Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16688 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16688 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 20775-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
189

contro

BRAMORI MUSIC COOP ARL in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIALE REGINA MARGHERITA 262-264, presso lo
studio dell’avvocato D’ANDRIA CATALDO, che lo
rappresenta e difende giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 03/07/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 136/2007 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 07/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/01/2013 dal Consigliere Dott. MARIO

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso in subordine accoglimento
per quanto di ragione.

CIGNA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La BRAMORI MUSIC COOP. a r.l. proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Roma avverso l’avviso di accertamento
con il quale l’Ufficio, in base a p.v.c. della Guardia di Finanza e in rettifica della dichiarazione presentata per
l’anno di imposta 1994, aveva recuperato a tassazione, a fini IRPEG ed ILOR, lire 95.612.000 per costi
indeducibili relativi a servizi di “fotocomposizione”, resi, in favore della contribuente, dalla EDITORIALE COVER
srl (società dello stesso gruppo della ricorrente), nonchè lire 180.000.000 per costi indeducibili relativi a
prestazioni di consulenza e pubblicità, rese sempre dalla EDITORIALE COVER in favore della contribuente;
dichiarato di avere corrisposto alla EDITORIALE COVER e la somma (lire 124.384.000) corrispondente al prezzo
mediamente praticato sul mercato per servizi analoghi, mentre i secondi erano ritenuti in toto indeducibili in
quanto la EDITORIALE COVER srl non possedeva strutture idonee a rendere il servizio cui gli stessi si riferivano.
La CTP rigettava il ricorso.
Con sentenza 30-5/7-6-2007 la CTR di Roma, in accoglimento dell’appello della contribuente, annullava
l’accertamento; in motivazione la CTR rilevava: che la circostanza che tra società dello stesso gruppo vi fossero
rapporti “rilevantissimi” era da ritenere del tutto normale; che vi erano in atti “numerose sentenze”, alcune
anche passate in giudicato, di altre sezioni della stessa CTR, dalle quali risultava l’assenza di irregolarità contabili
a carico della società contribuente; che anche in sede penale era stato dichiarato il “non luogo a procedere per
insussistenza del fatto” nei confronti di persone appartenenti alla compagine sociale e coinvolte in vicende
relative a richieste di contributi all’editoria; che i verbalizzanti, nel ritenere non congrui i prezzi per prestazioni
di “fotocomposizione”, avevano utilizzato un procedimento illogico, in quanto avevano preso a paragone
“tipologie diverse e non compatibili con quelle usate dall’appellante”; che lo stesso valeva anche per i “servizi di
consulenze pubblicitarie e marketing pubblicitario”.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato a quattro motivi;
resisteva con controricorso la BRAMORI MUSIC -societa’ cooperativa di giornalisti-.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia, deducendo -ex art. 360 n. 4 cpc- violazione e falsa applicazione dell’alt 132 cpc,
rilevava che la motivazione della sentenza era solo apparente, in quanto non pertinente con l’oggetto della
controversia; in particolare evidenziava che, a fronte di puntuali contestazioni relative a precise circostanze di
fatto (i costi per servizi di “fotocomposizione” non corrispondevano a quelli medi praticati sul mercato; la società
che avrebbe dovuto rendere le prestazioni di consulenza e pubblicità non aveva strutture idonee a rendere dette
prestazioni), la CTR si era limitata ad affermare che “il p.v.c. della Guardia di Finanza conteneva “meri indizi”, i
quali addirittura facevano assurgere a componente negativa il fatto che tra società dello stesso gruppo vi fossero
rapporti “rilevantissimi”, circostanza che invece era da ritenere del tutto normale proprio tra società dello stesso
Gruppo”.
Con il secondo motivo l’Agenzia, deducendo -ex art. 360 n. 5 cpc- omessa motivazione su un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, si doleva che la CTR, a fronte di circostanze di fatto puntualmente evidenziate dall’Ufficio

secondo l’Ufficio i primi erano pari alla differenza tra la somma (lire 220.000.000) che la contribuente aveva

si era limitata ad affermare che i rilevanti rapporti tra le menzionate società costituivano circostanza del tutto
normale e che il procedimento adottato dai verbalizzanti appariva illogico e non utilizzabile.
Con il terzo motivo l’Agenzia, deducendo -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione degli artt. 39,
comma 1, DPR 600/73, e 2697 cpc, rilevava che la CTR, erroneamente ed in violazione delle predette norme, pur
in presenza di elementi indiziari da cui l’Ufficio aveva tratto delle presunzioni (costi per fotoriproduzioni
superiori alla media e costi per servizi resi da società non in possesso della necessaria attrezzatura), aveva
disatteso tali presunzioni, senza che il contribuente avesse fornito alcun elemento contrario, sulla sola astratta
gruppo.
Detti motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono infondati.
Ritiene, invero, questa Corte che la sentenza impugnata, da esaminarsi per intero ed in relazione al complessivo
contenuto, sia, in primo luogo, adeguatamente motivata.
Al riguardo va, infatti, rilevato che la CTR, dopo avere affermato che i rilevanti rapporti tra le menzionate società
costituivano circostanza del tutto normale e che il procedimento adottato dai verbalizzanti appariva illogico e
non utilizzabile, ha affrontato nello specifico la sollevata questione della “congruità dei prezzi per prestazioni di
fotocomposizione” nonchè quella dei “servizi di consulenze pubblicitarie e marketing pubblicitario”, ed ha, al
proposito, ritenuto “illogico e non utilizzabile il procedimento adottato dai verbalizzanti che hanno preso a
paragone tipologie diverse e non compatibili con quelle usate dall’appellante”, esplicitando quindi, con siffatto
riferimento a dette tipologie (in uno alla normalità dei rapporti tra società dello stesso gruppo ed alle richiamate
sentenze), in risposta alle circostanze di fatto evidenziate dall’Ufficio, i motivi dell’annullamento (sul punto)
dell’avviso impugnato.
Siffatta considerazione comporta, poi, anche il rigetto del terzo motivo, posto che, contrariamente a quanto
sostenuto dall’Agenzia, la CTR non ha disatteso le presunzioni utilizzate dall’Ufficio (costi per foto riproduzioni
superiori alla media e costi per servizi resi da società non in possesso della relativa attrezzatura) in base alla sola
considerazione della normalità dei rapporti tra società dello stesso gruppo, ma, fondandosi sulle specifiche
osservazioni di cui sopra, ha ritenuto insussistente nella specie lo stesso elemento indiziario.
Con il quarto motivo di ricorso l’Agenzia, deducendo -ex art. 360 n. 3 cpc (rectius: art. 360 n. 5 cpc)-insufficiente
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevava che la CTR, nel far riferimento a
precedenti sentenze di altre sezioni della stessa CTR ed alla sentenza penale di non luogo a procedere per
insussistenza del fatto, non aveva indicato nè le parti nè l’oggetto nè l’imputazione, sicchè non poteva
comprendersi l’iter logico giuridico che aveva condotto la CTR a ritenere non fondati i su menzionati elementi
indiziari.
A prescindere dalla considerazione che le sentenze in questione sono state specificatamente riportate dalla
società nell’atto di appello (v. controricorso in Cassazione), sicchè appare evidente che la CTR ha inteso
riportarsi alle stesse pur senza analiticamente riproporle, rileva preliminarmente questa Corte che il motivo,
enunciato sub specie 360 n. 3 cpc ma certamente da ricondurre -per l’univoco contenuto dello stesso- all’ipotes

ed apodittica considerazione che le stesse circostanze integravano fatti del tutto normali tra società dello stesso

SENTE DA REGIST1kAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 2(yi,i../
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MATERIA TRIBUTM.itx

di cui all’art. 360 n. 5 cpc, è inammissibile per violazione dell’ art. 366 bis c.p.c. (applicabile perché la sentenza
impugnata è stata depositata in data 7-6-2007, quindi nel vigore del detto articolo, introdotto con il D. Lg.vo n. 40
del 2006 ed abrogato, ma solo dal 4 luglio 2009, con l’ art. 47, primo comma, lett. d) della legge n. 69 del 2009).
La complessiva doglianza è, infatti, materialmente priva del “momento di sintesi”, richiesto in tutte le ipotesi di
vizio sussumibile nel n. 5 dell’ art. 360 c.p.c.; ed invero, per costante e condiviso principio di questa Corte, nel
caso previsto dall’ articolo 360, primo comma, n. 5, l’ illustrazione di ciascun motivo del ricorso per cassazione
deve contenere, a pena di inammissibilità, sia la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, sia un momento di sintesi (omologo del quesito di
diritto), e cioè un’ indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’ illustrazione del
motivo e che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; ciò anche quando l’indicazione del fatto
decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la “ratio” che sottende la
disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in
condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito.
In conclusione, pertanto, va rigettato il ricorso.
Le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dei compensi di lite relativi al presente giudizio
di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 4.500,00, di cui euro 100,00 per spese.
Così deciso in Roma in data 17-1-2013 nella camera di Consiglio della sez. tributaria.

motivazione si assume omessa o contraddittoria, sia le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della

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