di legge dallo Stato e da altri enti pubblici; b) omissis; c) Omissis. Omissis.

Se le somme ricevute o corrispondenti al valore normale dei beni ricevuti, ovvero il valore nominale o l’aumento del valore nominale dei beni di cui alle lett. b) e c), vengono accantonati in apposito fondo del passivo, essi concorrono a tonnare il reddito d’impresa nel periodo d’imposta e nella misura in cui il fondo è utilizzato per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio o in cui i beni ricevuti vengono destinati all’uso personale o familiare dell’imprenditore o ad altre finalità estranee all’esercizio dell’impresa o assegnati ai soci.” Dalla chiara lettura della norma si evince quindi che tutti i contributi concorrono a formare il reddito d’impresa e conseguentemente risultano rilevanti anche ai fini dell’imponibile I.R.A.P., salvo l’espressa esclusione relativa ai “contributi in conto esercizio corrisposti in base a norma di legge dallo Stato e da altri enti pubblici”.

Tuttavia nè dalla lettura della sentenza della C.T.R. nè tantomeno dal ricorso dell’Agenzia delle entrate che espressamente lo denuncia, risulta che la società intimata abbia in alcun modo provato che i contributi percepiti fossero stati corrisposti a tal fine. Poichè nella specie (si verte in materia di rimborso, l’onere della prova del diritto alla restituzione delle somme che si pretendono indebitamente versate non incombe sull’ente impositore ma sull’istante. Nè è accettabile la tesi dedotta dalla C.T.R. che “si debba presumere che il contributo sia stato erogato per la copertura degli oneri finanziari” in assenza di un inizio di prova.

Peraltro, l’art. 55, comma 4, richiamato espressamente dalla L. n. 361 del 1982, art. 8, non dispone che le somme o gli altri valori corrisposti non costituiscano base imponibile, ma li pone in una sorta di sospensione d’imposta, disponendo che vengano accantonati in un apposito fondo del passivo e che stessi concorrano a formare il reddito d’impresa nel periodo d’imposta e nella misura in cui il fondo è utilizzato per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio.

Occorre ancora aggiungere che per una previsione generale di esclusione, senza eccezione, dei contributi erogati a norma di legge dal calcolo della base imponibile I.R.A.P. sarebbe stata necessaria una esplicita deroga a favore delle aziende che operano in campo navale.

A parte le ragioni fin qui esposte sono di ostacolo ad una diversa conclusione, anche le disposizioni di cui agli art. 187 e segg., del Trattato CE, in quanto l’estendere in via interpretativa una agevolazione fiscale, renderebbe configurabile una fattispecie di aiuto di Stato in contrasto con il diritto comunitario, stante l’evidente vantaggio economico che l’ampliamento surrettizio dell’agevolazione realizzerebbe, selettivamente e mediante l’utilizzo (sia pur indiretto) di risorse statali, a favore di un circoscritto numero di imprese, alterando il regime di concorrenza.

Tutto e io premesso, il ricorso de ve essere accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa anche nel merito ex art. 384 c.p.c., respingendo il ricorso introduttivo della società.

Non occorre statuire sulle spese, in quanto la società intimata non ha svolto alcuna attività difensiva nella presente fase di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo della società.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

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