Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1669 del 27/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 27/01/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 27/01/2010), n.1669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

S.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 395/40/04 Commissione tributaria regionale

della Campania, depositata il 9.7.2004;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di

consiglio del 18 dicembre 2009 svolta dal consigliere relatore dott.

Mario Bertuzzi;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale dott. LECCISI Giampaolo che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di un solo motivo, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania in epigrafe indicata, che, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, aveva accolto il ricorso del contribuente, libero professionista, contro il silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza di rimborso irap per gli anni 1999 e 2000, escludendolo per il 1998.

L’intimato non si è costituito.

Attivata procedura ex art. 375 cod. proc. civ., gli atti sono stati trasmessi al Procuratore Generale, che ha concluso per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e per il suo rigetto per manifesta infondatezza.

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 114, e D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36 assumendo che ai sensi di tali disposizioni debbono considerarsi soggetti ad irap tutti i lavoratori autonomi esercenti arti e professioni, quale che sia il grado di intensità organizzativa impresso alla propria attività, rimanendone sottratti solo coloro che svolgono attività di collaborazione coordinata e continuativa.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Questa Corte ha affermato il principio secondo cui, in tema di irap, l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass. 3678/07 ed altre).

La ratio decidendi della sentenza impugnata è conforme a tale principio e d’altro canto non vi è censura alcuna riguardo alla motivazione dell’accertamento di fatto operato dal giudice tributario.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

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