Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16699 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16699 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 5169-2012 proposto da:
UNION

PRINTING

SPA

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio
dell’avvocato PANARITI PAOLO, rappresentato e difeso
dall’avvocato SERGIO BUZZI giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 03/07/2013

- controricorrente nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA 4;
– intimato avverso la sentenza n. 35/2011 della COMM.TRIB.REG. di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/05/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato BUZZI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato FRIGIDA che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

ROMA, depositata il 02/03/2011;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La società Union Printing Spa proponeva ricorso innanzi alla CTP. Oi Roma avverso l’avviso di
accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate di Roma aveva ripreso a tassazione somme a
titolo di IRPEG,IRAP ed IVA in relazione ad alcune operazioni che le verifiche svolte dalla
Guardia di finanze erano state ritenute inesistenti.
2. La CTP accoglieva il ricorso, condividendo la pronunzia dei: ! RII3V-114.4g di Viterbo che aveva
assolto gli amministratori della società perché il fatto non sussiste, peraltro considerando le

stesso senso.
3.L’Agenzia delle Entrata proponeva ricorso innanzi alla CTR del Lazio che, con sentenza
depositata il 2 marzo 2011, accoglieva l’impugnazione, osservando che la presenza di una sentenza
assolutoria in sede penale non determinava automaticamente l’infondatezza della pretesa fiscale.
4. Aggiungeva che in materia tributaria integrava gli estremi del comportamento abusivo
l’operazione economica che aveva come elemento preponderante quello di ottenere un vantaggio
fiscale, incombendo sull’amministrazione l’onere di dimostrare il disegno elusivo e le modalità di
manipolazione degli schemi negoziali classici, gravando sul contribuente la prova di elementi
idonei a giustificare le operazioni stesse.
4.1 Precisava che nel caso concreto la parte erariale aveva segnalato che le operazioni compiute
dalla società contribuente erano inquadrabili nell’ambito delle operazioni oggettivamente inesistenti.
4.2 Rispetto all’anno 2000, infatti, era emerso che nel mastrino BNL della società Arca di Pepponi
Michele &C. Le somme versate con causale “Riscossione fatture” provenivano esclusivamente
dalla Union Printing Spa a titolo di pagamento di consulenze aziendali. Poi, le stesse somme erano
risultate uscire dal conto BNL e riportate nel mastrino cassa contanti, per poi essere ritirate dalla
famiglia Pepponi. Era ancora emerso che il 29 maggio 2000 era risultato contabilizzato in avere un
importo di £.20.000.000 che nella stessa giornata era stato versato sul conto del sig.Roberto
Pepponi.
4.3 Evidenziava che detti importi, pagati dalla Union Printing Spa per le consulenze della L’Arca di
Pepponi Michele & C. erano poi tornati nella disponibilità di Pepponi Roberto.
4.4 Precisava, pertanto, che l’Ufficio aveva indicato gli elementi indiziari sui quali si basava la
contestazione e che era quindi onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione
o del costo altrimenti indebito, aggiungendo che tale onere non era stato assolto dalla società.
4.5 Specificava che le operazioni tra le due società non si erano mai realizzate e che le stesse
avevano avuto l’unico scopo di incidere sulla determinazione delle imposte dovute.
5. La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, al quale ha
resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
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decisioni rese dalla CTP di Viterbo e di Roma che, per anni precedenti, si erano pronunziate nello

MOTIVI DELLA DECISIONE
6.Con il primo motivo la società contribuente ha dedotto la nullità della notifica dell’impugnazione
e l’inammissibilità dell’appello per mancata notifica al contribuente, in violazione degli artt.51, 53 e
20 d.lgs.n.54611992 e dell’art.17 d.lgs.n.546/1992, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
6.1 Lamenta che l’Agenzia aveva notificato l’atto di appello mediante deposito ai sensi dell’art.17
ult.comma d.lgs.n.546/92 e che la notifica presso il domicilio del procuratore domiciliatario non era
andata a buon fine in quanto il procuratore domiciliatario aveva mutato indirizzo senza che al nuovo

atto della variazione del domicilio come risultava dalla annotazione apposta sul plico depositato
presso la commissione tributaria regionale. Difettavano, pertanto, i presupposti per compiere la
notifica presso la segreteria della commissione tributaria, dovendo in ogni caso provvedersi alla
notifica ai sensi dell’art.330 c.p.c. ovvero con notifica alla parte personalmente ai sensi degli
artt.137 c.p.c.
7. Con il secondo motivo la società contribuente ha dedotto la violazione dell’art. 112 cpc, in
relazione all’art.360 comma 1 n.4 c.p.c. Lamenta che la CTR, ancorchè mai l’Agenzia avesse
ipotizzato l’esistenza di un comportamento abusivo, aveva modificato l’oggetto del giudizio per
come era stato fissato dall’Agenzia che aveva ipotizzato l’esistenza di operazioni inesistenti.
8. Con il terzo motivo

la società contribuente ha dedotto la violazione e falsa applicazione

dell’art.39 e 40 del Dpr n.600/73 e la contraddittorietà della motivazione alla stregua dell’art.360
comma 1 nn.3 e 5 c.p. Lamenta che la valutazione della CTR era erronea, avendo esaminato solo
alcune operazioni finanziarie e per contro avendo tralasciato l’analisi delle ulteriori difese scolte in
primo grado dalla difesa del contribuente.
8.1 Evidenziava che il ragionamento dell’Ufficio era capzioso, non avendo tenuto conto che, a
fronte della deducibilità dei costi da parte della Union Printing Spa con risparmio di IRPEG, ILOR
ed IVA, la società emittente le fatture aveva dovuto corrispondere l’IVA riscossa ed assoggettare
l’utile ad ILOR. Nè era stata considerata la regolarità delle operazioni dal punto di vista fiscale. Le
dichiarazioni del Pepponi Michele, d’altra parte, erano state male interpretate. Né gli altri elementi
evocati dall’Ufficio potevano giustificare la tesi dell’amministrazione. Peraltro, la CTR aveva
erroneamente valutato il contenuto della sentenza assolutoria resa dal giudice penale, la stessa
fondandosi su fatti oggetti e non su elementi concernenti l’elemento soggettivo.
9. L’Agenzia delle Entrate ha dedotto l’infondatezza delle censure esposte in ricorso. Quanto al
primo motivo, evidenziava di avere tentato la notifica dell’appello presso il domicilio del
procuratore domiciliatario, il quale non aveva comunicato alcuna variazione di domicilio,
aggiungendo che solo dopo diversi tentativi non andati a buon fine si era provveduto alla
notificazione alla stregua dell’art.17 d.lgs.n.546/1992 con il deposito in segreteria dell’atto.
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recapito fosse mai stata notificata l’impugnazione, ancorche’ l’amministrazione postale avepreso

9.1 Rilevava l’inammissibilità del secondo motivo, inerente al merito della controversia e
comunque l’infondatezza dello stesso, risultando le questioni indicate dalla ricorrente
implicitamente esaminate dalla CTR che aveva ritenuto legittima la pretesa fiscale. Affermava,
ancora, l’inammissibilità o l’infondatezza del terzo motivo relativo a questioni concernenti la
valutazione del supporto probatorio ed in ogni caso la correttezza ed esaustività della motivazione
della sentenza impugnata.
10. Il primo motivo è infondato.

della residenza o della sede, a norma dell’art. 17, comma primo, del d. lgs. 31 dicembre 1992, n.
546, sono efficaci nei confronti della segreteria della commissione e delle controparti costituite dal
decimo giorno successivo a quello in cui sia stata loro notificata la denuncia di variazione. Ne
consegue che, in difetto della notifica di tale denuncia, i successivi atti del processo continuano ad
essere validamente notificati nel luogo originariamente dichiarato, anche se la variazione del
domicilio sia di tipo endoprocessuale, atteso che l’univocità del testo dell’art. 17 citato non autorizza
alcuna distinzione tra questa tipologia di variazioni e quelle che avvengono al di fuori del processo.
-cfr.Cass.n.19324/1 1 -.
10.2 Analogamente, in una vicenda che presenta aspetti di evidente omogeneità rispetto a quella qui
esaminata- posto che l’odierna parte ricorrente ha riprodotto, in ricorso(pag.6) la fotocopia
attestante la restituzione del plico postale spedito all’indirizzo originario del domiciliatario restituito
al mittente- Cass.n.18229/2010 ha ritenuto che “…avendo l’agente postale notificatore omesso la
notifica restituendo la raccomandata, deve ritenersi che ciò sia stato fatto ai sensi della L. n. 890 del
1982, art. 9, comma 4, per essere sconosciuta la sede ove il domiciliatario aveva trasferito il proprio
studio e che pertanto ricorra nella specie l’ipotesi, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17,
comma 3, di assoluta incertezza circa l’effettivo luogo di elezione di domicilio con la conseguenza
che, non potutasi effettuare la notifica presso il luogo indicato dalla parte in atti, la stessa (in
assenza di apposite ricerche della nuova sede dello studio e di un nuovo tentativo di notifica da
parte dell’Ufficio finanziario) doveva essere effettuata presso la segreteria della commissione
tributaria (cfr. Cass 5118/98)”-cnf.Cass. n. 19134 del 2010-.
10.3 Nella medesima prospettiva si è pure ritenuto che qualora vi sia assoluta incertezza in ordine
al luogo in cui deve essere eseguita la notificazione dell’impugnazione, per avere l’interessato
esperito infruttuosi tentativi sia presso il domiciliatario processuale, sia presso la sede sociale della
controparte, sia presso la residenza del liquidatore-legale rappresentante, trova applicazione l’art.
17, terzo comma del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e non l’art. 143 cod. proc. civ., dovendosi dare
prevalenza alla norma processuale speciale la quale, prevedendo che la notificazione può essere

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10.1 Questa Corte è ferma nel ritenere che, nel processo tributario, le variazioni del domicilio eletto,

validamente eseguita presso la segreteria della commissione tributaria, detta una disciplina non
meno garantista di quella risultante dalla norma generale—cfr.Cass.n1070212009-.
10.4 Nel caso di specie, non risulta in alcun modo che il procuratore domiciliatario della società
ricorrente abbia comunicato la variazione di domicilio, invece è emersa l’attività posta in essere
dall’Agenzia per notificare il ricorso in appello alla società contribuente(v.a11.6 al controricorso),
non andata a buon fine per irreperibilità della stessa.
10.5 Sulla base di tali argomenti la censura è dunque infondata.

11.1 Ed invero, al di là del riferimento, che pure compare nella motivazione della sentenza, ai
principi giurisprudenziali correlati all’abuso del diritto ed al riparto dell’onere della prova in
presenza di condotte sussumibili nell’alveo dei comportamenti elusivi–cfr. pag.3 punto 5.2
sentenza- non pare potersi dubitare che lo stesso giudice di appello, a partire dal rigo 3 della pag.4
della sentenza qui impugnata, ha fatto esplicito riferimento alle ipotesi di operazioni oggettivamente
inesistenti ipotizzate dall’Ufficio, individuando gli elementi fattuali che supportavano la
ricostruzione prospettata dall’Amministrazione. La CTR, pertanto, sottolineava che l’Ufficio aveva
indicato specificamente gli elementi a sostegno della contestazione, che la società contribuente non
aveva dimostrato la fonte legittima della detrazione o del costo e che “le operazioni tra le due
società non si sono mai realizzate ed avevano come unico scopo ovvero incidere sulla
determinazione delle imposte, atteso che l’attività d consulenza era demandata come segnalato
dall’ufficio a consulenti esterni”. Sulla base di tali considerazioni l’appello dell’Agenzia veniva
accolto.
11.2 Ora, non è in alcun modo possibile ritenere che la CTR abbia “illegittimamente modificato
l’oggetto del processo” dando luogo al prospettato “error in procedendo”, semmai dovendosi
ritenere il riferimento contenuto al punto 5.2. come erronea indicazione di principi
giurisprudenziali che, tuttavia, non hanno inficiato l’autonoma ratio decidendi espressa dalla CTR,
dando semmai luogo ad un’ipotesi di vizio di contraddittorietà della motivazione che, tuttavia, non è
stato nemmeno prospettato dalla società contribuente.
12. Passando al terzo motivo, la censura sembra inammissibile, intendendo la società contribuente
indurre la Corte ad una rivisitazione del materiale probatorio compiutamente esaminato dalla CTR
al solo fine di giungere ad una soluzione opposta a quella invece congruamente ed esaustivamente
espressa dalla CTR sulla base dell’indicazione del materiale probatorio offerto dall’Agenzia.
12.1 Né nell’attività di verifica delle condotte esaminate sembra che la CTR abbia commesso
alcuna violazione di legge, una volta che l’amministrazione ha contestato in modo specifico i dati
emergenti dalle scritture contabili del contribuente, evidenziando obiettivi elementi dai quali
desumere l’inattendibilità delle scritture e fatture utilizzate dal contribuente, ovvero la inesattezza
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11. Parimenti infondata risulta la seconda censura.

23SENT£ÙAREGISTRA7,1,0Nr.
Al SENSI L\?:;1_, n, p •

11,22:[Iiii,4
degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero la inesattezza ^”Mle
indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione -v.Cass.n.9108/2012-.
12.2 In tali casi deve escludersi il diritto del suddetto a fare valere i costi portati dalle scritture o ad
ottenere la detrazione dell’IVA, allo stesso spettando un preciso onere di dimostrare la sussistenza,
l’entità e l’inerenza del costo o del credito fatto valere in detrazione.
12.3 E’, infatti, l’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 — e l’omologo art.39 comma 1 lett.d)
d.p.r.n.600173- ad assumere rilevanza centrale ai fini che qui interessano, sancendo che “…le

dati e notizie a norma dell’art.53 o anche sulla base di presunzioni semplici”, senza necessità che
l’Ufficio fornisca prove “certe”-Cass.n.9784/2010-.
12.4 In defmitiva, si è ritenuto da questa Corte che le presunzioni semplici costituiscono, ai rilevati
fini, una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via
esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento.
12.5 Ne consegue che il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla fondatezza
dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi
forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio e solo in un
secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e
concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che
ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e ss. e 2697, secondo comma, cod. civ.v.Cass.n.12802/2011;Cass.n.5282/2011-.
12.6 Orbene, il giudice di appello si è pienamente conformato ai principi appena espressi,
evidenziando l’inesistenza obiettiva delle operazioni fatturate dalla Arca alla Union Printing e
ritenendo, con motivazione scevra da profili di illogicità ed esaustiva, l’assenza di elementi capaci
di elidere le presunzioni fondate sulla base di un compendi odi elementi.
13. Il ricorso va per l’effetto rigettato, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese
processuali
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in
euro 4000.00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Coì deciso il 21 maggio 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA

omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze,

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