Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16701 del 05/08/2020

Cassazione civile sez. I, 05/08/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 05/08/2020), n.16701

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreti del 28 gennaio 2013, il Presidente della Corte d’appello di Firenze, su ricorsi della Dae Il Leather Co. Ltd., dichiarò l’efficacia di due lodi arbitrali recanti i nn. (OMISSIS) e (OMISSIS), pronunciati l’8 agosto 2012 dalla Camera arbitrale commerciale della Repubblica di Corea in controversie tra la ricorrente e la SAPA S.p.a., con cui quest’ultima era stata condannata a pagare rispettivamente la somma di 98.275,45, oltre interessi, a titolo di risarcimento del danno cagionato dall’inadempimento di una fornitura di merce pattuita con contratto del 25 marzo 2011, e la somma di 34.360,96, oltre interessi, a titolo di risarcimento del danno cagionato dall’inadempimento di una fornitura di merce pattuita con contratto del 28 gennaio 2013.

2. L’opposizione proposta dalla SAPA è stata rigettata dalla Corte di appello di Firenze con sentenza del 16 settembre 2014.

A fondamento della decisione, la Corte ha ritenuto innanzitutto che la ricorrente avesse ritualmente e tempestivamente prodotto i contratti di fornitura contenenti la clausola compromissoria, avendo menzionato le relative copie nei ricorsi, avverso i quali l’opponente si era limitata a sollevare una questione formale concernente il contenuto della procura notarile. Ha rilevato inoltre che il vizio della procura ad litem risultava sanato dalla produzione di una nuova procura notarile rilasciata dal legale rappresentante della società opposta e valevole anche come ratifica degli atti processuali compiuti dal procuratore in riferimento ai giudizi pendenti.

Premesso poi che alla parte soccombente in un lodo straniero non possono essere riconosciuti poteri d’impugnazione più ampi di quelli spettanti alla parte soccombente in un lodo nazionale, e precisato che la medesima portata riveste anche il concetto di ordine pubblico di cui all’art. 840 c.p.c., penultimo comma, n. 2, la Corte ha ritenuto che a) il motivo di opposizione avente ad oggetto la mancata applicazione della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili dell’11 aprile 1980 non riflettesse il contrasto del lodo con norme di ordine pubblico, ma la mera violazione di regole di diritto inerenti al merito della controversia, b) il motivo concernente l’attribuzione di valore probatorio ad una perizia di parte svolta su un campione infinitesimale di merce si risolvesse in una censura di mero fatto, non riflettendo una violazione del principio del contraddittorio nè un difetto di motivazione, c) il motivo riflettente la violazione dei principi di causalità, gravità e proporzionalità nella liquidazione del danno, costituisse anch’esso una censura di mero fatto, avendo la stessa opponente riportato la motivazione dei lodi in ordine alle conseguenze dell’inadempimento accertato. Ha rilevato infatti che gli arbitri avevano dapprima quantificato il danno derivante dalla totale inutilizzabilità della merce, al netto del mancato guadagno, in misura pari al prezzo di acquisto, detraendo successivamente quanto ricavato dalla vendita a terzi di parte della merce, e condannando l’opponente ad una somma ancora inferiore, in considerazione dei dubbi residuati in ordine alla qualità della merce non ispezionata e della vendita non tempestiva della stessa.

3. Avverso la predetta sentenza la SAPA ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. La Dae Il Leather ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 839 c.p.c., comma 2, e dell’art. 3, e art. 4, comma 1, lett. b), della Convenzione di New York del 10 giugno 1958, resa esecutiva con L. 19 gennaio 1968, n. 62, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la ricorrente avesse adempiuto l’onere di produrre il compromesso, senza tener conto della mancanza del documento tra quelli depositati all’atto della presentazione del ricorso, e della portata di tale adempimento, configurabile come presupposto processuale, la cui sussistenza dev’essere verificata con riguardo al momento della proposizione della domanda.

1.1. Il motivo è fondato.

In tema di riconoscimento dell’efficacia del lodo arbitrale estero, questa Corte ha costantemente affermato che la produzione del compromesso, in originale o in copia autentica, contestualmente alla proposizione della domanda, prescritta dall’art. 4 della Convenzione di New York del 10 giugno 1958 e dall’art. 839 c.p.c., comma 2, costituisce non già una condizione dell’azione, ma un presupposto processuale necessario per la valida introduzione del giudizio, la cui sussistenza dev’essere verificata anche d’ufficio da parte del giudice, quale requisito formale di procedibilità della domanda, con riferimento al momento dell’instaurazione del procedimento, indipendentemente da eccezioni o deduzioni della controparte (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. I, 4/05/1998, n. 4417; 20/09/1995, n. 9980; 12/11/1992, n. 12187). In applicazione di tale principio, è stata ritenuta insufficiente, ai fini della procedibilità della domanda, la produzione di una copia fotostatica non autenticata, indipendentemente dalla mancata contestazione della sua conformità all’originale (cfr. Cass., Sez. I, 12/02/1987, n. 1526), così come la produzione di una copia del compromesso recante una certificazione di conformità all’originale proveniente da persona non identificabile, escludendosi anche la possibilità di rimettere la causa in istruttoria per consentire all’opposto la produzione dell’originale o di una copia conforme (cfr. Cass., Sez. I, 23/07/2009, n. 17291).

Non può quindi condividersi la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto procedibile la domanda di accertamento dell’efficacia dei lodi, nonostante la mancata produzione dell’originale o di copia autentica del compromesso, limitandosi a richiamare, a tal fine, i ricorsi proposti ai sensi dello art. 839 c.p.c., nei quali si dava atto della produzione di copia conforme dei contratti di vendita stipulati tra le parti, ed i lodi arbitrali, nei quali si confermava che i contratti contenevano la clausola compromissoria. Nessun rilievo può assumere, in proposito, la circostanza che la mancata produzione del compromesso sia stata fatta rilevare dall’opponente soltanto nella memoria di replica depositata ai sensi dell’art. 190 c.p.c., trattandosi, come si è detto, di un onere il cui adempimento avrebbe dovuto essere verificato d’ufficio dalla Corte d’appello, in quanto attinente alla procedibilità della domanda. Parimenti ininfluente è l’esclusione della necessità di disporre la riapertura dell’istruttoria per acquisire l’originale o la copia autentica, la cui mancanza all’atto dell’instaurazione del giudizio si traduce in un vizio che, in quanto incidente sulla procedibilità della domanda, non è sanabile mediante la successiva produzione del documento.

2. Il ricorso va pertanto accolto, restando assorbiti il secondo ed il terzo motivo, con cui la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto inammissibili il motivo di opposizione riguardante il valore probatorio attribuito alla perizia di parte prodotta nel procedimento arbitrale e quello riflettente la mancata applicazione da parte degli arbitri della Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980, resa esecutiva con L. 11 dicembre 1985, n. 765.

3. La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la dichiarazione d’improcedibilità della domanda.

Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo ed il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, dichiara improcedibile la domanda. Condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese processuali, che liquida in Euro 8.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge per il giudizio di primo grado, ed in Euro 9.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge per il giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2020

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