Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16694 del 14/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/06/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 14/06/2021), n.16694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5254-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

OMTAM DI B.A.M. & B.E. SNC IN

LIQUIDAZIONE, B.A.M., B.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 75/2013 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA,

depositata il 02/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE;

Per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia n. 75/22/13 depositata il 2.7.2013.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26 gennaio 2021 dal relatore, cons. Francesco Mele.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Omtam snc – oggi in liquidazione – e i soci B.A.M. e B.E. proponevano distinti ricorsi avverso distinti avvisi di accertamento relativi ad Iva ed Irap (quanto alla società) e ad Irpef (quanto ai soci) per l’anno 2004; gli atti impositivi traevano origine da PVC redatto dalla Guardia di Finanza; nello specifico era contestata alla società la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi e veniva rettificato il reddito d’impresa in Euro 113.311,48 (in luogo di Euro 88.532,00) che veniva imputato ai soci, ciascuno titolare del 50% del capitale. Con i predetti ricorsi – si legge nella sentenza impugnata – i contribuenti eccepivano “il fatto che l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi era imputabile al professionista già denunciato dalla società; sottolineavano tuttavia che le imposte erano state correttamente versate in quanto calcolate sull’importo di Euro 88.532,99 indicato in dichiarazione dei redditi, seppure non trasmessa dal professionista incaricato”. L’Ufficio si costituiva concludendo per il rigetto dei ricorsi. La Commissione Tributaria Provinciale di Pavia pronunciava sentenza con cui accoglieva parzialmente i ricorsi – previa riunione dei medesimi – riconoscendo ulteriori costi per Euro 24.779,48 nonchè il credito IVA di Euro 16.516,00, rigettando nel resto.

– Avverso detta sentenza, l’Ufficio proponeva appello dolendosi, innanzi tutto, del fatto che dalla lettura della medesima non era dato conoscere gli ulteriori costi riconosciuti dalla CTP; quanto all’IVA, ribadiva che la società aveva omesso la presentazione della dichiarazione per gli anni dal 2003 al 2007, oltre ad avere tenuto irregolarmente la contabilità e non avere effettuato le liquidazioni periodiche D.P.R. n. 633 del 1972, ex artt. 27 e 33; di conseguenza la società non avrebbe potuto detrarre alcun importo nè alla stessa sarebbe spettato il credito Iva, in quanto non risultante dalla dichiarazione, in quanto omessa, nè dalle dichiarazioni periodiche che non risultavano effettuate; infine sottolineava come responsabile della dichiarazione dei redditi fosse la parte contribuente.

– La CTR rigettava l’appello sul preliminare rilievo che “la decisione del primo giudice appare prima facie completa ed esaustiva e, quindi, viene confermata tout court”; la sentenza impugnata ha confermato il riconoscimento dei costi e il credito Iva, “tenuto conto che nel merito l’Ufficio ha applicato, per l’attività oggetto di esame, un ricarico del 300% nella media bar che effettuano anche “happy hour” e “pub” e che ha tenuto conto di una percentuale del 12% di autoconsumo”. I secondi giudici hanno infine fatto dipendere la validità della conferma dei costi dal “fatto che la parte, già nel primo grado di giudizio, aveva documentato e provato tali costi, e quindi non rimaneva al primo consesso giudicante di accogliere anche parzialmente le richieste espresse nel ricorso della società ricorrente”.

– Per la cassazione di detta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato a cinque motivi.

– I contribuenti, intimati non si sono costituiti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– I motivi di cui consta il ricorso recano: 1) “Violazione dell’art. 112 c.p.c., sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4”; 2) “Omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”; 3) “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 52 e 53, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”; 4) “Violazione dell’art. 112 c.p.c., sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4”; 5) “Violazione o falsa applicazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 47, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.

– Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza per avere riconosciuto “ulteriori costi” e “credito Iva”, gli uni e l’altro, mai richiesti da parte contribuente.

– Il motivo difetta di autosufficienza e pertanto va dichiarato inammissibile, non (Ndr: testo originale non comprensibile).

– Con il secondo motivo la ricorrente lamenta che la CTR non ha spiegato quali siano “gli ulteriori costi” in parola.

– Invero, osserva il collegio che la CTR ha fatto riferimento alla decisione della CTP, dinanzi alla quale “la parte…aveva documentato e provato tali costi”.

– Anche per carenza di autosufficienza, il motivo non dà modo di cogliere o meno il vizio che pure intende denunciare e cioè l’assenza di motivazione; anche tale motivo va pertanto rigettato.

– Il terzo motivo attiene all’IVA: la ricorrente evidenzia che la società ha omesso di presentare la relativa dichiarazione per gli anni dal 2003 al 2007, ha tenuto irregolarmente la contabilità e non ha effettuato le liquidazioni periodiche D.P.R. n. 633 del 1972, ex artt. 27 e 33.

– Il motivo non è fondato, anche per difetto di autosufficienza, per mancanza di trascrizione delle dichiarazioni.

– La ricorrente prospetta argomentazioni delineate sin dal primo grado di giudizio e disattese, motivatamente, da entrambi i giudici del merito.

– Nella odierna sede vengono riproposte finendo con il configurare una valutazione della parte ricorrente critica dell’apprezzamento di merito che non può trovare ingresso nel giudizio di cassazione.

– Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sul motivo di appello teso ad ottenere la riforma della sentenza di primo grado laddove la stessa aveva disposto la sospensione delle sanzioni “sino alla definizione del procedimento penale a carico di F.B.” (la professionista che aveva omesso di presentare le dichiarazioni fiscali di parte contribuente).

– Si tratta di motivo inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo stato trascritto l’atto d’appello.

– Con l’ultimo motivo, la ricorrente deduce che l’omessa trasmissione della dichiarazione da parte dell’intermediario abilitato (come nella specie) costituisce una violazione a sè che soggiace a specifiche sanzioni, diverse da quelle che fanno capo al contribuente che resta il solo soggetto di imposta rispetto al Fisco.

– Anche tale motivo non è fondato per le stesse ragioni per cui è stata ritenuta la infondatezza del terzo motivo: i due motivi sono infatti connessi.

– Non occorre pronunciarsi in punto spese, atteso che parte contribuente non si è costituita in giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2021

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