Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16712 del 04/07/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 16712 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 16252-2012 proposto da:
DEL MONACO DONATO, COLUSSI DANIELA, CARERI ROCCO,
BATTILANA LINO, BAGATTIN DANIELA, ARENA CARMELA,
FODERO SAVERIO, TORRE ANNA, SALMISTRARO RAFFAELE,
NOVIELLO GIUSEPPE, tutti elettivamente domiciliati in
ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio
2013
1494

dell’avvocato ABBATE FERDINANDO EMILIO, che li
rappresenta e difende, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 80184587 in persona del

Data pubblicazione: 04/07/2013

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende,
ope legis;
– resistente –

di PERUGIA del 6.2.2012, depositato il 15/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/02/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
PASQUALE D’ASCOLA;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Ranieri Roda (per
delega avv. Ferdinando E. Abbate) che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

avverso il decreto n. 129/2012 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 20 settembre 2010 presso la Corte
d’appello di Perugia,

Donato Del Monaco e gli altri odierni

ricorrenti hanno proposto, ai

sensi

della legge n. 89 del

sofferto a causa della non ragionevole durata del giudizio di
equa riparazione introdotto dinnanzi alla Corte d’appello di
Roma con ricorso che depositato, stando a quel ricorso, il 23
giugno 2004 – resta rilevante l’errore rispetto alla data di
aprile indicata nell’odierno ricorso, non potendo essere
ampliata la domanda in questa sede -, concluso con decreto di
parziale accoglimento depositato nel mese di

febbraio 2007 e

definito, a seguito di ricorso per cassazione notificato nel
mese di marzo 2008,

con sentenza depositata nel mese di marzo

2010.
L’adita Corte d’appello ha dichiarato la domanda
inammissibile ritenendo non esperibile il rimedio di cui alla
legge n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti relativi alla
denunciata violazione della durata ragionevole di giudizi
presupposti, non discendendo tale proponibilità dalla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed essendo
l’eventuale ritardo nella definizione dei procedimenti

ex lege

n. 89 del 2001 compensabile dal giudice del procedimento.

ti

fA.

2001, domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale

Per la cassazione di questo decreto hanno proposto ricorso
sulla base di un unico motivo, cui ha resistito l’intimata
Amministrazione,

costituitasi tardivamente.
MOTIVI DELLA DECISIONE

semplificata nella redazione della sentenza.
Con l’unico motivo del ricorso i ricorrenti denunciano
violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89
del 2001 e degli artt. 6, 13 e 41 della CEDU, nonché dell’art.
111 Cost., richiamando numerosi decreti emessi dalla stessa
Corte d’appello di Perugia, con i quali l’eccezione di
inammissibilità del rimedio

ex lege

n. 89 del 2011 in

relazione a procedimenti introdotti ai sensi di tale legge, è
stata rigettata, rilevandosi che la citata legge non consente
in alcun modo di distinguere i procedimenti di equa
riparazione da quelli ai quali la medesima legge si applica e
di sottrarli quindi al regime di ragionevole durata, che
discende direttamente dalla Convenzione europea e dalla
Costituzione italiana.
Il ricorso è fondato.
Questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più volte in
ordine alla applicabilità del procedimento disciplinato dalla
legge n. 89 del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base
della legge stessa, per i quali deve ritenersi predicabile

– 4 –

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione

l’operatività del termine ragionevole di durata e del
conseguente regime indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente (Cass. n. 17686 del 2012; Cass.
n. 5924 del 2012 e altre conformi), il giudizio di equa

eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa
Corte, è un ordinario processo di cognizione, soggetto, in
quanto tale, alla esigenza di una definizione in tempi
ragionevoli, esigenza, questa, tanto più pressante per tale
tipologia di giudizi, in quanto finalizzati proprio
all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale
nel giudizio presupposto, la cui lesione genera di per sé una
condizione di sofferenza e un patema d’animo che sarebbe
eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti

ex lege n.

89 del 2001. Né appare condivisibile l’assunto che il giudizio
dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di
impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico
procedimento destinato a concludersi dinanzi alla Corte
europea, nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte
interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato
diritto fondamentale, atteso che il procedimento interno
rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace, sempre
che, ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di una
ragionevole durata.

riparazione, che si svolge presso le Corti d’appello ed

Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un
procedimento di equa riparazione, questa Corte ha ritenuto che
ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un giudizio
“Pinto” svoltosi anche dinnanzi alla Corte di cassazione, la

ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.
Il ricorso deve quindi essere accolto, poiché è erronea la
decisione della Corte territoriale che ha ritenuto
inammissibile la domanda di equa riparazione per la
irragionevole durata di un procedimento di equa riparazione
relativamente a giudizio presupposto di altra natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito.
Nel caso di specie, infatti, il ricorso è stato depositato
presso la Corte d’appello di Roma nel mese di giugno 2004;
l’unico grado di giudizio di merito si è concluso con decreto
depositato nel mese di febbraio 2007; il giudizio di
cassazione è stato introdotto con ricorso notificato nel mese
di marzo 2008 ed è terminato con sentenza depositata nel mese
di marzo 2010. La durata complessiva del procedimento di equa
riparazione come viene in rilievo è stata dunque di 69 mesi.
Detratto il termine ragionevole, stimato in due anni, nonché
il termine di 11 mesi intercorso tra il deposito del decreto e
la proposizione della impugnazione, ulteriore rispetto al
termine breve legislativamente previsto per il ricorso per

6

durata complessiva dei due gradi debba essere ritenuta

cassazione, la durata non ragionevole risulta essere stata di
34 mesi.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio,
a ciascuno dei ricorrenti spetta un indennizzo che va

complessivi euro 1375,00, oltre interessi legali dalla data
della domanda al saldo.
Ai ricorrenti compete altresì il rimborso delle spese
dell’intero giudizio, liquidate nella misura indicata in
dispositivo.
Le spese del giudizio di merito devono essere distratte in
favore del difensore di parte ricorrente, dichiaratosi
antistatario, come quelle del giudizio di legittimità in
favore dell’avvocato Abbate.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al
pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, della somma
di euro 2.125,00, oltre interessi legali dalla data della
domanda al saldo; condanna il Ministero alla rifusione delle
spese dell’intero giudizio che liquida, per il giudizio di
merito, in euro 806,00, di cui euro 50,00 per esborsi, 311,00
per diritti e 445,00 per onorari, oltre alle spese generali e
agli accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in
euro 506,25 per compensi, oltre a euro 100,00 per esborsi e

– 7 –

liquidato sulla base di euro 750,00 per anno, e quindi in

agli accessori di legge. Dispone la distrazione delle spese
del giudizio di merito in favore della difesa dei ricorrenti,
e quelle del giudizio di legittimità in favore dell’avvocato
Abbate, dichiaratosi antistatario.

Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 20
febbraio 2013.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta

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