Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16688 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/08/2016, (ud. 17/02/2016, dep. 09/08/2016), n.16688

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14784-2010 proposto da:

CABARET LUMIERE SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA 79, presso lo studio

dell’avvocato FILIPPO LUBRANO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIANNI MARIA SARACCO giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI (OMISSIS) in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 78/2009 della COMM.TRIB.REG. del Piemonte,

depositata il 24/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso affidato ad un unico motivo, la società “Cabaret Lumiere s.r.l.” ha impugnato la sentenza n. 78/26/09 del 24.11.2009 con cui la Commissione tributaria regionale del Piemonte, accogliendo l’appello dell’amministrazione finanziaria e riformando la decisione della Commissione tributaria provinciale di Torino, ha ritenuto corretto l’operato dell’Ufficio sia quanto al diniego del diritto di portare in detrazione nella dichiarazione relativa all’anno 2002 un credito Iva maturato nell’anno 2001, per il quale era stata però del tutto omessa la relativa dichiarazione (dovendo quel credito farsi semmai oggetto di separata istanza di rimborso), sia quanto alla procedura seguita (controllo automatizzato ex D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, piuttosto che accertamento in rettifica).

L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso, eccependo sia l’inammissibilità che l’infondatezza del motivo, proposto in relazione alla duplice censura di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e n. 5).

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con un unico motivo di ricorso viene denunziata “Violazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8 e D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 30 (art. 360 c.p.c., n. 3) – Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 11 Cost., art. 360 c.p.c., n. 5, art. 132 c.p.c. e art. 118 att. c.p.c.)”.

2. Il motivo muove dalla premessa che “l’impugnata sentenza… appare incorrere in una grave violazione” delle norme sopra citate, “che determina la contraddittorietà della motivazione stessa”, prosegue con il richiamo ai contenuti della Risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 74/E del 2007 e delle contrapposte pronunce di questa Corte n. 17067/06 e n. 433/08, per precisare infine che occorre tenersi conto dell’abrogazione, a far data dal 22.9.1998, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28, comma 4, il quale prevedeva che “la dichiarazione annuale deve essere presentata anche ai fini del rimborso previsto nell’art. 19, comma 5 detrazione”.

3. La censura, per come formulata, è inammissibile.

4. Invero, con essa vengono prospettati congiuntamente due vizi eterogenei (error in iudicando e vizio motivazionale) corrispondenti a ben distinti mezzi di impugnazione (ricondducibili all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) senza che, nell’ambito della formulazione unitaria del motivo, siano chiaramente individuabili le singole doglianze, ed apparendo anzi che siano proprio le plurime violazioni di legge dedotte (alcune delle quali tali da integrare addirittura l’ulteriore vizio di error in procedendo disciplinato dall’art. 360 c.p.c., n. 4) ad integrare la censura motivazionale, con l’effetto che resta impropriamente riversato su questa Corte il compito di individuare, all’interno dell’unica esposizione, i segmenti riconducibili alle distinte ipotesi di impugnazione disciplinate dal codice di rito.

5. Al riguardo, costituisce ius receptum di questa Corte il principio per cui “il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso”, ciascuno dei quali assume – “anche prima della riforma introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006” – “una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica, con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore”, non risultando perciò ammissibile una censura che cumuli, in un unico motivo, “una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati” (ex multis, Cass. nn. 5471/08, 18202/08, 19443/11, 21611/13, 19959/14, 22404/14, 25982/14, 26018/14, 5964/15; conf., da ultimo, ord. nn. 6735/16, 7656/16 e 12926/16).

6. Devono quindi ritenersi inammissibili motivi articolati in plurime censure, in modo tale che ne risulti assegnato alla Corte di legittimità il compito – che non le spetta – di interpretare, enucleare, integrare ed esplicitare i profili d’impugnazione (ex plurimis, Cass. nn. 1906/08, 9470/08, 9793/13, 12248/13, 25332/14, 5964/15; conf., da ultimo, sent. nn. 3605, 3606, 3843, 5696, 7215 e 7857 del 2016).

7. Peraltro, è anche illogico censurare l’insufficienza e contraddittorietà di una motivazione che si assume, allo stesso tempo, del tutto omessa, addirittura con richiamo di disposizioni processuali (art. 132 c.p.c. e art. 118 disp.att. c.p.c.) la cui violazione comporterebbe la ben più radicale conseguenza della nullità della sentenza impugnata.

8. Il difetto di ammissiblità del ricorso, in quanto rilievo processuale preliminare, rende irrilevante, in questa sede, la circostanza che le questioni di merito sottese alla pronuncia impugnata sono state oggetto di rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte con ordinanze n. 16053 dell’11 luglio 2014 e n. 22902 del 29 ottobre 2014.

9. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il motivo di ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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