Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1671 del 24/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2020, (ud. 10/09/2019, dep. 24/01/2020), n.1671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21626-2018 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALDINIEVOLE,

11, presso lo studio dell’avvocato ESTER FERRARI MORANDI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA

PULLI, MANUELA MASSA, EMANUELA CAPANNOLO, NICOLA VALENTE;

– resistente –

avverso la sentenza n. 5338/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

20/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LEONE

MARGHERITA MARIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

B.S. aveva impugnato la sentenza n. 5338/18 con la quale il Tribunale di Roma, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva rigettato il ricorso dallo stesso proposto, diretto all’accertamento delle condizioni sanitarie utili ad ottenere l’indennità di accompagnamento ed aveva, per quel che in questa sede rileva, condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali nei confronti dell’Inps, non essendo documentata la situazione idonea a giustificarne l’irripetibilità, come richiesto.

Avverso detta decisione il B. proponeva ricorso affidato ad un solo motivo.

L’Inps rimaneva intimato.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1) Con unico motivo il ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., per aver, il tribunale, condannato il ricorrente alle spese di lite pur in presenza della dichiarazione, resa nell’atto introduttivo del giudizio, di trovarsi nelle condizioni reddituali per la esenzione dal pagamento delle spese in questione (D.L. n. 269 del 2003, art. 42).

Parte ricorrente rileva che nell’atto introduttivo del giudizio per ATPO era presente la dichiarazione, dallo stesso resa, circa la sussistenza delle condizioni reddituali utili alla esenzione dalle spese processuali anche con l’impegno a comunicare eventuali variazioni reddituali.

Questa Corte ha chiarito che “Ai fini dell’esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari, nei giudizi per prestazioni previdenziali, la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell’atto introduttivo ex art. 152 disp. att. c.p.c., sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. nella L. n. 326 del 2003, è inefficace se non sottoscritta dalla parte, poichè a tale dichiarazione la norma connette un’assunzione di responsabilità non delegabile al difensore, stabilendo che “l’interessato” si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito” (Cass. n. 22952/2016).

Ha poi soggiunto che “è del pari consolidato il principio secondo cui va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo – v. tra le altre, Cassazione civile, sez. VI, 26/07/2011, n. 16284; 29/11/2016, n. 24303 cit. -” (Cass. n. 23424/2018).

Nel caso di specie la dichiarazione sostitutiva allegata al ricorso risulta sottoscritta dalla parte interessata e pertanto riveste i criteri della idoneità ai fini della invocata esenzione, in quanto è in essa contenuto l’impegno a comunicare ogni variazione.

Il motivo deve quindi essere accolto e cassata la sentenza con riguardo al motivo accolto. Non risultando necessari ulteriori accertamenti istruttori, decidendo nel merito, deve dichiararsi la parte ricorrente non tenuta al pagamento delle spese, ponendo quelle di CTU a carico dell’inps. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della parte ricorrente nella misura di cui al dispositivo.

(N.d.r. testo originale non comprensibile).

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza con riguardo al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara il ricorrente non tenuto al pagamento delle spese del giudizio di merito e pone le spese di CTU a carico dell’Inps.

Condanna l’Inps al pagamento delle spese giudizio di legittimità liquidate in Euro 1.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020

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