Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16692 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16692 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 2703-2008 proposto da:
GLASTECH PRODUKTIONS UND VERFAHRENSTECHN IK GMBH
(prima denominata GLASTECHNISCHE INDUSTRIE PETER LISEC
GESELLSHAFT m.b.h.) in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA MAROCCO 18, c/o studio TRIVOLI E
ASSOCIATI, presso lo studio dell’avvocato TRIVOLI
ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende con procura
speciale notarile del Not. Dr. MAG ERWIN KOLLERMANN
GRISSENBERGER in AMSTERDAM (AUSTRIA) rep. n. 1473/07
del 29/08/2007;
– ricorrente –

Data pubblicazione: 03/07/2013

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
controrícorrente

avverso la sentenza n. 16/2007 della COMM.TRIB.REG.

di

ROMA, depositata il 09/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/04/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato PASQUALI delega
Avvocato TRIVOLI che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che
si riporta al controricorso e chiede il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO.
1. Con sentenza n. 16/10/07, depositata il 9.2.07, la
Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva
l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio
di Roma 6 avverso la decisione di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla Glastech
Produktions und Verfahrenstechnik Gmbh, con sede legale
in Austria, nei confronti del provvedimento di diniego di
rimborso
dell’IVA
relativo
all’anno
2000,
emesso
dall’Amministrazione finanziaria, in data 10.4.03.
2. La CTR – in riforma della decisione di primo grado riteneva, invero, che la domanda di rimborso – presentata
dalla contribuente in data 2.7.01 – fosse tardiva, ai
sensi degli art. 7 dell’VIII Direttiva CEE n. 1072/79 e l
del D.M. 20.5.82, cui rinvia l’art. 38 ter del d.P.R.
633/72, per cui la medesima era da considerarsi decaduta
dal diritto al rimborso di imposta.
3. Per la cassazione della sentenza n. 16/10/07 ha proposto ricorso la società Glastech Produktions und Verfahrenstechnik Gmbh articolando quattro motivi, ai quali
l’Agenzia delle Dogane ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO.
1. In data 2.7.01, la Glastech Produktions und Verfahrenstechnik Gmbh, società di diritto austriaco esercente
l’attività di fabbricazione di macchinari industriali per
la lavorazione del vetro, presentava domanda di rimborso,
ai sensi dell’art. 38 ter d.P.R. 633/72, dell’IVA assolta
nell’anno 2000. A tal fine, l’istante deduceva che i predetti macchinari venivano regolarmente ceduti a clienti
italiani, dietro corrispettivo comprensivo anche
dell’installazione, eseguita – per suo conto – da una società italiana, la quale provvedeva, dipoi, ad emettere
fattura con addebito di IVA nei confronti della committente austriaca. Quest’ultima provvedeva, pertanto, a richiedere il rimborso dell’imposta pagata all’ Amministrazione finanziaria italiana nell’anno in questione, in
forza della disposizione succitata, essendo l’istante un
società che non possiede una stabile organizzazione in
Italia, che è priva di rappresentante ai fini IVA ex art.
17 d.PR. 633/72, e che, nel corso dell’anno 2000, non
aveva compiuto in Italia alcuna cessione di beni o prestazione di servizi.
1.1. La domanda di rimborso veniva, peraltro, rigettata
dall’ Amministrazione finanziaria con provvedimento del
10.4.03, sul presupposto della sua tardività, essendo
stata presentata – non nel termine di legge con scadenza
il 30.6.01 – bensì soltanto in data 2.7.01, ovverosia oltre il termine semestrale previsto dagli art. 7 dell’VIII
Direttiva CEE n. 1072/79 e 1 del D.M. 20.5.82, cui rinvia
l’art. 38 ter del d.P.R. 633/72.
1.2. Il successivo ricorso nei confronti il provvedimento
di diniego, proposto in sede giurisdizionale dalla società estera, accolto in prime cure, veniva rigettato in
grado di appello dalla CTR del Lazio, con sentenza n.
16/10/07, avverso le cui statuizioni la Glastech Produktions und Verfahrenstechnik Gmbh ricorre per cassazione,
sulla base di quattro censure.

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2. Con il primo motivo di ricorso, la suddetta società
denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.
38 ter del d.P.R. 633/72, l del D.M. 20.5.82, 7 dell’VIII
Direttiva CE n. 1072/79, 152 c.p.c. e 21 d.lgs. 546/92,
in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
2.1. Osserva la ricorrente che del tutto erroneamente la
CTR avrebbe ritenuto il termine di sei mesi, previsto dagli artt. 38 ter del d.P.R. 633/72, 1 del D.M. 20.5.82, e
7 dell’VIII Direttiva CE n. 1072/79, fosse un termine perentorio, laddove l’unico termine di decadenza in materia
di rimborsi IVA sarebbe quello biennale – peraltro, rispettato dalla società austriaca – previsto dall’art. 21
del d.lgs. n. 546/92. D’altro canto, ritenere applicabile
in subiecta materia, per i soli soggetti non residenti,
un termine decadenziale più ristretto rispetto a quello
dettato per le istanze di rimborso dello stesso tributo
proposte dai soggetti residenti, si tradurrebbe – a parere della ricorrente – in “una violazione dei principi comunitari di non discriminazione e di equivalenza”.
2.2. Il motivo è infondato.
2.2.1. Va osservato, infatti, che il quadro normativo di
riferimento, concernente la materia dei rimborsi IVA a
soggetti non residenti, può essere – in sintesi – determinato come segue.
A norma dell’art. 7 della Direttiva CE n. 1072/79 la domanda di rimborso dell’imposta da parte dei soggetti passivi non residenti in Italia “deve essere presentata al
servizio competente (…) entro i sei mesi successivi allo
scadere dell’anno civile nel corso del quale l’imposta è
divenuta esigibile”.
L’art. 16 del d.P.R. n. 793/81, quindi, allo scopo di
adeguare la normativa nazionale alle Direttive comunitarie in materia, ha – dipoi – introdotto nel d.P.R. 633/72
l’art. 38 ter, che contiene la disciplina di base
dell’esecuzione dei rimborsi a soggetti non residenti,
rinviando, peraltro, ad un emanando decreto ministeriale
di stabilire “le modalità e i termini relativi all’ esecuzione dei rimborsi, le modalità e i termini per la richiesta degli stessi, nonché le prescrizioni relative al
coordinamento tra i vari uffici IVA ai fini del controllo
dei rimborsi”.
Tali disposizioni di dettaglio sono state, infine, adottate con il D.M. 20.5.82, secondo cui, a decorrere
dall’anno 1982, il rimborso in questione può essere richiesto, dai soggetti non residenti, per trimestri solari, “su istanza degli interessati da presentare entro il
30 giugno dell’anno solare successivo a quello cui il
trimestre si riferisce”.
2.2.2. Orbene, la disciplina succitata, comunitaria e nazionale, connotata dalla mancata previsione espressa della perentorietà del termine per la presentazione delle
istanze di rimborso, aveva, peraltro, indotto non poche
incertezze interpretative nella giurisprudenza di questa
Corte, che avevano – di conseguenza – dato vita a due opposti indirizzi: il primo, nel senso della perentorietà
del termine di cui all’art. 7 dell’VIII Direttiva CE n.
1072/79 e, giocoforza, di quello previso dalla normativa

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Cass.
.D.M. 20.5.82)
(Per tutte,
nazionale
(art.
1
5559/05, 9142/05); il secondo, nel senso della non perentorietà di detti termini, con conseguente applicabilità
del più ampio termine biennale di decadenza di cui
all’art. 21 del d.lgs. n. 546/92 (ex plurimis, Cass.
7181/09, 23855/09).
2.2.3. La questione interpretativa è stata, quindi, chiarita definitivamente dalla Corte di Giustizia della U.E.,
a seguito di rinvio pregiudiziale, ex art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, operato da
questa Corte, con ordinanza n. 11456/11.
Ebbene, la Corte europea, muovendo dal rilievo secondo
cui lo scopo dell’VIII Direttiva IVA è di armonizzare le
legislazioni degli Stati membri in materia di rimborsi di
imposta a favore dei soggetti non residenti, ha osservato
che la previsione di un termine ordinatorio, da parte
della legislazione comunitaria, avrebbe finito col consentire agli Stati membri di applicare la normativa nazionale in tema di prescrizione, non armonizzata a livello di Unione Europea. Ne sarebbe derivata l’applicabilità
di termini di prescrizione diversi da uno Stato membro
all’altro, in contrasto con la finalità dell’ottava Direttiva – enucleabile dal suo terzo considerando – di
“por fine alle divergenze fra le disposizioni attualmente
in vigore negli Stati membri”.
E comunque, quand’anche gli Stati non avessero fatto ricorso alla propria normativa nazionale in materia di prescrizione, ma si fossero rifatti esclusivamente al termine di cui all’VIII Direttiva, inteso come meramente ordinatorio, il risultato pratico sarebbe stato quello di
consentire la possibilità di avanzare una richiesta di
rimborso dell’VA, da parte dei soggetti non residenti,
sostanzialmente senza alcun limite temporale. Siffatto
risultato si sarebbe, tuttavia, posto in evidente contrasto con il principio della certezza del diritto, in forza
del quale – secondo una consolidata giurisprudenza comunitaria (tra le più recenti, C. Giust. CE, 21.1.10, C472/08) – la situazione tributaria del soggetto passivo
di imposta non può essere posta indefinitamente in discussione.
La Corte ha concluso, pertanto, nel senso che il termine
di sei mesi, previsto dall’art. 7 della Direttiva n. 1072
79, per la presentazione – da parte di un soggetto non
residente all’interno del Paese – di un’istanza di rimborso dell’IVA, è un termine perentorio, stabilito, quindi, a pena di decadenza dal diritto di proporre l’istanza
in parola (cfr. C. Giust. CE, 21.6.12, C-294/11).
2.2.4. Da tutto quanto suesposto discende, dunque, con
riferimento al caso di specie, che l’IVA, addebitata in
Italia alla Glastech Produktions und Verfahrenstechnik
Gmbh nel corso dell’anno 2000, avrebbe dovuto essere
chiesta dalla contribuente, a pena di decadenza, entro e
non oltre il 30.6.01, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva n. 1072/79 e 1 del D.M. 20.5.82, di guisa che, la domanda di rimborso presentata dalla predetta società soltanto in data 2.7.01 deve ritenersi – come correttamente
affermato dalla CTR nell’impugnata sentenza – proposta

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fuori termine, e perciò tardiva; di conseguenza, la ricorrente non può che essere considerata decaduta dal diritto al rimborso in discussione.
3. Con il secondo motivo di ricorso, la Glastech Produktions und Verfahrenstechnik Gmbh denuncia, peraltro, la
violazione e falsa applicazione degli artt. 38 ter d.P.R.
633/72, 1 del D.M. 20.5.82, 7 della Direttiva CE n.
1072/79 e 3 del Regolamento CEE- Euratom n. 1182/71, in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
3.1. Deduce, infatti, la ricorrente che il giorno di scadenza del suddetto termine per la presentazione
dell’istanza di rimborso, ossia il 30.6.01, cadeva di sabato, per cui – a norma dell’art. 3, par. 4 del Regolamento CEE – Euratom n. 1182/71 – tale scadenza avrebbe
subito, ope legis, un’automatica proroga al lunedì successivo e, quindi, al 2.7.01, giorno in cui la società
austriaca aveva, per l’appunto, presentato l’istanza di
rimborso in discussione. Per il che, a parere della ricorrente, quand’anche il termine semestrale suindicato,
previsto dall’art. 7 dell’VIII Direttiva CE n. 1072/79, e
riprodotto dal D.M. 20.5.82, fosse da considerarsi perentorio, detta istanza sarebbe stata, comunque, proposta
nel pieno rispetto del termine in parola.
3.2. Il motivo è infondato.
3.2.1. Va, difatti, osservato che il regolamento CEE Euratom n. 1182/71 – allo scopo di stabilire norme generale e uniformi in materia di periodi di tempo, date e
termini degli atti posti in essere dalle istituzioni comunitarie – distingue, in proposito, i “periodi di tempo”, oggetto degli artt. 2 e 3, dalle “date e termini”,
oggetto degli artt. 4 e 5. Per quanto concerne i primi,
dall’art. 3 del Regolamento in esame si evince, invero,
che la nozione di “periodo di tempo” riguarda un periodo
espresso in ore, giorni, settimane, mesi od anni, senza
riferimento ad una data o ad un evento determinato. Di
contro, gli artt. 4 e 5 riguardano quegli atti che devono
essere compiuti ad una data determinata, o entro un dato
tempo, a partire da una data o da un evento, a loro volta, precisamente determinati (cfr., in tal senso, C.
Giust. CE, 22.11.73, 0 – 139/73).
3.2.2. Orbene, il Regolamento in esame prevede espressamente la proroga dei “periodi di tempo” che scadono di
sabato, di domenica o in un giorno festivo, stabilendo al
riguardo, all’art. 3, par. 4, che “se l’ultimo giorno del
periodo di tempo espresso non in ore è un giorno festivo,
una domenica o un sabato, il periodo di tempo termina con
lo spirare dell’ultima ora del giorno lavorativo successivo”. Com’è si desume con tutta evidenza dal tenore letterale della norma, la previsione in parola è, pertanto,
applicabile ai soli “periodi di tempo”, esulandone del
tutto la disciplina delle date e dei termini contenuta
negli artt. 4 e 5 del Regolamento, per i quali detta proroga non è in alcun modo prevista. Il che, del resto, si
evince con chiarezza dall’art. 5, par. l, laddove dispone
che “(…) le disposizioni dell’articolo 3 , ad eccezione
dei paragrafi 4 e 5, si applicano quando un atto può o
deve essere compiuto, in applicazione di un atto del Con-

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siglio o della Commissione, ad un momento determinato”.
D’altro canto, la ratio della succitata disposizione di
proroga dei soli “periodi di tempo” si giustifica per
l’incertezza che potrebbe venire a determinarsi, in caso
di scadenza del periodo in considerazione nel giorno di
sabato o in un giorno festivo, per il fatto che, a norma
dell’art. 3, par. 3, i “periodi di tempo” – salvo espressa esclusione – comprendono, per l’appunto, anche i giorni festivi, le domeniche e i sabati.
3.2.3. Ne discende che la data-limite entro la quale un
determinato evento deve verificarsi, o un atto deve essere compiuto, rientra nella nozione di “termine” di cui
agli artt. 4 e 5 del Regolamento n. 1182/71, e non può
essere considerata un “periodo di tempo” ai sensi
dell’art. 3 (C. Giust. 22.11.73, cit.), come tale assoggettabile a proroga a norma del co. 4 della medesima disposizione.
3.2.4. Premesso quanto precede in via di principio, è,
pertanto, del tutto palese, a giudizio della Corte,
l’errore in cui è incorsa la società ricorrente, laddove
ha invocato la proroga al successivo giorno feriale, non
della data di scadenza di un “periodo di tempo” – che può
essere previsto per i fini più diversi dagli atti comunitari – bensì di un termine di decadenza per il compimento
di un atto (la richiesta di rimborso IVA) da compiersi
entro una data determinata (30.6.01), in forza di un atto
di una istituzione comunitaria (tale dovendo indubbiamente considerarsi la Direttiva n. 1072/79, che è un atto
del Consiglio della Comunità Europea).
3.2.5. La censura in esame, pertanto, non può che essere
disattesa.
4. Con il terzo motivo di ricorso, la Glastech Produktions und Verfahrenstechnik Gmbh denuncia la violazione
dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4
c.p.c.
4.1. Si duole, invero, la ricorrente del fatto che la CTR
abbaia omesso di pronunciarsi sulla questione, proposta
dalla Glastech Produktions und Verfahrenstechnik Gmbh nel
giudizio di appello, concernente la pretesa nullità del
provvedimento di diniego del rimborso IVA, poiché notificato alla contribuente oltre “il termine di sei mesi dalla data di presentazione della richiesta”, in violazione
dell’art. 38 ter, co. 3 d.P.R. 633/72, che ha recepito
analoga previsione di cui all’art. 7, n. 4 della Direttiva CE n. 1072/79. L’omissione determinerebbe, pertanto, a
parere della ricorrente, la nullità dell’impugnata sentenza, per violazione del disposto dell’art. 112 c.p.c.
4.2. La censura è infondata.
4.2.1. E’ bensì vero, infatti, che la questione in parola
era stata sollevata con i motivi di appello dalla società
austriaca, come si evince dalla stessa impugnata sentenza
(p. 4), e tuttavia siffatta omissione non può comportare
un accoglimento del ricorso con rinvio ad altro giudice,
con riferimento al motivo de quo. Ed invero, il rilievo
del vizio di omessa pronuncia su un motivo di appello può
comportare la cassazione con rinvio dell’impugnata sentenza soltanto quando la questione di diritto, posta con

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il suddetto motivo, sia fondata, dovendo, in caso contrario, la Corte provvedere – alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo
di cui all’art. 111, co. 2, Cost., nonché di una lettura
costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c. – ad
integrare la decisione di appello di rigetto, pronunciandosi nel merito della questione pretermessa, di modo che
la decisione da rendere venga a confermare il dispositivo
della sentenza di secondo grado, determinando l’inutilità
di un ritorno della causa in fase di merito (ex plurimis,
Cass. 2313/10, 5729/12).
Ebbene, non può revocarsi in dubbio, a giudizio della
Corte, che nel caso di specie il motivo di ricorso, concernente la pretesa nullità e inefficacia del provvedimento di diniego, si palesi del tutto infondato.
4.2.2. Ed invero, la violazione del termine di sei mesi
previsto dalla disposizione dell’art. 7 n. 4 della Direttiva 1072/79 e dalla derivata disposizione di cui
all’art. 38 ter, co. 3 d.P.R. 633/72, stante il tenore
letterale delle norme in questione, se, per un verso, non
può incidere sul diritto del soggetto non residente di
percepire il rimborso dell’IVA tempestivamente richiesto,
per altro verso, non può – di per sé solo – determinare
la nullità del provvedimento di diniego del rimborso, che
si fondi sull’assorbente ragione della decadenza di detto
soggetto dal diritto al rimborso medesimo, per mancato
rispetto del termine perentorio per la relativa richiesta. In tale ultima evenienza, infatti, non è certo il
ritardo nel comunicare la decisione negativa che può incidere sul diritto del contribuente, essendo tale diritto
ormai definitivamente precluso, a monte, per effetto del
ritardo nel proporre la relativa istanza.
La violazione di tale termine – inidoneo ad incidere sulla validità dell’atto di diniego – potrà, pertanto, al
più integrare la responsabilità dello Stato per omessa
attuazione della Direttiva comunitaria in parola, a seguito di apposita procedura di infrazione da parte delle
istituzioni comunitarie competenti (cfr. C. Giust.
3.6.92, C-287/91).
4.2.3. Per tali ragioni, dunque, la proposta censura non
può essere accolta.
5. Con il quarto motivo di ricorso, la Glastech Produktions und Verfahrenstechnik Gmbh denuncia la violazione
dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4
c.p.c.
5.1. Deduce, al riguardo, la ricorrente che la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sulla questione, riproposta
dalla società austriaca in appello, relativa al legittimo
affidamento della contribuente, tutelato dall’art. 10
della 1. 212/00 (Statuto del contribuente), che sarebbe
stato determinato dalla circolare dell’Amministrazione
finanziaria n. 203/E del 6.11.00. Tale circolare, invero,
nello stabilire l’equiparazione del sabato ai giorni festivi, e nel disporre, pertanto, che tutte le scadenze
che cadano di sabato debbano essere necessariamente differite al primo giorno lavorativo successivo, avrebbe
creato una situazione di legittimo affidamento della con-

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tribuente estera, che avrebbe dovuto indurre l’ Amministrazione ad applicare le norme sull’istanza di presentazione del rimborso IVA in conformità alle istruzioni da
essa stessa fornite con la succitata circolare. In difetto, il giudice di merito – e segnatamente quello di appello – avrebbe dovuto farsi carico di tale omessa tutela
del legittimo affidamento della contribuente, dichiarando
la nullità dell’atto di diniego sotto tale profilo.
Per il che, l’omissione di pronuncia in proposito determinerebbe, ad avviso della ricorrente, la nullità
dell’impugnata sentenza, per violazione del disposto
dell’art. 112 c.p.c.
5.2. Il motivo è infondato.
5.2.1. Pur dovendo, invero, rilevarsi che la CTR non si è
in alcun modo pronunciata sulla questione in esame, tuttavia, come per la censura precedente, siffatta omissione
non può determinare la cassazione della sentenza di appello con rinvio, essendo la questione stessa, a giudizio
della Corte, palesemente infondata.
5.2.2. Ed invero, secondo il costante insegnamento di
questa Corte, le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, per
cui, qualora il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’amministrazione in una
circolare, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni, in base al principio di tutela dell’affidamento, come ora espressamente sancito dall’art. 10, co.
2, della legge n. 212/00 (c.d. Statuto del contribuente),
senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione
tributaria, secondo le modalità stabilite dalla legge che
la disciplina. Per vero, la succitata norma dell’art. 10,
a differenza di quella dell’art. 11 della medesima legge
– che prevede la nullità degli atti impositivi dell’ Ufficio ogni qual volta il contribuente si sia adeguato ad
un esplicito responso dell’Amministrazione finanziaria,
motivatamente espresso in esito alla particolare procedura dell’interpello – non incide in alcun modo sulla validità degli atti dell’Amministrazione finanziaria, ma solo
– come dianzi detto – sulla non debenza delle sanzioni,
in ipotesi applicabili al caso di specie (cfr. Cass.
2133/02, 19479/09, 21070/11, 3757/12).
5.2.3. Ne discende che, nel caso concreto, l’essersi la
contribuente adeguata all’erronea interpretazione della
normativa in materia di rimborsi IVA ai soggetti non residenti, fornita dall’Ufficio nella succitata circolare
n. 203/E del 6.11.00, non può in alcun modo determinare per i motivi suesposti – la nullità dell’atto di diniego
del rimborso IVA adottato dalla stessa Amministrazione
finanziaria.
6. Il ricorso della Glastech Produktions und Verfahrenstechnik Gmbh, per tutte le ragioni che precedono, non
può, pertanto, che essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio,
nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;

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8

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del
presente giudizio, che liquida in C 12.500,00, oltre alle
spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 22.4.2013.

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