Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16712 del 14/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/06/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 14/06/2021), n.16712

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23430-2013 proposto da:

UNICREDIT SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI

11, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE ESCALAR, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 51/2012 della COMM. TRIB. REG. MOLISE,

depositata il 13/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/03/2021 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1. In data 11 maggio 1988 la Banca Popolare del Molise soc. coop. a r.l. presentava dichiarazione dei redditi modello 760/88, relativa all’anno 1987, esponendo di avere maturato eccedenze d’imposta ai fini Irpeg, di cui chiedeva il rimborso. A seguito di avviso di accertamento notificato alla società, con il quale l’Ufficio distrettuale delle Imposte dirette aveva recuperato a tassazione alcuni costi ritenuti indeducibili, gli originari crediti chiesti a rimborso venivano ridotti. Impugnato l’atto impositivo, la Banca Popolare del Molise, a seguito dell’entrata in vigore della L. 30 dicembre 1991, n. 413, presentava dichiarazione integrativa al fine di definire in via automatica il periodo d’imposta oggetto di accertamento, oltre ad altri periodi di imposta.

2. Con sentenza n. 40/01/1998, pronunciata in data 20.1.1998 e depositata in data 6.3.1998, la Commissione tributaria provinciale di Campobasso dichiarava parzialmente cessata la materia del contendere, avendo la Banca provveduto a presentare nei termini la dichiarazione integrativa; la sentenza era impugnata da Banca Molise davanti alla CTR del Molise che, con sentenza n. 252/3/2000 del 27.11.2000 (dep. 28.5.2001) confermava la sentenza di primo grado; tale sentenza diventava definitiva per difetto di impugnazione.

3. La società Unicredito Italiano s.p.a., quale incorporante della società Rolo Banca 1473 s.p.a., a sua volta incorporante della Banca Popolare del Molise s.p.a., non avendo l’Ufficio restituito le eccedenze di imposta Ilor e Irpeg chieste a rimborso con la dichiarazione dei redditi mod. 760/88, proponeva, in data 16.1.2007, formale istanza di rimborso delle eccedenze irpeg derivanti dal suddetto contenzioso.

4. Formatosi il silenzio-rifiuto, la Banca adiva la CTP di Campobasso chiedendo il rimborso del credito Irpeg, pari ad Euro 109.775,00, unitamente agli interessi maturati.

Costituitosi in giudizio l’Ufficio, eccepiva la prescrizione decennale dei crediti prevista dall’art. 2946 c.c., decorrente dalla scadenza del termine assegnato all’Amministrazione finanziaria dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e deduceva che l’Istituto di credito non aveva provato la titolarità del credito vantato.

La società contribuente depositava memorie con le quali replicava che l’impugnazione avverso l’avviso di accertamento emesso per l’anno d’imposta 1987 aveva interrotto la prescrizione, ai sensi dell’art. 2943 c.c., posto che l’atto impositivo, accertando un maggior debito d’imposta, aveva rimesso in discussione la determinazione delle eccedenze Irpeg chieste a rimborso, e che il nuovo termine di prescrizione aveva ripreso a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza n. 252/03/2000 che aveva definito quel giudizio, con la conseguenza che l’istanza di rimborso del 16.1.2007 risultava tempestivamente avanzata entro il termine di prescrizione decennale del diritto di credito.

La Commissione provinciale, con sentenza n. 239/03/2008, disattendendo l’eccezione di prescrizione e aderendo alla tesi difensiva della contribuente, accoglieva il ricorso, ritenendo dovuto il rimborso e disponendo che gli interessi legali dovessero essere corrisposti dalla data di presentazione dell’istanza di rimborso presentata dalla Unicredit s.p.a..

5. Interposto appello principale dall’Agenzia delle entrate ed appello incidentale dalla contribuente, con sentenza n. 51/2/2012, depositata il 13.7.2012, la CTR del Molise accoglieva il gravame dell’ufficio. Premesso che la soluzione della controversia era legata all’accertamento della intervenuta interruzione – o meno – della prescrizione del diritto azionato dall’Istituto di credito, osservava che tale interruzione non si era verificata, in quanto “la pendenza di un giudizio, avente ad oggetto l’accertamento della esistenza e dell’ammontare del debito d’imposta, non implica nè ingloba in sè quella volontà di recupero degli importi sborsati dalla Unicredit ed asseritamente non dovuti che risulta necessaria ai fini della interruzione della prescrizione del diritto al rimborso”; riconosceva, quindi, l’intervenuta prescrizione.

6. Avverso la suddetta decisione, la Unicredit s.p.a., già Unicredito Italiano s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

La causa, già assegnata alla Sesta sezione e chiamata all’udienza del 25.3.2015, è stata rinviata alla Quinta sezione.

Il contribuente ha depositato memoria del 26.2.2021.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo la contribuente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 58, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, censurando la sentenza nella parte in cui i giudici di appello hanno accolto l’eccezione, sollevata dall’Ufficio, di prescrizione del diritto di credito da essa vantato.

Sostiene che la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 58, sottrae all’Amministrazione finanziaria il diritto di eccepire la prescrizione dei diritti di credito vantati dai contribuenti relativi ad eccedenze d’imposta esposte nelle dichiarazioni dei redditi presentate sino al 30 giugno 1997 e, conseguentemente, impone, qualora tale eccezione sia stata sollevata, il rigetto della stessa da parte del giudice adito. A sostegno di tale assunto richiama, in primo luogo, la risoluzione del 3 maggio 2005, n. 54/E – con la quale l’Agenzia delle entrate, dando risposta al quesito formulato, ha affermato che “in base alla ratio della norma si è del parere che la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 58, trovi applicazione anche nell’eventualità in cui la prescrizione del diritto al rimborso dei contribuenti sia già stata eccepita dall’Ufficio” – e nega che la norma invocata contenga un mero invito all’Amministrazione a non far valere la prescrizione, come ritenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza del 7 febbraio 2007, n. 2687, posto che tale orientamento non risulta in linea con l’interpretazione della medesima disposizione che la Corte Costituzionale ha ritenuto conforme al dettato costituzionale. In secondo luogo, evidenzia che la Corte Costituzionale, pronunciandosi sulla questione di legittimità costituzionale della disposizione normativa in esame, sollevata dalla Commissione provinciale di Milano, ha riconosciuto, con la pronuncia n. 112 del 2013, che essa priva tout court l’Agenzia delle entrate della possibilità di eccepire la prescrizione in relazione ai rimborsi interessati dalla medesima disposizione.

Solleva, quindi, questione di legittimità costituzionale della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 58, per violazione degli artt. 3,23,53 e 97 Cost., osservando che:

a) la materia tributaria è coperta da riserva di legge e che in tale materia è imposto il rispetto del principio di capacità contributiva; di conseguenza una disposizione che rivolgesse un mero invito all’Agenzia delle entrate, lasciandola arbitra di decidere se rimborsare o meno imposte indebitamente versate, sarebbe in contrasto con tali principi ed assoggetterebbe i contribuenti ad un prelievo superiore a quello dovuto sulla base di mere scelte discrezionali dell’Amministrazione;

b) la mancanza di una preselezione a livello legislativo dei casi in cui far valere o meno la prescrizione implica una disparità di trattamento tra i contribuenti, posto che, a parità di condizioni, a taluni verrebbe garantita l’erogazione del rimborso e ad altri verrebbe, invece, negata;

c) l’interpretazione secondo cui detta disposizione costituirebbe un mero “invito” rivolto all’Agenzia delle entrate renderebbe tale disposizione inutiliter data, in quanto si limiterebbe a confermare l’esistenza di una facoltà (quella di non far valere la prescrizione) di cui l’Agenzia già dispone.

Formula, quindi, il seguente quesito di diritto:

“In un caso in cui, come nella specie, in un giudizio avverso un silenzio rifiuto maturato su un’istanza di rimborso proposta da una Banca ed avente ad oggetto eccedenze di imposte richieste in restituzione nella dichiarazione Modello 760/88, l’Agenzia delle Entrate abbia sollevato l’eccezione di prescrizione del diritto vantato dalla contribuente:

– viola e falsamente applichi la L. n. 350, art. 2, comma 58, la sentenza di secondo grado che, come nella specie, ritenga fondata decorrere, in forza di quanto disposto dall’art. 2945 c.c., comma 2.

3. Con il terzo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 2935,2943,2945,2946 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62”, la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto che la prescrizione non fosse stata interrotta per effetto dell’impugnazione proposta avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva rettificato talune componenti negative del reddito esposte dalla Banca nella dichiarazione dei redditi, contestualmente riducendo il credito d’imposta Irpeg richiesto a rimborso, fino al passaggio in giudicato della sentenza n. 252/03/2000 che aveva definito tale giudizio.

Deduce, quindi, che l’istanza di rimborso pervenuta all’Ufficio in data 18.1.2007, sulla quale si era formato il silenzio-rifiuto, doveva ritenersi presentata entro il termine di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c. Formula, pertanto, il seguente quesito di diritto:

“In un caso in cui, come nella specie, una Banca abbia impugnato un avviso di accertamento con cui l’Ufficio ha rettificato il reddito dichiarato ai fini IRPEG ed ILOR da tale Banca, contestualmente riducendo le eccedenze d’imposta richieste a rimborso nella medesima dichiarazione rettificata con l’avviso di accertamento impugnato, chiedendone l’integrale annullamento;

– violi e falsamente applichi gli artt. 2935,2943,2945 e 2946 c.c. la sentenza di secondo grado che, come nella specie, ritenga che la suddetta domanda giudiziale non sia idonea, ai sensi dell’art. 2943 c.c., ad interrompere la prescrizione del diritto di credito vantato dalla Banca nei confronti dell’Erario in quanto il ricorso presentato dalla Banca non conterrebbe una diretta volontà di recupero degli importi sborsati;

– anzichè ritenere che una domanda giudiziale con cui una Banca impugni tutti i rilievi contenuti in un avviso di accertamento volto a rettificare una dichiarazione dei redditi in cui era richiesta a rimborso un’eccedenza d’imposta ai fini IRPEG ed ILOR, sia idonea ad interrompere ai sensi dell’art. 2943 c.c. la prescrizione del diritto di credito relativo a detta eccedenza e che, a seguito di tale domanda giudiziale, e pertanto inizi a decorrere un nuovo termine di prescrizione ai sensi dell’art. 2945 c.c. comma 2, dal momento in cui è stata depositata la sentenza che definisce il giudizio instaurato con tale domanda, corrispondente al giorno in cui il diritto può essere fatto valere ai sensi dell’art. 2935 c.c.;

– con la conseguenza che l’istanza di rimborso su cui si è formato il silenzio rifiuto impugnato nel presente giudizio deve ritenersi essere stata presentata entro il termine di prescrizione del diritto di credito vantato dalla Banca in quanto proposto entro 10 anni dal momento in cui è passata in giudicato la sentenza che ha definito il giudizio avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio ha rettificato la dichiarazione dei redditi nella quale dette eccedenze erano state richieste a rimborso”.

4. Preliminarmente, va rilevato che l’art. 366-bis c.p.c. non è applicabile nella fattispecie ratione temporis, trattandosi di disposizione abrogata dalla L. n. 69 del 2009, art. 47, che si applica alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge.

5. La questione prospettata dalla parte ricorrente impone di esaminare preliminarmente il secondo ed il terzo motivo di ricorso, dovendosi verificare con priorità se, come dedotto nel ricorso per cassazione, il giudizio relativo all’avviso di accertamento con cui è stata rettificata la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 1988 presentata dalla Banca Popolare del Molise abbia determinato un effetto interruttivo della prescrizione del diritto al rimborso, eccepita dall’Agenzia delle entrate. L’esame di tali motivi è rilevante anche perchè la disposizione di cui alla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, comma 58, secondo cui “nel quadro delle iniziative volte a definire le pendenze con i contribuenti, e di rimborso delle imposte, l’Agenzia delle entrate provvede alla erogazione delle eccedenze di Irpef e Irpeg dovute in base alle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997, senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contribuenti”, dev’essere interpretata nel senso che dalla predetta agevolazione è esclusa l’Ilor, trattandosi di norma che, comportando una esenzione o agevolazione tributaria e introducendo un’eccezione alla regola generale contenuta nell’art. 2934 c.c., comma 1, è insuscettibile di interpretazione analogica (Cass., sez. 5, 27/02/2009, n. 4786); pertanto, operando soltanto con riguardo all’Irpeg ed all’Irpef, l’eventuale fondatezza del primo motivo di ricorso non toglierebbe rilevanza allo scrutinio del secondo e del terzo mezzo di ricorso.

5.1. Il secondo ed il terzo motivo, che possono essere valutati congiuntamente perchè strettamente connessi, sono fondati nei termini che di seguito si espongono.

5.2. Analogamente a quanto già deciso da questa Corte in merito ad altri anni di imposta relativi alla medesima vicenda (sez. V, n. 2065 del 2021), con motivazione che questo collegio condivide integralmente anche per l’anno di imposta oggetto della presente controversia e ritiene applicabile ad esso, come riconosciuto dalla stessa Amministrazione anche in controricorso, l’istanza di rimborso deve ritenersi già proposta con la dichiarazione dell’11 maggio 1988, presentata dalla Banca Popolare del Molise, nella quale erano stati esposti i crediti di imposta Irpeg, essendo stato ripetutamente ribadito da questa Corte che “In tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non trova applicazione il termine di decadenza previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, non occorrendo la presentazione di apposita istanza, in quanto l’Amministrazione, resa edotta con la dichiarazione dei conteggi effettuati dal contribuente, è posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria”, restando quindi la relativa azione sottoposta al termine di prescrizione decennale (Sez. U, 7/02/2007, n. 2687; sez. V, n. 7706 del 2013; sez. V, n. 25256 del 2017; sez. V, n. 7241 del 2019). Di conseguenza, costituendo l’indicazione nella dichiarazione di un credito di imposta già istanza di rimborso, “il corrispondente diritto alla restituzione può essere esercitato a partire dall’inutile decorso del termine di giorni novanta dalla presentazione dell’istanza contenuta nella dichiarazione su cui si forma il silenzio-rifiuto, impugnabile ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 19, comma, 1, lett. g), senza che sia necessario attendere la scadenza dei termini entro cui l’Amministrazione deve esercitare i propri poteri di liquidazione, controllo formale o accertamento vero e proprio, che non riguardano l’esercizio dei diritti del contribuente” (sez. V, n. 21734 del 2014; sez. V, n. 10690 del 2018).

5.3. In linea generale, occorre pure rammentare che ai sensi dell’art. 2934 c.c., ogni diritto, salvo specifiche eccezioni, si l’eccezione di prescrizione del diritto di credito vantato dalla Banca sollevata dall’Agenzia delle entrate;

– anzichè ritenere di rigettare una tale eccezione da parte dell’Amministrazione finanziaria in quanto inammissibilmente proposta in applicazione della L. n. 350, art. 2, cit. comma 58, laddove dispone espressamente che l’Agenzia delle entrate provvede alla erogazione delle eccedenze di IRPEF e IRPEG dovute in base alle dichiarazioni dei crediti presentate fino al 30 giugno 1997, senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contribuenti”.

2. Con il secondo motivo censura la decisione impugnata per omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62), deducendo che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di secondo grado, il giudizio relativo all’avviso di accertamento, con il quale era stata rettificata la dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta 1987, ha interrotto il decorso della prescrizione del diritto al rimborso vantato per il fatto che in tale giudizio erano sicuramente in contestazione anche le eccedenze ai fini Irpeg chieste a rimborso; se la Commissione regionale avesse tenuto conto della circostanza che la Banca Popolare del Molise aveva integralmente contestato l’atto impositivo, avrebbe dovuto riconoscere che oggetto di tale giudizio era senz’altro l’ammontare delle eccedenze d’imposta chieste a rimborso, posto che l’avviso ne aveva ridotto l’ammontare e che la Banca, chiedendo l’annullamento dello stesso avviso di accertamento, aveva richiesto che dette eccedenze fossero ripristinate nell’originario ammontare esposto nella dichiarazione dei redditi. Di conseguenza, in pendenza di tale giudizio, il termine di prescrizione non avrebbe potuto estingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge; la sospensione della prescrizione si caratterizza per la tassatività dei casi previsti dalla legge, non potendosi coerentemente riconoscere ipotesi di sospensione che non siano espressamente regolate dal codice civile o da altre norme speciali. Al riguardo, secondo questa Corte (sez. III, n. 12953 del 2007), tutte le disposizioni, contenute nel codice o in altre leggi, che prevedono la “sospensione” della prescrizione integrano una disposizione di carattere eccezionale, a norma dell’art. 14 preleggi, non suscettibile di applicazione oltre i casi e i tempi in esso considerati.

5.4. Allo stesso modo, ai sensi dell’art. 2943 c.c., le cause di interruzione della prescrizione sono tassativamente indicate e di esse non è consentita una interpretazione analogica (Cass., sez. 2, 28/09/1994, n. 7898; Cass., sez. 2, 29/05/1998, n. 5302). L’interruzione della prescrizione, in replica all’eccezione di prescrizione formulata dal debitore, configura una controeccezione, assimilabile alle eccezioni in senso stretto, e pertanto il controeccipiente ha l’onere non solo di provare i fatti su cui essa si fonda ma anche di dedurli, o quanto meno è necessario che essi siano implicitamente contenuti nelle argomentazioni difensive da lui sviluppate, non potendo l’esistenza di atti interruttivi essere rilevata d’ufficio dal giudice, neppure se la prova di essi è contenuta in documenti prodotti in giudizio (Cass., sez. 1, 12/07/2002, n. 10137; Cass., sez. 3, 12/09/2000, n. 12024). Pertanto, in caso di contestazione sul maturarsi della prescrizione, quando il credito di cui si chiede il pagamento, e di cui viene eccepita la prescrizione dal debitore, sia costituito da una serie di poste contabili distinte, è onere del creditore dimostrare l’interruzione della prescrizione relativa alle singole poste e che l’atto, o gli atti di interruzione, fatti valere, si riferiscano proprio a quelle poste, o a quelle ragioni di credito, e non ad altre (Cass., sez. 5, 26/09/2003, n. 14289).

5.5. Ai fini di cui all’art. 2943 c.c., non ogni domanda ha effetto interruttivo della prescrizione, perchè la produzione di tale effetto, protraentesi fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisca il giudizio decidendo il merito o eventuali questioni processuali di carattere pregiudiziale, può essere riconosciuta solo con riguardo a tutti i diritti da essa coinvolti o che si ricolleghino, con stretto nesso di causalità, al rapporto cui essa inerisce (Cass., sez. 1, 30/04/2008, n. 10966; Cass., sez. 1, 7/06/2013, n. 14427); siffatto effetto può, quindi, essere attribuito soltanto alla domanda con la quale la parte chiede il riconoscimento e la tutela giuridica del diritto di cui si eccepisca la prescrizione.

5.6. Nel caso di specie, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, la vicenda può essere così riassunta: a) la dichiarazione con la quale la Banca Popolare del Molise ha esposto i crediti di imposta Irpeg, chiedendone il rimborso, è dell’11 maggio 1988 e si riferisce all’anno d’imposta 1987; b) con l’avviso di accertamento notificato in data 5 dicembre 1991, riferito all’anno d’imposta 1987, l’Amministrazione finanziaria ha recuperato a tassazione alcuni costi, ritenuti indeducibili, contestualmente rideterminando il reddito della contribuente e contestualmente accertando un credito Irpeg per un importo minore rispetto a quello dichiarato; c) l’avviso di accertamento è stato tempestivamente impugnato dalla contribuente, che ha peraltro presentato, in data 3 giugno 1992, in virtù della L. 30 dicembre 1991, n. 413, dichiarazione integrativa al fine di definire il periodo di imposta accertato e quelli successivi sino al 1990, ed il contenzioso che ne è seguito è stato definito con la sentenza n. 40/1/1998 pronunciata dalla C.T.P. di Campobasso, depositata il 6 marzo 1998, che ha dichiarato cessata in parte la materia del contendere; d) detta pronuncia è stata, a seguito di impugnazione, confermata dalla sentenza della CTR n. 252/3/2000 dep. il 28 maggio 2001, che, non impugnata nei termini di legge, è ormai divenuta definitiva.

5.7. La C.T.R. ha affermato che “la pendenza di un giudizio, avente ad oggetto l’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare del debito d’imposta, non implica, nè ingloba in sè quella volontà di recupero degli importi sborsati dalla Unicredit ed asseritamente non dovuti che risulta necessaria ai fini della interruzione della prescrizione del diritto al rimborso che occupa”. Così motivando, è incorsa nei denunciati vizi, poichè ha omesso di prendere in esame il fatto che la variazione dell’ammontare del debito di imposta, conseguente alla rideterminazione del reddito accertato con l’atto impositivo, ha comportato aritmeticamente anche la variazione dell’eccedenza d’imposta di cui la parte contribuente invocava il rimborso, essendo divenuto controverso il credito d’imposta per la differenza tra l’importo esposto nella dichiarazione e l’importo accertato nell’atto impositivo. Infatti, l’avviso di accertamento concernente l’anno d’imposta 1987 involgeva anche l’esistenza dei crediti d’imposta esposti nella dichiarazione relativa al medesimo periodo d’imposta, posto che la ritenuta indeducibilità di alcuni dei costi dichiarati, aumentando l’imponibile e riducendo correlativamente il credito d’imposta originariamente indicato dalla contribuente, veniva inevitabilmente ad incidere sull’ammontare complessivo dell’eccedenza da rimborsare. Poichè, dunque, il giudizio proposto dalla Banca Popolare del Molise avverso il suddetto avviso di accertamento investiva l’atto impositivo nella sua interezza, se ne deve dedurre che la contribuente, chiedendo l’annullamento integrale dell’accertamento, ha contestato l’esistenza e l’ammontare del debito d’imposta, come quantificato con l’atto impositivo, ed ha chiesto che venisse riconosciuto il rimborso del credito d’imposta Irpeg risultante a suo favore dalla dichiarazione dei redditi. L’impugnazione dell’avviso di accertamento si configura, pertanto, come atto avente finalità conservativa del credito nella sua globalità soggetto all’ordinaria prescrizione decennale (cfr., in generale, in tema di azione revocatoria, nel senso che l’effetto interruttivo della prescrizione non consegue unicamente alla proposizione di un giudizio conservativo nel significato dell’art. 2943 c.c., ma alla proposizione di un giudizio di cognizione preordinato all’accertamento dell’inefficacia nei confronti del creditore dell’atto dispositivo posto in essere dal debitore, Cass., sez. 2, 25/05/1994, n. 5081; Cass., sez. 3, 18/01/2011, n. 1084; Cass., sez. 5, 14/03/2019, n. 7241), cosicchè anche ad essa deve riconoscersi, ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 4, effetto interruttivo della prescrizione, che non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio. La prescrizione decennale non poteva dunque dirsi maturata alla data di presentazione dell’istanza di rimborso, pervenuta all’Ufficio il 16.1.2007. La Commissione regionale, ritenendo che non fosse intervenuta la interruzione e che fosse maturata la prescrizione del diritto di credito, non ha fatto corretta applicazione dei superiori principi richiamati. La fondatezza, nei termini sopra esposti, dei mezzi di esame rende superfluo l’esame del primo motivo di ricorso, che va, pertanto, dichiarato assorbito.

6. La decisione impugnata deve, pertanto, essere cassata, con rinvio alla competente Commissione regionale che, attenendosi ai suddetti principi, dovrà procedere a nuovo esame, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo ed il terzo motivo e dichiara assorbito il primo motivo di ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Molise, cui demanda anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2021

 

 

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