Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16712 del 06/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/07/2017, (ud. 07/06/2017, dep.06/07/2017),  n. 16712

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17268-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

S.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 128/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata li 14/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/06/2017 dal Consigliere Dott. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di S.D. (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 128/28/2016, depositata in data 14/01/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso per maggiori IRPEF ed addizionali regionali e comunali, in relazione all’anno d’imposta 2008, a seguito di rideterminazione in via sintetica del reddito imponibile (non avendo il contribuente presentato dichiarazione dei redditi dal 2007 ai 2011) – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che le spese affrontate dal contribuente, per l’anno in contestazione, per l’acquisto a rate di autovettura e per la stipula di due polizze assicurative, era stato soddisfatto con il reddito – di Euro 18.000,00 – percepito dalla coniuge – nei cui confronti non era stato operato alcun accertamento sintetico – nello stesso anno, non avendo l’Ufficio “provato” che quest’ultima “avesse affrontato altre spese rilevanti”.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23 e 57, e art. 115 c.p.c., in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, deducendo che la C.T.R. ha ritenuto l’Ufficio tenuto a provare che la coniuge del contribuente aveva sostenuto spese per il mantenimento dei beni acquistati nei precedente anno 2007, a fronte del reddito percepito, laddove tale circostanza di fatto, addotta dall’Ufficio al fine di contestare la rilevanza della prova contraria offerta dai contribuente, non era stata specificamente contestata da quest’ultimo.

2. La censura è fondata.

Pacifica (Cass. 1540/2007; Cass.7827/2010), in generale, l’applicazione al processo tributario del principio di non contestazione (“Anche al processo tributario – caratterizzato, ai pari di quello civile, dalla necessità della difesa tecnica e da un sistema di preclusioni, nonchè dal rinvio alle norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili – è applicabile il principio generale di non contestazione che informa il sistema processuale civile (con il relativo corollario dei dovere del giudice di ritenere non abbisognevoli di prova i fatti non espressamente contestati), il quale trova fondamento non solo negli artt. 167 e 416 c.p.c., ma anche nel carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena, nella generale organizzazione per preclusioni successive, che caratterizza in misura maggiore o minore ogni sistema processuale, nel dovere di lealtà e di probità previsto dall’art. 88 c.p.c., il quale impone alle parti di collaborare fin dall’inizio a circoscrivere la materia effettivamente controversa, e nel generale principio di economia che deve sempre informare il processo, soprattutto alla luce del novellato art. 111 Cost.. Nè assumono alcun rilievo, in contrario, le peculiarità del processo tributario, quali il carattere eminentemente documentale dell’istruttoria e l’inapplicabilità della disciplina dell’equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo”).

Ora, questa Corte (Cass. 18 aprile 2014, n. 8995, richiamata dalle successive Cass. 26 novembre 2014, n. 25104; Cass. 16 luglio 2015, n. 14885) ha così chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38: “l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede dunque qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere).

Con riguardo, poi, all’ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, questa Corte (Cass. 5228/2012; Cass. 4785/17) ha chiarito che “la legge abilita gli Uffici finanziari a servirsi di qualunque elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con metodo induttivo ed anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici prive dei requisiti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 3, sul presupposto dell’inferenza probatoria dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti, sicchè, a fronte della legittima prova presuntiva offerta dall’Ufficio, l’onere di dedurre e provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della predetta pretesa incombe sul contribuente”.

Ora, la riferibilità degli elementi considerati a redditi esenti o a redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta costituisce, nella struttura della norma, fatto impeditivo dei credito azionato, il cui onere di allegazione e prova è addossato al contribuente. La sussistenza dei presupposti della pretesa (in via presuntiva desunti dagli esborsi per incrementi patrimoniali) costituisce fatto da provarsi dall’Ufficio.

Vero che contribuente aveva continuato, anche in appello, a ritenere determinante, a fini della necessaria prova contraria, a suo carico, la circostanza della confluenza nel reddito del nucleo familiare, per l’anno in contestazione, anche del reddito dei proprio coniuge, ma l’Amministrazione finanziaria aveva – argomentato, anche in sede di appello, con specifico motivo, sull’insufficienza (a coprire tutte le spese del nucleo familiare e personali) dei redditi prodotti dalla moglie.

La C.T.R. ha affermato che l’Ufficio era tenuto a provare che i coniuge aveva sostenuto spese personali “rilevanti”, in relazione al reddito percepito, laddove, invece, rimaneva a carico del contribuente l’onere di provare il fatto impeditivo del credito azionato, avendo l’Ufficio offerto valida prova presuntiva dello stesso. Neppure rilevava la mancanza di accertamento sintetico da parte dell’Ufficio, a carico dei coniuge del contribuente, essendo in contestazione il reddito percepito dal S..

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2017

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