Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16694 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 01/03/2016, dep. 09/08/2016), n.16694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24832-2010 proposto da:

EQUITALIA CERIT SPA, quale Agente della Riscossione in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA PANAMA 68, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PUOTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO CUCCHI giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

ARVAL SERVICE LEASE ITALIA SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2596/2010 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata

il 04/08/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato LOMONACO per delega verbale

dell’Avvocato PUOTI che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 2596 del 4 agosto 2010 il Tribunale di Firenze, in sede di opposizione agli atti esecutivi promossa ai sensi dell’art. 617 c.p.c. dalla Arval Service Lease spa avverso sei cartelle di pagamento emesse dall’Equitalia Cerit s.p.a. e notificate alla predetta società in data 27 novembre 2008, ne dichiarava la nullità per omessa indicazione del responsabile del procedimento.

Avverso tale statuizione ricorre per cassazione l’Equitalia Cerit s.p.a. deducendo, nell’unico motivo proposto, l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata.

La società contribuente non spiega difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’Equitalia Cerit s.p.a. deduce, nell’unico motivo proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione resa dal giudice di merito in ordine alle conseguenze della mancata indicazione nelle cartelle di pagamento notificate alla contribuente del nominativo del responsabile del procedimento, contestando che dalla violazione di quell’obbligo discenda la nullità delle stesse.

Il motivo è inammissibile.

E’ inammissibile in quanto la ricorrente denuncia come vizio motivazionale un presunto “error in iudicando” in cui sarebbe incorso il giudice di appello allorquando dal rilevato vizio di forma delle cartelle di pagamento ha fatto discendere la nullità delle medesime.

Invero, il vizio di motivazione è configurabile soltanto con riguardo ad elementi di fatto non adeguatamente apprezzati dal giudice, per averli trascurati o di cui abbia dato una valutazione insufficiente o contraddittoria, e non invece con riguardo all’erronea applicazione di una disposizione di legge ad una fattispecie esattamente individuata, che costituisce errore di diritto censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L’ontologica incompatibilità tra i due vizi di legittimità in esame è stata ripetutamente affermata da questa Corte in considerazione del diverso oggetto della attività del giudice cui si riferisce la critica (in termini, Cass. n. 26110 del 2015); da un lato, attività interpretativa della fattispecie normativa astratta (che integra il vizio di violazione o falsa applicazione di norme o principi di diritto), dall’altro attività valutativa della fattispecie concreta emergente dalle risultanze probatorie (che integra il diverso vizio di motivazione). In sostanza, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. n. 8315 del 2013; in senso analogo sulla antinomia tra “error in judicando” e vizio di motivazione, Cass. n. 10295 del 2007).

Osserva la Corte che il motivo è anche infondato, in quanto è pacifico che nella specie – trattandosi, come si legge nella sentenza impugnata, di cartelle di pagamento notificate il 27 novembre 2008 (pagg. 2, 3 e 7 della sentenza di merito), in relazione ai quali i ruoli erano stati “emessi, vistati e pertanto certamente consegnati agli agenti per la riscossione in date diverse, ma successive al 1/6/2008” (pag. 7), trova applicazione il D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter, convertito con modificazioni nella L. n. 31 del 2008, che ha sanzionato con la nullità l’omessa indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo in relazione alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008 (arg. da Cass. n. 332 del 2016; n. 13747 e n. 3754 del 2013; n. 4516 del 2012; n. 8613 del 2011).

Nessun provvedimento deve adottarsi sulle spese in assenza di attività difensiva dell’intimata.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il motivo di ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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