Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16693 del 09/08/2016
Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 01/03/2016, dep. 09/08/2016), n.16693
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14158-2010 proposto da:
EQUITALIA CERIT SPA quale Agente della Riscossione in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA PANAMA 68, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PUOTI,
rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO CUCCHI giusta delega in
calce;
– ricorrente –
contro
ARVAL SERVICE LEASE ITALIA SPA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 44/2010 della COMM.TRIB.REG. della TOSCANA,
depositata il 10/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
01/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato LOMONACO per delega verbale
dell’Avvocato PUOTI che ha chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 44 del 10 febbraio 2010 la Commissione tributaria regionale della Toscana, respingeva l’appello proposto dall’Equitalia Cerit s.p.a. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Firenze, sostenendo, in rito, che l’appello era stato formulato in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, perchè era stata omessa l’indicazione degli “aspetti della sentenza dei primi giudici privi di fondamento e quindi meritevoli di essere riformati”£, e, nel merito, che la Concessionaria della riscossione non poteva pretendere dalla contribuente (Arval Service Lease Italia s.p.a.) il pagamento integrale dei compensi di riscossione in quanto la stessa aveva provveduto a versare le somme iscritte a ruolo nel termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, tenendo conto del periodo di sospensione amministrativa della riscossione accordatale dall’Agenzia.
Avverso tale statuizione ricorre per cassazione l’Equitalia Cerit s.p.a. deducendo, nell’unico motivo proposto, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, comma 3.
La società contribuente non spiega difese.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’Equitalia Cerit s.p.a. deducendo, nell’unico motivo proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, comma 3, critica la decisione assunta dalla CTR della Toscana per aver escluso la spettanza dei compensi di riscossione dovutile dalla società contribuente sull’erroneo rilievo che la sospensione amministrativa della riscossione, accordata a quest’ultima dall’Amministrazione finanziaria, non facesse decorrere il termine di pagamento della cartella di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2.
Il motivo è inammissibile in quanto non idoneo ad incidere su entrambe le “rationes decidendi” della sentenza impugnata, non avendo la ricorrente censurato la statuizione di inammissibilità dell’appello per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.
Infatti, la CTR ha sostenuto, in rito, che l’appello era stato formulato in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, perchè era stata omessa l’indicazione degli “aspetti della sentenza dei primi giudici privi di fondamento e quindi meritevoli di essere riformati”, e quindi era onere della ricorrente, onde non incorrere nell’inammissibilità del mezzo, censurare anche tale ultima “ratio decidendi” idonea a sorreggere la decisione impugnata. Ora, è noto che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, dal momento che il ricorso per cassazione non introduce una terza istanza di giudizio con la quale si può far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi invece come un rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le “rationes decidendi” rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (cfr. Cass., S.U., n. 7931 del 2013, che richiama in motivazione le sentenze n. 389 e n. 13070 del 2007, n. 3386 e n. 22753 del 2011, n. 2108 del 2012).
Nessun provvedimento deve adottarsi sulle spese in assenza di attività difensiva dell’intimata.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il motivo di ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 17 febbraio 2016.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016