Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16714 del 04/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16714 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.r.g.19985/10 proposto da:
– Augusto Cesare FAIS ( c.f. FSA GTC 39T10 C613H)
– Emma Francesca CORONA ( c.f. CNR MFR 42B49 I452R)
Parti entrambe rappresentate e difese dall’avv. Paolo Fais e con il quale eleggono
domicilio in Roma, via Giosuè Borso n. 4, presso lo studio dell’avv. Federica Scafarelli,
giusta procura a margine del ricorso
– Ricorrenti Contro

Michele Luigi NOVARESE ( c.f. NVR MHL 32L12 D548R);

– Maria Saveria CORCIULO ( c.f. CRC MSV 44S43 E5051)
Parti entrambe rappresentate e difese dall’avv. Mario Cesaraccio ed elettivamente
domiciliate presso lo studio dell’avv. Raimondo Dettoti in Roma, via Dei Gracchi n. 123,
in forza di procura a margine del controricorso
-Controricorrenti-

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Data pubblicazione: 04/07/2013

avverso la sentenza n. 345/2010 della Corte di Appello di Cagliari — Sezione
distaccata di Sassari- pubblicata il 27 maggio 2010.
Il Consigliere designato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio
redigendo la seguente relazione ex art. 380 bis cpc:

Tribunale di Sassari i coniugi, Michele Luigi Novarese e la consorte Maria Saveria
Corciulo chiedendo che fosse loro ordinato di rimuovere una tettoia in tegole ,
appoggiata al balcone dell’appartamento di esse parti attrici, sovrastante quello delle parti
convenute, posto, quest’ultimo, al piano terreno del medesimo fabbricato, in quanto il
manufatto sarebbe stato edificato in ispregio delle norme sulle distanze, rendendo
impossibile dunque la preesistente facoltà di impicere nel sottostante giardino.

2 — I Novarese/Corciulo si costituirono eccependo la prescrizione ed affermarono
l’esistenza del loro diritto all’edificazione della veranda, essendo prevista nel titolo di
provenienza una superficie coperta quale quella poi realizzata; sostennero poi che al
momento della consegna dell’appartamento da parte dell’originario costruttore-venditore
era presente già una struttura in legno che doveva essere solo dotata di copertura

3— L’adito Tribunale respinse la domanda ritenendo maturata la prescrizione, osservando
peraltro che i Novarese/Corciulo avrebbero agito secondo diritto, essendosi limitati a
ristrutturare una precedente copertura della veranda.

4 — La Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, respinse a sua volta
l’impugnazione dei Fais/Corona, ritenendo non provato che i predetti fossero mai stati
titolari di un diritto di veduta “a piombo” sul sottostante giardino degli appellati , essendo
invece provato che l’originario costruttore-venditore avesse progettualmente previsto per
tutte le unità costituenti il comprensorio dal medesimo realizzato, un balcone al primo
piano ed una veranda al piano terra i cui elementi strutturali erano stabilmente infissi nel
muretto della balconata di pertinenza del piano sovrastante.

“1 — Augusto Cesare Benito Fais e Francesca Emma Corona citarono innanzi al

5 – Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i coniugi Fais, sulla base di
un motivo, contro il quale hanno resistito i Novarese/Corciulo con controricorso.

OSSERVA IN DIRITTO
5 – Con l’unico motivo viene denunziata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1062

Corte di Appello, pur essendo stato dimostrato che l’originario costruttore-venditore
aveva solo predisposto la struttura in legno agganciata al sovrastante balcone dei
ricorrenti, ha poi, del tutto arbitrariamente, dedotto che anche la copertura, poi realizzata,
fosse stata, sin dall’inizio prevista e, quindi, costituisse sin dall’epoca della vendita il corpus
della servitù, non considerando che la fattispecie concreta non corrispondeva a quella
astratta recata dall’art. 1062 cod. civ. ; le parti ricorrenti deducono altresì che la Corte di
Appello non si sarebbe avveduta che l’originaria domanda era diretta non già a tutelare il
diritto di veduta a piombo dalla propria balconata, sibbene a vietare l’appoggio a tale
elemento strutturale di una costruzione differente da quella in precedenza prevista — o
assentita —

5.a — Ritiene il relatore che il motivo non sia idoneo a far emergere l’esistenza del vizio
descritto nell’art. 360, I comma n. 3 cpc, laddove impone un novellato esame delle
emergenze di causa, al fine di ricondurre o meno una situazione di fatto esistente al
momento della proposizione della domanda — destinazione a veranda — alla concreta
realinnione sussistente al momento dell’acquisto: ciò in quanto lo stabilire se vi fosse o
meno un legame di necessaria continuità logica e progettuale tra la struttura e la
successiva copertura attiene al reciproco rapporto strutturale di tali elementi costruttivi e

tale problematica è stata affrontata e diffusamente analizzata dalla Corte di Appello, così
che la questione non può essere sottoposta ad un ulteriore scrutinio in sede di legittimità
se il risultato al quale è pervenuto il giudice dell’impugnazione sia stato congruamente
motivato: nella fattispecie non è stata dedotta una difettosità nel ragionamento giudiziale
o una contraddittorietà delle proposizioni argomentative in cui esso si è articolato.

cod. civ. — costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia- laddove la

5.b — A completamento dell’osservazione che precede va anche rilevato che non appare
correttamente posto il problema del raffronto tra una situazione di fatto — edificazione di
una struttura collegata al balcone sovrastante- esistente al momento della vendita e quella
poi sviluppatasi successivamente, per censurare, come fatto dalle parti ricorrenti, la

insufficienza del mero prevedibile sviluppo costruttivo, al fine di dirsi costituita la servitù,
impeditiva del rispetto delle distanze: ciò, in quanto la Corte di Appello, operando tale
raffronto e dando ragione degli elementi di fatto da cui nasceva il convincimento della
originaria destinazione a veranda della struttura, non ha valorizzato expost — vale a dire
basandosi sulla mera considerazione del fatto compiuto- una destinazione non esistente
in precedenza ma ha argomentato la sussistenza di un rapporto di contiguità necessaria
tra la struttura e la sopravvenuta copertura a veranda, con ciò operando un accertamento
— ex ante — della destinazione di una parte del bene a servizio dell’altro.
5.c — E’ poi convincimento del relatore che la deduzione della diversa interpretazione
della causa petendi posta a base della domanda sia inammissibile in quanto non risulta che
di tale questione si sia fatta questione nei motivi di appello o, quanto è a dire, non è stato
allegato ove, nell’atto di gravame, si sia trattato di tale difettosa interpretazione.

6 — Se verranno condivise le suesposte argomentazioni, il ricorso è idoneo ad esser
trattato in camera di consiglio per esser quivi dichiarato manifestamente infondato.”
La suddetta relazione è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero;
all’adunanza del 3 maggio 2013 è comparso per le parti controricorrenti l’avv. Mario
Cesaraccio; il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Carmelo Sgroi ,
ha concluso in conformità alla relazione.

7— Ritiene il Collegio di poter aderire alle conclusioni esposte nella relazione, non
contrastate da ulteriore attività difensiva delle parti ricorrenti.

8 — Il rigetto del ricorso comporta la condanna delle parti ricorrenti al pagamento delle
spese di lite, liquidate come indicato nel dispositivo.

P.Q.M.

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La Corte di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti al pagamento in solido delle spese del
presente procedimento, liquidate in euro 1.700,00 di cui curo 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma il 03/05/2013, nella camera di consiglio della VI sezione della

Suprema Corte di Cassazione.

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