Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16700 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 21/03/2016, dep. 09/08/2016), n.16700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25949-2009 proposto da:

TONNARA SU PRANU PORTOSCUSO SRL, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 5 presso

lo studio dell’avvocato ORLANDO SIVIERI, rappresentato e difeso

dagli avvocati GIANNI MARONGIU, SALVATORE GRECO, giusta delega in

calce;

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato-

avverso la sentenza n. 40/2008 della COMM.TRIB.REG. della SARDEGNA,

depositata il 07/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ORLANDO SIVIERI per delega

Avvocato SALVATORE GRECO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 40 del 7.10.2008, la Commissione tributaria regionale della Sardegna rigettava l’appello proposto dalla Tonnara Su Pranu Portoscuso s.r.l. avverso la sentenza di primo grado che aveva a sua volta rigettato il ricorso dalla medesima proposto avverso l’avviso di accertamento di un maggiore volume di affari a fini IVA per l’anno di imposta 1997, per complessive Lire 513.777.000, emesso sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F. in data 11 novembre 2000.

Sosteneva il giudice di appello:

– che il comportamento tenuto dai responsabili della società nel corso delle verifiche fiscali (quella generale per gli anni dal 1997 al 2001 e quella parziale successiva) andava interpretato come un volontario rifiuto ad esibire la documentazione fiscale e legittimava, quindi, il ricorso da parte dell’Amministrazione finanziaria all’accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55;

– che in ogni caso la perdita incolpevole delle scritture contabili, in quanto oggetto di furto regolarmente denunciato, non esimeva la società contribuente dall’onere di dimostrare, anche in ossequio alla regola generale posta dall’art. 2724 c.c., n. 3, la sussistenza del credito IVA e la ricorrenza dei presupposti legittimanti il diritto alla sua detrazione;

– che doveva ritenersi corretta la rideterminazione del reddito d’impresa operata dall’Ufficio mediante l’utilizzo dei parametri presuntivi di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 184, perchè i risultati conseguiti erano suffragati da ulteriori elementi probatori, costituiti dai dati contabili dell’azienda verificata (quali il costo del personale e quello delle merci e dei servizi acquisiti per la produzione aziendale), che conferivano elevato grado di attendibilità ai dati statistici risultanti dall’utilizzo di quei parametri;

– che non incidevano sull’accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio le eccezioni di nullità dell’atto impugnato sollevate dalla società contribuente e ritenute assorbite dal giudice di primo grado, in quanto la società appellata non le aveva riproposte con appello incidentale.

2. Avverso detta statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Non spiega difese l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società ricorrente si duole della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 54 e 56 e artt. 343 e 346 c.p.c., per avere la CTR ritenuto necessaria la proposizione dell’appello incidentale sulle questioni poste in primo grado, ma dichiarate dal giudice di prime cure assorbite dalla statuizione di accoglimento di altri motivi di ricorso.

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “se il combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 54 e 56 e degli artt. 343 e 346 c.p.c. imponga all’appellato integralmente vittorioso in primo grado di propone appello incidentale al fine di far valere i motivi di impugnazione dell’avviso di accertamento pretermessi nel giudizio di prime cure in quanto ritenuto assorbiti dall’accoglimento di altri rilievi”.

1.1. E’ opportuno premettere che il motivo è ammissibile ancorchè lo stesso avrebbe dovuto essere formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 denunciando violazione di norme processuali (in tema di appello incidentale e riproposizione di questioni assorbite) e non ai sensi del n. 3 della citata disposizione, che postula un error in iudicando.

Invero, sulla scia delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 17931 del 2013, già preceduta da Cass. Sez. 5^, n. 14026 del 2012 e seguita da altre pronunce delle Sezioni semplici, tra cui Sez. 6 – 3, ord. n. 4036 del 2014) che, in tema di erronea indicazione del motivo di ricorso per cassazione tra quelle elencate nell’art. 360 c.p.c., comma 1, ha accolto un indirizzo meno formalistico, sostenendo che la citata diposizione non richiede la formale ed esatta indicazione della ipotesi, tra quelle ivi elencate, cui si ritenga di ascrivere il vizio, purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, osserva questa Corte che nel caso in esame, in cui dall’articolazione del motivo è chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato, l’erronea intitolazione del motivo di ricorso non osta alla sua ammissibilità essendo sussumibile nella corretta fattispecie di cui al citato art. 360 c.p.c., n. 4.

1.2. Nel merito il motivo in esame è fondato.

1.3. Dalla disposizione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 che, riproducendo il contenuto dell’art. 346 c.p.c., prevede che “le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, si intendono rinunciate”, discende che la parte totalmente vittoriosa nel merito in primo grado non è tenuta, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, a proporre appello incidentale specifico per richiamare in discussione le eccezioni e le questioni che risultino superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel nuovo giudizio in modo chiaro e preciso, tale da manifestare in forma non equivoca la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi delle citate disposizioni (in termini, Cass., sez. L, sent. n. 10119 del 1996; conf., ex multis, sez. 5^, sent. n. 15641 del 2004, n. 14196 del 2000, n. 14925 del 2011, n. 17950 del 2012, n. 26830 del 2014).

Nella specie il giudice di appello non si è attenuto a detto principio avendo erroneamente affermato (a pag. 10 della sentenza impugnata) che “i rilievi della parte appellata che attengono ad aspetti relativi a presunte nullità dell’atto” impositivo (tra i quali la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, nonchè “l’illegittimità degli accessi, degli inviti a produrre la documentazione e delle verifiche effettuate e quindi del provvedimento emesso” – così a pag 2 della sentenza della CTR), non “considerate ma assorbite nella decisione di primo grado” (che, sul punto, aveva statuito che “l’accoglimento del ricorso sotto questi profili esime la Commissione di esaminare gli ulteriori motivi di gravame”), non erano “state fatte oggetto neppure di appello incidentale” e quindi non erano di ostacolo all’accoglimento dell’impugnazione proposta dall’Agenzia delle entrate, nonostante la società appellata avesse esplicitamente riproposto quelle eccezioni.

2. Con il secondo motivo, dedotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, la società ricorrente, ribadendo l’errore in cui era incorso il giudice di merito nel ritenere necessaria la proposizione dell’appello incidentale da parte del soggetto vittorioso in primo grado per riottenere l’esame delle questioni ritenute assorbite dal giudice di prime cure, lamenta la violazione da parte del giudice di appello dell’art. 112 c.p.c., per avere omesso di esaminare l’eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento notificato prima della scadenza del termine indicato dalla L. n. 212 del 2000, art. 12.

Il mezzo si conclude con il seguente quesito di diritto: “se violi l’art. 112 c.p.c. il mancato esame del motivo concernente la violazione dell’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente, per notificazione dell’avviso di accertamento impugnato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio del processo verbale di constatazione, giustificata dal mero approssimarsi del termine di decadenza per l’accertamento”.

2.1. L’accoglimento del motivo in esame è diretta conseguenza dell’accoglimento del primo, posto che la CTR, ritenendo che la società appellata, risultata totalmente vittoriosa in primo grado, non potesse limitarsi a riproporre i motivi di impugnazione dell’atto impositivo che il primo giudice aveva ritenuto assorbiti ma fosse tenuta a proporre appello incidentale, ha chiaramente omesso di pronunciarsi sull’eccezione espressamente ribadita dall’appellata nelle controdeduzioni all’appello (ritrascritte a pag. 19 del ricorso) – di nullità dell’avviso di accertamento perchè notificato “ante tempus”, in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

3. Con il terzo motivo, anch’esso dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente, muovendo sempre dal presupposto che il giudice territoriale era incorso in errore nel ritenere necessaria la proposizione dell’appello incidentale su questioni ritenute assorbite dal giudice di prime cure, lamenta la violazione da parte della CTR sarda dell’art. 112 c.p.c., per avere omesso di esaminare il motivo con cui aveva dedotto l’illegittimità dell’atto impositivo derivata dalle violazioni di legge commesse dalla G.d.F nel corso dell’attività di verifica.

In relazione a tale motivo la ricorrente ha formulato il seguente quesito di diritto: “se violi l’art. 112 c.p.c. il mancato esame del motivo concernente l’illegittimità derivata dell’avviso di accertamento impugnato, in conseguenza delle violazioni di legge compiute dai verificatori nel corso dell’attività istruttoria e consistenti (1) nella mancata notificazione dell’invito all’esibizione di documenti, (2) nella carenza di motivazione dello stesso, (3) nell’assenza di legittime ragioni della verifica parziale e nell’indeterminabilità del suo oggetto, (4) nella mancata concessione di un termine per la consegna della documentazione e (5) nella carenza di motivazione della verifica generale”.

3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza della censura, cui non si sottrae il denunciato vizio procedurale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonostante l’attribuzione al giudice di legittimità del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, come più volte ribadito da questa Corte (cfr., ex multis, Cass. sez. lav., n. 12746 del 2008; Sez. 5^, n. 12664 del 2012; sez. lav., n. 896 e n. 8008 del 2014).

Con particolare riferimento, poi, ai casi di denunzia del vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., come nel caso qui vagliato, è stata reiteratamente affermata la necessità, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate nel ricorso per cassazione puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, come nel caso in esame (cfr., Cass. n. 23420 del 2011 che richiama in motivazione anche Cass., nn. 7194/2000; 6361/2007; 21226/2010).

3.2. Nel caso di specie il ricorso è carente sotto i suindicati profili atteso che in esso non viene riportato, se non riassuntivamente, il contenuto del motivo di impugnazione dell’avviso di accertamento proposto con riferimento alle violazioni di legge attribuite agli organi verificatori, riverberatisi – a detta della parte ricorrente – sulla legittimità dell’atto impositivo, nè viene trascritta quella parte delle controdeduzioni depositate in appello in cui sarebbe stato riproposto, essendosi la parte limitata all’insufficiente indicazione del numero delle pagine ove lo stesso era rinvenibile.

4. Con il quarto e quinto motivo la ricorrente ha denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata in ordine alla questione della legittimità del ricorso all’accertamento induttivo per mancata esibizione delle scritture contabili. Sostiene che la CTR ha omesso di valutare tutta una serie di circostanze di fatto idonee ad escludere la volontarietà del rifiuto, da parte dei responsabili della società, di esibire la documentazione fiscale (quarto motivo) e di non aver considerato la circostanza, affermata in una memoria depositata in primo grado, che la documentazione sottratta a seguito del furto subito era costituita solo ed esclusivamente dai registri IVA (quinto motivo).

4.1. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente stante la stringente connessione, sono inammissibili.

Invero, il motivo riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 è necessario che sia illustrato – sempre a pena di inammissibilità – dal c.d. “momento di sintesi” (o “quesito di fatto”), consistente in un apposito passaggio espositivo, distinto ed autonomo rispetto allo svolgimento del motivo, che sostanzi un quid pluris rispetto all’illustrazione del mezzo (Cass. S.U., n. 12339 del 2010; Cass. n. 8897 e n. 4309 del 2008; nn. 21194 e 24313 del 2014), finalizzato ad individuare, chiaramente e sinteticamente, il fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento al quale la motivazione si assume omessa, ovvero insufficiente o contraddittoria, con specifica segnalazione delle ragioni per le quali la motivazione risulta inidonea a giustificare la decisione (ex plurimis, Cass. s.u. n. 20603 del 2007 e n. 11652 del 2008; Cass. n. 27680 del 2009).

4.2. Ciò posto, deve rilevarsi che in entrambi i motivi proposti dalla ricorrente è riscontrabile l’assoluta mancanza di tale momento di sintesi, a cui non può ovviarsi attraverso una interpretazione surrogatoria dell’illustrazione del motivo, ad opera della Corte (Cass. n. 22591 del 2013) in quanto ne resterebbe svilita – rispetto ad un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata – la stessa portata innovativa del citato art. 366 bis c.p.c., consistente proprio nell’imposizione di motivi contenenti una sintesi autosufficiente della violazione censurata, funzionale alla formazione immediata e diretta del principio di diritto, e quindi al miglior esercizio della funzione nomofilattica (Cass. n. 3584 del 2016; n. 16481 del 2014; n. 20409 del 2008).

5. Conclusivamente, quindi, vanno accolti il primo e secondo motivo di ricorso e dichiarati inammissibili gli altri, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, in diversa composizione, che riesaminerà la vicenda processuale alla stregua dei principi enunciati in relazione ai primi due motivi e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibili gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 21 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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