Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16692 del 05/08/2020

Cassazione civile sez. I, 05/08/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 05/08/2020), n.16692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25647/2015 proposto da:

Z.G.M., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Cesare

Romano Carello e Fausto Malucchi e presso lo studio del primo

elettivamente domiciliato, giusta procura speciale a margine del

ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

C.P., rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Mazzeo

e dall’Avv. Massimo Angelini presso il cui studio in Roma è

elettivamente domiciliata, in virtù di procura in calce al

controricorso con ricorso incidentale;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1486/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

pubblicata in data 31/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/01/2020 dal consigliere Lunella Caradonna.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso ritualmente notificato Z.G.M. chiedeva dichiararsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con C.P., con obbligo di corresponsione della somma di Euro 500,00 mensili, oltre il 50% delle spese straordinarie in favore della figlia; non disporre alcun assegno a favore dei coniugi economicamente autosufficienti e, in ogni caso, disporre un assegno in favore della moglie non superiore a 200,00 Euro mensili.

2. Il Tribunale di Pistoia, con sentenza n. 59 del 28 gennaio 2015, pronunciando sulle condizioni economiche del divorzio, stabiliva la somma mensile di Euro 700,00 in favore della figlia, oltre il 75% delle spese straordinarie e la somma mensile di Euro 650,00 in favore della moglie, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT come per legge.

4. Avverso la superiore sentenza Z.G.M. proponeva appello deducendo l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza in relazione alla natura giuridica dell’assegno di divorzio e, in particolare, per non avere indagato se il coniuge richiedente fosse stato privo e oggettivamente non in grado di procurarsi i mezzi adeguati per mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e, in subordine, lamentando l’eccessività dell’assegno stesso.

5. La Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 1486 del 31 agosto 2015, rigettava l’appello, con condanna della parte soccombente al pagamento delle spese processuali.

5. Z.G.M. ricorre in cassazione con tre motivi.

6. C.P. resiste con controricorso e ricorso incidentale con il quale insiste sull’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto per difetto dei requisiti di forma prescritti dall’art. 342 c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ pregiudiziale l’esame del ricorso incidentale con il quale C.P. insiste sull’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto per difetto dei requisiti di forma prescritti dall’art. 342 c.p.c., comma 1.

Il ricorso incidentale è infondato.

Al riguardo la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (Cass., S. Un., 16 novembre 2017, n. 27199; Cass., 20 marzo 2018, n. 13535).

Questa Corte ha, inoltre, affermato che non può considerarsi aspecifico e deve, quindi, essere dichiarato ammissibile, il motivo d’appello che esponga il punto sottoposto a riesame, in fatto ed in diritto, in modo tale che il giudice sia messo in condizione (senza necessità di esplorare, in assenza di parametri di riferimento, le vicende processuali) di cogliere natura, portata e senso della critica, non occorrendo, tuttavia, che l’appellante alleghi e, tantomeno, riporti analiticamente le emergenze di causa rilevanti, le quali risultino investite ed evocate non equivocamente dalla censura, diversamente da quel che è previsto per l’impugnazione a critica vincolata (Cass., 19 marzo 2019, n. 7675).

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato che l’atto di appello consentiva di individuare le ragioni del gravame e la parte della sentenza impugnata, tendendo il gravame ad escludere l’assegno divorzile, sulla base di una diversa interpretazione della legge, ferma restando la ricostruzione del fatto operata dal giudice di merito.

In particolare, la Corte territoriale ha specificamente evidenziato che “quantomeno con riferimento alla doglianza principale che attinge la previsione di un assegno divorzile a favore dell’ex coniuge, la motivazione dell’appello soddisfi i requisiti formali dell’art. 342 c.p.c., posto che la precisa richiesta del ricorrente è quella di esclusione dell’assegno divorzile sulla base di una differente interpretazione della legge che disciplina la materia, ancorchè sulla base della stessa ricostruzione di fatto operata dal primo giudice”.

2. Con il primo motivo Z.G.M. deduce la violazione e falsa applicazione del L. n. 898 del 1979, art. 5, comma 6, ed omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione della sentenza in relazione alla natura giuridica dell’assegno di divorzio.

3. Con il secondo motivo Z.G.M. deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, e omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione della sentenza circa il riconoscimento dell’assegno di mantenimento divorzile.

4. Con il terzo motivo Z.G.M. la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, e omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione della sentenza circa la sussistenza dei presupposti per l’assegno di mantenimento divorzile al momento del divorzio.

Ad avviso di ricorrente dal disposto della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, si evince la natura assistenziale dell’assegno di mantenimento, i cui presupposti sono la mancanza di mezzi economici adeguati e l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettivi; in tale contesto l’autonomia economica del richiedente assumeva un ruolo decisivo e la valutazione relativa all’adeguatezza dei mezzi economici di cui disponeva il coniuge richiedente doveva essere compiuta con riferimento ad un modello di vita economicamente autonomo e dignitoso quale configurato dalla coscienza sociale e non, come ha fatto la Corte di merito, al livello di vita analogo a quello già goduto in costanza di matrimonio.

Inoltre, il ricorrente lamenta che la Corte di appello di Firenze, a fronte di un’incontestata ricostruzione delle situazioni reddituali dei coniugi eseguita in primo grado, non aveva ritenuto di indagare sullo stile di vita di fatto osservato dalla signora C. in costanza di matrimonio e sulla conseguente capacità della stessa di continuare a mantenerlo anche successivamente e aveva, altresì, ritenuto che non essendo state dedotte modifiche sostanziali delle situazioni reddituali delle parti, il mantenimento del tenore di vita della signora C. potesse essere garantito solo conservando l’assegno di mantenimento già riconosciuto al momento della separazione.

4.1 I tre motivi, trattati congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, operando una riconsiderazione dell’intera materia, hanno affermato che all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate (Cass., Sez. U., 11 luglio 2018, n. 18287).

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, quindi, ritenuto che l’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi o all’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive del coniuge richiedente vada correlato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli durante lo svolgimento della vita matrimoniale e da ricondurre a determinazioni comuni, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età del coniuge richiedente.

Nello specifico, i principi di diritto affermati sono i seguenti:

– all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo -compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate;

-la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi;

– il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno.

In applicazione di tali principi, il giudizio, funzionale alla natura assistenziale e perequativo-compensativa dell’assegno divorzile, dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dalla richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

4.2 Più di recente, la Corte di Cassazione, oltre a ribadire che ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno divorzile si deve tenere conto della funzione assistenziale e, a determinate condizioni, anche compensativo-perequativa cui tale assegno assolve, ha precisato che, nel valutare l’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge che ne faccia richiesta, o l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, si deve tener conto, utilizzando i criteri di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, sia della impossibilità di vivere autonomamente e dignitosamente da parte di quest’ultimo e sia della necessità di compensarlo per il particolare contributo, che dimostri di avere dato, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge durante la vita matrimoniale, senza che abbiano rilievo, da soli, lo squilibrio economico tra le parti e l’alto livello reddituale dell’altro ex coniuge, tenuto conto che la differenza reddituale è coessenziale alla ricostruzione del tenore di vita matrimoniale, ma è oramai irrilevante ai fini della determinazione dell’assegno, e l’entità del reddito dell’altro ex coniuge non giustifica, di per sè, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze (Cass., 9 agosto 2019, n. 21234).

Questa Corte, nella richiamata sentenza, ha affermato che, a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite, il parametro della conservazione del tenore di vita non ha più cittadinanza nel nostro sistema; l’onere di provare l’esistenza delle condizioni legittimanti l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno grava sul coniuge richiedente l’assegno; l’assegno svolge una finalità anche o principalmente assistenziale; detta funzione assistenziale può anche concorrere con la funzione compensativa-perequativa o essere assorbita da quest’ultima, a determinate condizioni, entrambe costituenti espressione della solidarietà post-coniugale.

Il parametro della adeguatezza dei mezzi (inteso come possibilità di vita dignitosa e non più come finalizzato alla conservazione del tenore di vita matrimoniale, desumibile dalle condizioni economiche del coniuge destinatario della domanda all’esito del confronto reddituale tra i coniugi al momento della decisione) o della possibilità di procurarseli per ragioni oggettive deve essere, quindi, riferito sia alla possibilità di vivere autonomamente e dignitosamente, sia all’esigenza compensativa del coniuge più debole per le aspettative professionali sacrificate, per avere dato, in base ad un accordo con l’altro coniuge, un dimostrato e decisivo contributo alla formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge (Cass., 9 agosto 2019, n. 21234).

Piuttosto la valutazione dell’adeguatezza dei mezzi o della impossibilità di procurarseli deve seguire i criteri di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, e tenere conto delle esigenze sopra esposte, sicchè, nell’ambito di questo accertamento, così condotto, lo squilibrio economico e l’alto livello reddituale del coniuge destinatario della domanda non costituiscono, da soli, elementi decisici per l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno.

Nella sostanza, il parametro della differenza reddituale tra i coniugi non è più risolutivo, perchè correlato alla ricostituzione del tenore di vita matrimoniale che, tuttavia, è estranea alla finalità dell’assegno come delineata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

4.3 Tanto premesso, la statuizione impugnata risulta focalizzata prevalentemente sulla sussistenza di una situazione di disequilibrio della situazione economica delle parti che giustifica la previsione di un assegno divorzile a favore della parte economicamente più debole, al fine di garantire alla stessa la conservazione di un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in corso di matrimonio e ha addirittura sostenuto che il tenore di vita da tenere in considerazione dovesse essere quello goduto dalla famiglia al momento della separazione consensuale, traendo elementi presuntivi del disequilibrio dagli accordi di separazione e in particolare dalla previsione di un assegno di mantenimento a carico del marito di Euro 600.000, mensili.

La Corte di appello di Firenze, inoltre, ha ritenuta corretta la valutazione operata dal primo giudice dell’impossibilità della C., insegnante, di mantenere con i propri mezzi il tenore di vita quale poteva configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, anche sull’assunto che il reddito di lavoro dipendente di insegnante della C. non aveva subito nel tempo significative variazioni, al contrario dello Z., che aveva ricevuto un cospicuo incentivo all’esodo e il trattamento di fine rapporto.

La ratio decidendi posta a fondamento della decisione contrasta, quindi, con i principi stabiliti dalla richiamata giurisprudenza di legittimità.

5. Per quanto esposto, la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai tre motivi del ricorso principale, con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del grado di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del grado di legittimità. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2020

 

 

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