Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16688 del 14/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/06/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 14/06/2021), n.16688

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15319-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato FRANCO CARLINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO LUIGI

BATTAGLIESE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6758/2016 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA,

depositata il 13/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/02/2021 dal Consigliere Dott. RAFFAELE MARTORELLI.

 

Fatto

C.M., in qualità di Trustee del Trust “(OMISSIS)”, impugnava l’avviso di liquidazione dell’imposta sulle successioni e donazioni e delle imposte ipotecarie e catastali e relative sanzioni, emesso dall’agenzia delle Entrate. Con successiva memoria, depositata in data 29 maggio 2015, alla luce della sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale, contestava l’inesistenza giuridica dell’atto impositivo per carenza della funzione dirigenziale e relativi poteri connessi del sottoscrittore dell’avviso di rettifica impugnato. La CTP accoglieva il ricorso rilevando l’inesistenza dell’atto impositivo poichè sottoscritto da soggetto privo della qualifica dirigenziale e dei relativi poteri, ritenendo assorbiti i motivi di merito del ricorso.

La CTR, in ordine alla carenza di firma del sottoscrittore dell’atto impositivo, osservava che l’eccezione risultava superata dalla giurisprudenza della Suprema Corte che, con plurime decisioni, aveva ritenuto infondata la questione prospettata. Passando all’esame del merito, la CTR rigettava le argomentazioni a sostegno dell’atto impositivo, laddove aveva ritenuto l’applicabilità dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni al Trust. Quanto dedotto dall’Ufficio era, infatti, in contrasto con la più recente giurisprudenza della Suprema Corte (Sentenza n. 21614 del 05 ottobre 2016). Rigettava, pertanto l’appello dell’Ufficio e, per l’effetto, confermava la sentenza dl primo, ancorchè con diversa motivazione.

Proponeva ricorso l’Agenzia delle Entrate che deduceva:

1. Violazione o falsa applicazione del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, e del D.Lgs. n. 347 del 1990, artt. 2 e 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il contribuente si costituiva con controricorso.

Diritto

RITENUTO

Che:

Deduce l’Ufficio che, premesso che era circostanza pacifica e non contestata in giudizio che la controversia traesse origine dall’atto di costituzione del trust (OMISSIS), con cui i sigg.ri C.A. e C.P. (padre e figlio) avevano costituito il trust in favore dei propri discendenti in linea retta (atto registrato presso l’Ufficio Territoriale di Milano (OMISSIS)), tale assetto negoziale di interessi era sempre da ritenersi rilevante ai fini fiscali (D.L. n. 262 del 2006), indipendentemente dalla natura (onerosa o gratuita).

Il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, convertito con modificazioni dalla L. n. 286 del 2006, aveva reintrodotto nell’ordinamento giuridico italiano l’imposta sulle successioni e donazioni estendendone l’ambito di applicazione alla “costituzione di vincoli di destinazione”, nella cui fattispecie era ricompreso anche il “TRUST”. Infatti, il D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 6, rubricato “Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria” aveva dettato una specifica disciplina per la “… costituzione di vincoli di destinazione…”, prevedendone l’assoggettamento all’imposta di registro. Il regime fiscale introdotto dal D.L. n. 262 del 2006, era stato successivamente modificato dalla L. di conversione 24 novembre 2006, n. 286. Detta legge, che non aveva convertito il predetto decreto, art. 6, aveva invece ripristinato l’imposta sulle successioni e donazioni, siccome disciplinata dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente al 25 ottobre 2001.

Contestualmente, aveva disposto l’applicazione di tale imposta “… alla costituzione dei vincoli di destinazione…” (D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2006, n. 286, art. 2, commi dal 47 al 49).

Da ultimo, la finanziaria 2007 aveva integrato la disciplina dell’imposta in esame, introducendo, tra l’altro, determinate franchigie in favore dei parenti in linea collaterale e dei portatori di handicap, nonchè esenzioni per il trasferimento a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali o di azioni (art. 1, commi da 77 a 79).

Attualmente, secondo la tesi dell’Ufficio, la costituzione dei vincoli di destinazione, come il Trust, era soggetta all’imposta sulle successioni e donazioni secondo le disposizioni stabilite dal D.L. n. 262 del 2006, art. 2, commi da 47a 49. In tal senso varie decisioni della S.C. avevano suffragato tale tesi.

Il motivo non è fondato.

Va rilevato che, dopo un primo orientamento giurisprudenziale, basato sull’interpretazione letterale del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, nel senso che, oltre alla reintroduzione dell’imposta sulle liberalità sarebbe stata, anche, ex novo, introdotta una nuova autonoma generale imposta “sulla costituzione dei vincoli di destinazione” (con la conseguenza che detti atti andavano sottoposti alla medesima imposta gravante sulle successioni e donazioni), si è andato consolidando, in seguito, un orientamento di segno opposto.

Secondo tale ultimo orientamento, non può condividersi l’interpretazione letterale D.L. n. 262, art. 2, comma 47 ss., nel senso testè riportato, osservandosi che l’unica imposta espressamente istituita è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale, per ulteriore espressa disposizione, debbono andare anche assoggettati i “vincoli di destinazione”, con la conseguenza che il presupposto dell’imposta rimane quello stabilito dal D.Lgs. n. 346 cit., art. 1, del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari.

La ratio legis del D.L. n. 262 cit., art. 2, comma 47 ss., va dunque ravvisata nella volontà di evitare che un’interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni, disciplinata mediante richiamo al già abrogato D.Lgs. n. 346 cit., possa dar luogo alla esenzione da imposizione in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari, quando gli stessi siano stati contemporaneamente assoggettati a vincoli di destinazione. Tale interpretazione, peraltro, è conforme al principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. realizzandosi il presupposto impositivo in capo al contribuente solo al momento della acquisizione di ricchezza.

Ed è stato riconosciuto che tra gli atti di “costituzione di vincoli di destinazione” di cui all’art. 2, comma 47, cit. rientra anche il trust. Dunque è stato affermato che la costituzione del vincolo di destinazione di cui al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, conv. in L. n. 286 del 2006, non costituisce autonomo presupposto impositivo, essendo necessario un effettivo trasferimento di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Conseguentemente è stato ritenuto che nel caso di trust cd. autodichiarato, ove disponente e trustee coincidano, non ricorre il presupposto del reale arricchimento mediante effettivo trasferimento di beni e diritti, in quanto il disponente beneficerà i suoi discendenti o se stesso, se ancora in vita, al momento della scadenza (Cass. n. 8082 del 23/04/2020; n. 16699 del 21/06/2019; n. 19167 del 17/07/2019; n. 31445 del 05/12/2018; n. 21614 del 26/10/2016).

Questo collegio intende dare continuità, condividendone l’assunto, al secondo orientamento di più recente formazione. Pertanto il ricorso va rigettato. Le spese si compensano in considerazione del consolidarsi della giurisprudenza sul punto controverso in epoca successiva alla proposizione del ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza da remoto, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2021

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