Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16706 del 14/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/06/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 14/06/2021), n.16706

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22610/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (CF (OMISSIS)), in persona del Direttore p.t.,

rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

elettivamente domiciliata in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

B.A. (CF (OMISSIS)), rapp.ta e difesa per procura in

calce al ricorso dall’avv. Massimo Caiazza, con il quale

elettivamente domicilia in Roma alla via Barberini n. 36 presso lo

studio dell’avv. Stefano Queirolo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 662/2014 depositata in data 5 febbraio 2014

della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 14 gennaio 2021 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 662/2014 del 5 febbraio 2014 la Commissione tributaria regionale della Lombardia respingeva l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria provinciale di Milano aveva accolto i ricorsi riuniti proposti da B.A. contro due avvisi con i quali l’Agenzia delle entrate ne aveva determinato sinteticamente il reddito per gli anni 2006 e 2007.

Osservava la CTR che l’appello proposto dall’Ufficio era inammissibile alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, in quanto privo dei motivi di impugnazione, ovvero per difetto di specificità, avendo l’appellante pedissequamente reiterato le doglianze già esposte nel procedimento di primo grado, senza nulla aggiungere e senza alcun riferimento alle motivazioni poste a fondamento della sentenza impugnata.

Quanto alla tesi, sostenuta dall’Ufficio, circa legittimità dell’avviso di accertamento emesso in assenza di contraddittorio, osservava che, pur essendo stata la nuova formulazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, introdotta solo con la L. 30 luglio 2010, n. 122, e dunque in epoca successiva alla notifica dell’avviso di accertamento, nondimeno l’istituto del contraddittorio rappresenta un punto nevralgico intorno al quale ruotano le attività di accertamento, per effetto di quanto previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7.

Avverso tale sentenza l’Ufficio propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste il contribuente mediante controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo l’Ufficio si duole della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 1, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), avendo la CTR errato nel reputare inammissibile l’appello, in quanto le tesi difensive esposte dall’appellante si ponevano in evidente e radicale contrasto con la ratio decidendi espressa dai giudici di primo grado, contenendo altresì specifiche censure rispetto ai passaggi argomentativi attraverso i quali la CTP aveva declinato le ragioni della decisione.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. Secondo Cass. 20/12/2018, n. 32954, “Nel processo tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci”.

1.3. Nello stesso senso si è espressa Cass. 19/12/2018, n. 32838, che ha precisato che “Nel processo tributario, stante il carattere devolutivo pieno dell’appello volto ad ottenere il riesame della causa nel merito, l’onere di impugnazione specifica richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, non impone all’appellante di porre nuovi argomenti giuridici a sostegno dell’impugnazione rispetto a quelli già respinti dal giudice di primo grado, specie ove le questioni che formano oggetto del giudizio siano di mero diritto”.

1.4. Escluso dunque che la riproposizione pedissequa delle doglianze già avanzate in primo grado costituisca, come invece ritenuto dalla CTR, una causa di inammissibilità dell’appello, tutto sta a verificare se l’appello esprimeva, nel caso in esame, effettive ragioni di dissenso rispetto alla decisione di primo grado.

1.5. Al quesito deve fornirsi risposta affermativa alla luce dell’esame del contenuto dell’atto di appello (riportato da pag. 6 a pag. 10 del ricorso per cassazione): così è per quanto concerne l’asserita violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, aspetto in relazione al quale l’appellante ha contrapposto, all’interpretazione resa dal primo giudice, il rilievo della non applicabilità della norma per le annualità 2006 e 2007; così è, ancora, per i richiami giurisprudenziali operati dal contribuente e condivisi dai giudici di prime cure, la cui pertinenza è stata oggetto di specifica contestazione da parte dell’appellante; incisive ragioni di dissenso sono state, poi, espresse dall’Ufficio rispetto alla decisione di primo grado, ponendo in evidenza l’avvenuto invio del questionario e la sufficienza dei documenti già acquisiti ai fini del controllo della posizione fiscale. L’atto di appello proposto dall’Ufficio contrapponeva, dunque, specifici argomenti alle ragioni esposte dal primo giudice a fondamento della decisione, non presentando dunque il vizio ravvisato erroneamente dal giudice di appello.

2. Con il secondo motivo l’Ufficio si duole della violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, e del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22 (conv. con modif. in L. 30 luglio 2010, n. 122), nonchè della falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo errato la CTR nel ritenere applicabile la nuova versione dell’art. 38 cit., venendo in rilievo annualità (2006 e 2007) anteriori all’entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. La motivazione della sentenza d’appello, infatti, evidenzia inequivocabilmente che la CTR ha ritenuto l’appello inammissibile in quanto privo dei motivi di impugnazione (“ovvero per difetto di specificità”), sicchè tale rilievo risulta preclusivo del successivo esame del merito della controversia, affrontato pertanto dal giudice a quo solo dopo aver esaurito la potestas decidendi sulla lite e, quindi, meramente ad abundantiam.

3. Le considerazioni che precedono impongono l’accoglimento del ricorso, sicchè la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla CTR della Lombardia che provvederà, in diversa composizione, anche per le spese relative al giudizio di legittimità.

PQM

dichiara inammissibile il secondo motivo, accoglie Il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2021

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