Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16718 del 06/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/07/2017, (ud. 10/05/2017, dep.06/07/2017),  n. 16718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16760-2014 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

44, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLO GIOIOSO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO VIAL;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO

SGROI, LELIO MARITATO ed EMANUELE DE ROSE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 325/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 14/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/05/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 14 agosto 2013, la Corte di appello di Venezia, riformando la statuizione del primo giudice, rigettava l’opposizione proposta da F.L. avverso varie cartelle esattoriali con le quali le era stato chiesto il versamento di contributi alla Gestione Commercianti dell’INPS in quanto socia accomandataria della Immobiliare P.L. s.a.s.;

che ad avviso della Corte di merito, per quello che in questa sede ancora rileva: non era condivisibile la decisione del Tribunale fondata sul rilievo che l’INPS non aveva provato e che la F. non svolgesse nella Immobiliare P.L. s.a.s. un’attività di tipo commerciale in via prevalente e che detta società esercitasse un’attività commerciale, tale non potendo essere considerata quelle del mero godimento di immobili; assumeva portata dirimente l’oggetto sociale della Immobiliare P.L. il quale contemplava non solo un’attività di mero godimento di immobili ma di sfruttamento commerciale degli stessi e prevedeva lo svolgimento anche i servizi consistenti nel mettere a disposizione di terzi i detti cespiti da adibire a locazione; l’attività quale socia accomandataria svolta dalla F. nella detta società aveva i requisiti di cui alla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, lett. a), b) e c) essendo ella l’unico soggetto che vi lavorava (redazione della fatture relative ai contratti di locazione delle sei unità immobiliari e ricerca di nuovi inquilini) non avendo alcun rilievo la circostanza che la predetta prestasse in via prevalente la propria attività lavorativa quale amministratrice della P.P. s.r.l., in relazione alla quale era iscritta nella gestione separata, essendo decisiva la mera coesistenza delle due attività alla luce del disposto del D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, convertito in L. n. 122 del 2010, come interpretato dalla sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 17076/2011 e da successive conformi delle sezioni semplici;

che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la F. affidato ad un unico motivo cui resiste con controricorso l’INPS in proprio e nella qualità;

che è stata depositata la relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio;

che alla udienza del 24 maggio 2016 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione della sezione ordinaria sulla questione oggetto del ricorso;

che, quindi, a seguito della entrata in vigore del D.L. 31 agosto 2016, n. 168 conv. con modifiche in L. 25 ottobre 2016, n. 197, la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che l’INPS ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ., insistendo per il rigetto del ricorso in dissenso con la proposta;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo di ricorso viene dedotta violazione e/o falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1 e L. 3 giugno 1975, art. 29 – così come modificato dalla L. 27 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, – assumendosi che, contrariamente a quanto sostenuto nella impugnata sentenza, la locazione di immobili di proprietà della stessa società costituisce in termini oggettivi una modalità di godimento degli stessi e non può essere ritenuta un’attività commerciale, a nulla rilevando il contenuto dell’oggetto sociale avente una efficacia meramente dichiarativa;

che il motivo è fondato alla luce del principio già espresso da questa Corte secondo cui la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà ed a percepire i relativi canoni di locazione non espleta un’attività commerciale ai fini previdenziali a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145 dell’11 febbraio 2013 e ribadito di recente in Cass. n. 17643 del 6 settembre 2016); ed infatti, risulta che la Immobiliare P.L. s.a.s. si limitava a locare sei immobili di sua proprietà ed a percepirne i relativi canoni e che la F., quale socia accomandataria, emetteva le fatture relative ai contratti di locazione e riscuoteva i fitti; che è evidente come, dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale, non rilevi il contenuto dell’oggetto sociale;

che, per completezza, è anche il caso di ricordare il principio affermato da questa Corte (Cass. n. 3835 del 26 febbraio 2016) secondo cui ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha modificato la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29 e della L. 28 febbraio 1986, n. 45, art. 3 nelle società in accomandita semplice la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto assicuratore, prova che, nel caso in esame, non è stata fornita essendo emerso che la F. si limitava a riscuotere il canone di locazione degli immobili di cui la società era proprietaria;

che, alla luce di quanto esposto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va accolto, l’impugnata sentenza va cassata con decisione nel merito – ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – con l’annullamento dei ruoli e delle cartelle opposte dalla F.;

che le spese relative ai gradi di merito vanno compensate tra le parti stante il loro alterno esito mentre quelle relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, annulla i ruoli e le cartelle opposte; compensa le spese relative ai gradi di merito e condanna l’INPS alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2017

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