Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16687 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16687 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 21554-2007 proposto da:
FIPPI SPA in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA
GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato FISCHIONI
GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FERRAJOLI LUIGI giusta delega a margine;
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE
ENTRATE;
– intimati –

sul ricorso 27604-2007 proposto da:

Data pubblicazione: 03/07/2013

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

FIPPI SPA in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA
GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato FISCHIONI
GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FERRAJOLI LUIGI giusta delega a margine;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 102/2006 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 01/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/01/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato FISCHIONI che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso principale,
rigetto incidentale e deposita sentenza penale Trib.
Sez. dist. RI-IO n. 340/07;
udito per il controricorrente l’Avvocato CASELLI che
ha chiesto il rigetto del ricorso principale,
accoglimento incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per

contro

il

rigetto

del

ricorso

principale,

assorbito

l’incidentale, non si oppone al deposito della

sentenza.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
4

La CTP di Milano ha accolto il ricorso proposto dalla FIPPI SpA avverso l’avviso di accertamento con il quale
l’Agenzia delle Entrate di Rho, a seguito di p.v.c., aveva contestato, ai fini IRPEG, IRAP, IVA: 1) l’indebita
deduzioni di costi per euro 91.152,84, ritenuti non inerenti in quanto relativi a spese per migliorie di un
immobile non di proprietà della contribuente ma dalla stessa detenuto a titolo di locazione; 2) l’omessa
annotazione di ricavi per euro 1.659.577,37, ricostruiti induttivamente sulla base del contenuto di alcune
materie prime; 3) l’indebita deduzione di spese di manutenzione per euro 496.193,87, ritenute eccedenti il

Con sentenza 102/41/06 del 16-11/1-3-2007 la CTR di Milano, in parziale accoglimento dell’appello principale
proposto dal’Agenzia, confermava l’annullamento dell’avviso in ordine al primo rilievo e determinava in euro
14.681,25 i maggiori ricavi di cui al secondo rilievo ed in euro 295.453,23 i costi di manutenzione indeducibili di
cui al terzo rilievo.
In motivazione la CTR:
1) in ordine al primo rilievo, riteneva condivisibile quanto osservato dalla CTP, e quindi confermava la
deducibilità, ex art. 75, comma 5, TUIR, dei costi concernenti spese per migliorie di un immobile non in proprietà
ma solo condotto in locazione dalla società; ciò in quanto “il contratto di affitto dell’immobile strumentale non
prevedeva alcun indennizzo o rivalsa nei confronti della locataria”; al riguardo soggiungeva che la circostanza
che nell’esercizio successivo detti costi erano stati addebitati alla locataria dimostrava che le tesi dell’Ufficio
erano abbastanza attendibili, ma che comunque, “anche per evitare di sottoporre i medesimi importi a doppia
tassazione”, si poteva condividere la decisione adottata in prima istanza;
2) in ordine al secondo rilievo, precisava, innanzitutto, che l’accertamento dei maggiori ricavi derivava dal
controllo indiretto della produzione effettuato dai verificatori sulla scorta di dati forniti dalla stessa società
relativi alle quantità di materie prime utilizzate ed ai prezzi di vendita; affermava, quindi, che la società, sin dal
primo grado, dopo avere contestato i conteggi dei verificatori (in base ai quali, a secondo delle materie prime cellulosa, superassorbente, tape e frontal tape- utilizzate come riferimento, si era pervenuto ad un numero
complessivo diverso di pannolini prodotti), aveva evidenziato che i pannolini comunque venduti (confezionati,
impacchettati o sfusi) necessitavano sempre di un elemento adesivo (c.d. “tape”) che ne garantisse la chiusura,
sicché, proprio in base alla quantità di tape utilizzati, poteva ritenersi che fossero stati prodotti solo 148.472.234
pannolini (e non 161.500.000, per come assunto dai verificatori); di conseguenza, poteva affermarsi che i
maggiori ricavi accertabili ammontassero a lire 28.426.785 (euro 14.681,25); ciò posto, rilevava, la CTR che,
attese le incongruenze accertate in sede di determinazione delle quantità di sacchetti e la conseguente
inattendibilità delle registrazioni contabili, il controllo indiretto operato dai verificatori non poteva essere
disatteso “sic et simpliciter”, e concludeva che, pur essendo facilmente opponibile che i consumi rilevati di
“tape” non potevano attestare con assoluta certezza la effettiva produzione (“non potendosi escludere l’omessa
contabilizzazione di qualche fattura di acquisto di detti “tape” o di acquisti senza fattura, atteso anche il
modestissimo valore economico”), comunque, non avendo l’Ufficio fornito altri elementi probatori, appariva
“quantomeno assoggettabile a tassazione, a titolo di maggiori ricavi, l’importo di lire 24.426.765 co
determinato dalla Società stessa”;

plafond del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili (art. 67, comma 7, TUIR).

3) in ordine al terzo rilievo, riteneva che correttamente l’Ufficio aveva riclassificato come “spese di
manutenzione” alcuni costi e spese; in particolare dovevano infatti considerarsi spese di manutenzione ( e quindi
Incluse nel plafond) sia l’importo di lire 90.400.000, addebitato al conto “consulenze tecniche” quando invece le
relative fatture specificavano trattarsi di addebiti per manutenzione ordinaria, sia l’importo di lire 486.659.795,
relativo al costo del personale dipendente impiegato per eseguire le manutenzioni dei macchinari ed impianti e
per la gestione del magazzino ricambi, e pertanto di diretta imputazione alle manutenzioni interne; nello
specifico: a) in ordine all’importo di lire 90.400.000 la società aveva dedotto ma non provato (pur avendone il
relativo onere) che lo stesso era relativo a consulenze o comunque a compensi periodici dovuti
risultava che si trattava di compensi pagati a due fornitori privi di dette caratteristiche; b) in ordine all’importo
di lire 486.659.795 per costo del personale, la stessa società aveva dichiarato che non si trattava di personale
addetto alle lavorazioni ma di personale addetto alle manutenzioni interne; evidenziava, tuttavia, la CTR che
risultavano depositate fatture per spese di manutenzione su beni in leasing per l’importo di lire 388.045.098,
sicchè tale importo poteva essere dedotto dal recupero operato a titolo dì spese di manutenzione eccedenti il
plafond deducibile, e pertanto l’operato recupero poteva ridursi a lire 572.720.212 (lire 960.756.310 meno lire
388.045.098), pari ad euro 295.453,23.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione in via principale la società, affidato a tre motivi; in via
incidentale l’Agenzia, affidato a tre motivi; entrambe le parti controdeducevano con controricorso; l’Agenzia
delle Entrate presentava anche memoria ex art. 378 cpc.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale la società, deducendo —ex art. 360, comma 1 n. 5- omessa, insufficiente e
contradditoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, riteneva la decisione impugnata
manifestamente contradditoria in quanto, da un lato, affermava in generale l’inattendibilità del procedimento
induttivo di ricostruzione dei ricavi seguito dall’Ufficio, e, dall’altro, utilizzando una delle argomentazioni
formulate dalla società per dimostrare la scarsa attendibilità del detto procedimento (e quindi utilizzando lo
stesso criterio, in precedenza dichiarato inattendibile), rideterminava quantitativamente la pretesa erariale sub
2).
Siffatto motivo, ammissibile in quanto in sintesi riassunto al termine dell’esposizione, è infondato.
Non sussiste, invero, il lamentato vizio di motivazione, atteso che la CTR ha, del tutto correttamente e
logicamente, dapprima escluso l’attendibilità delle scritture contabili (in considerazione delle “incongruenze
accertate in sede di determinazione delle quantità dei sacchetti”) e quindi affermato la legittimità del controllo
indiretto operato dall’Ufficio sulla scorta dei dati forniti dalla società stessa; nell’esaminare, poi, nel merito,
l’affidabilità del criterio induttivo utilizzato dall’Ufficio, ha ritenuto “sbrigativa e superficiale” la decisione
adottata dalla CTP (che aveva in toto annullato la ripresa fiscale in questione, in quanto il criterio utilizzato non
teneva conto dell’unica componente indicativa, e cioè del “tape” di chiusura dei pannolini), precisando che il
detto criterio non poteva essere disatteso “sic et simpliciter” ma che lo stesso doveva considerarsi valido quanto
meno al fine di determinare il numero di pannolini venduti (ed il conseguente ricavo) in base ai riscontrati “ta e”
di chiusura; siffatto procedimento logico non appare per nulla contradditorio, atteso che con lo stesso, in al

contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni; al contrario, dalla documentazione agli atti

parole, si ritiene il criterio adottato dall’Ufficio inattendibile per giungere al risultato indicato dall’Ufficio
nell’avviso di accertamento ed invece pienamente attendibile per giungere ad una conclusione più ridotta
(numero di pannolini venduti collegati al numero di “tape” riscontrati) e sulla quale concorda sostanzialmente la
stessa società; quest’ultima, invero, nella sua difesa (v., in particolare, ricorso per Cassazione), nel mentre
evidenzia la scarsa attendibilità del procedimento di ricostruzione sommaria adottato dall’Ufficio (in quanto
conduce a risultati diversi a secondo della materia prima -sacchetti di confezionamento o cellulosa o
superassorbente- presa in considerazione), non contesta, ed anzi riconosce, un valore indiziante al “tape” di
chiusura; irrilevante, appare, invece, al proposito l’evidenziata esiguità del maggior ricavo, non vedendosi alcun

Con il secondo motivo di ricorso la società, deducendo -ex art. 360, comma 1, n. 3 cpc- violazione e falsa
applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d) dpr 600/73, dell’art. 54, comma 2, dpr 633/72 e degli artt. 2727 e
2729 cc, lamentava che la CTR, pur ribadendo l’esistenza di gravi incongruenze nel procedimento induttivo
seguito dall’Ufficio, non aveva poi affermato la completa inattendibilità delle presunzioni assunte dall’Ufficio, ed
aveva quindi rideterminato in euro 14.681,21 l’ammontare dei maggiori ricavi non dichiarati, evidenziando che
il contribuente non aveva fornito la specifica prova del non conseguimento di maggiori ricavi in tale misura; in
tal modo la CTR aveva violato le su riferite norme sulla ripartizione dell’onere della prova e sui requisiti di
rilevanza della prova presuntiva.
Anche detta censura è infondata.
Per costante e condiviso principio di questa Corte, invero, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la
presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile; in tali casi è, pertanto,
consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni
semplici – purché gravi, precise e concordanti -, maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento
dell’onere della prova a carico del contribuente (v. da ultimo, Cass. 7871/2012; 20857/07; 2501/2006;
6337/2002) .
Nel caso di specie, la CTR ha fatto corretta applicazione di siffatto principio, in quanto ha dapprima (come detto)
escluso (sulla base delle incongruenze accertate) l’attendibilità delle registrazioni contabili, ed ha poi desunto,
sulla base di prova presuntiva (grave, precisa e concordante) fornita dall’Ufficio, i maggiori costi come sopra
precisati; contrariamente a quanto sostenuto dalla società, non può dubitarsi che la prova presuntiva abbia,
nell’ipotesi in questione, i detti caratteri (gravità, precisione e concordanza), atteso che da un fatto noto e
pacifico (il numero dei “tape”) la CTR è giunta al fatto da provare (il numero dei pannolini prodotti ed il
conseguente ricavo dalla vendita degli stessi) attraverso un ragionamento strettamente logico (e cioè che per
ogni pannolino è necessario un “tape”), tale da far ritenere il fatto da provare quello più attendibile e probabile.
Il terzo motivo, con il quale l’Agenzia deduceva -ex art. 360 n. 5 cpc- difetto di motivazione, è inammissibile per
violazione dell’ art. 366 bis c.p.c. (applicabile perché la sentenza impugnata è stata depositata in data 1°-3-2007,
quindi nel vigore del detto articolo, introdotto con il D. Lg.vo n. 40 del 2006 ed abrogato, ma solo dal
2009, con l’ art. 47, primo comma, lett. d) della legge n. 69 del 2009).

motivo per disconoscere siffatto maggior ricavo (sia pur “esiguo”) dopo averne accertato la sussistenza.

La complessiva doglianza è, infatti, materialmente priva del “momento di sintesi”, richiesto in tutte le ipotesi di
vizio sussumibile nel n. 5 dell’ art. 360 c.p.c.; ed invero, per costante e condiviso principio di questa Corte, nel
caso previsto dall’ articolo 360, primo comma, n. 5, l’ illustrazione di ciascun motivo del ricorso per cassazione
deve contenere, a pena di inammissibilità, sia la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, sia le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, sia un momento di sintesi (omologo del quesito di
diritto), e cioè un’ indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’ illustrazione del
motivo e che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di
decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la “ratio” che sottende la
disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in
condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito.
Con il primo ed il secondo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia, deducendo ex art. 360 n. 5 cpc, insufficiente
(punto 3) e contradditoria (punto 4) motivazione, rilevava che la CTR aveva confermato l’annullamento della
prima ripresa (e quindi la deducibilità, ex art. 75, comma 5, TUIR, dei costi concernenti spese per migliorie di un
immobile non in proprietà ma solo condotto in locazione dalla società) senza in alcun modo esaminare le tesi
erariali esposte al riguardo, e comunque contraddittoriamente affermando, da una parte, l’attendibilità delle tesi
dell’Ufficio, e, dall’altra, al contrario, il superamento di tali tesi (e la condivisione della decisione adottata in
prima istanza) “anche per evitare di sottoporre i medesimi importi a doppia tassazione”.
Siffatti motivi sono fondati.
Ed invero, a fronte delle esplicite argomentazioni dell’Ufficio, secondo cui:
nel silenzio del contratto di affitto le spese sostenute su di un bene di terzi dovevano presumersi non inerenti ex
art. 75 TUIR;
la società nel bilancio 2012 aveva stornato la quasi totalità degli importi contabilizzati nel conto “migliorie beni
di terzi in locazione” relativi agli anni dal 1997 al 2000, con un giroconto al conto “fatture da emettere a FIP” per
un importo di lire 721.026.961 in cui erano ricompresi anche gli importi delle fatture contestate (operazione che
dimostrava che la stessa società aveva riconosciuto che il sostenimento delle spese in questione spettava alla
proprietaria FIP);,
la CTR, in modo palesemente contradditorio, da un lato, ha ritenuto attendibili le tesi dell’Ufficio, dall’altro, ha
condiviso la decisione di primo grado, che tuttavia aveva annullato la ripresa ed era pertanto in contrasto con le
su riportate tesi.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia, deducendo -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa
applicazione dell’art. 2697 cc, rilevava che la CTR, affermando che l’Ufficio non aveva fornito altri elementi
probatori e che quindi appariva assoggettabile a tassazione, a titolo di maggiori ricavi, quanto meno l’importo di
lire 28.426.765, aveva violato il criterio dell’onere della prova, secondo cui l’Amministrazione deve dimostrare

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formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; ciò anche quando l’indicazione del fatto

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Ai SENSI DEL DJ.R. 26,14.1 i9M
N. 131 T.A.!

– N. 5
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l’esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata ed il contribuente eventualmente
dimostrare l’esistenza di circostanze modificative od estintive.
Tale motivo è infondato.
La CTR, invero, ha correttamente applicato al caso di specie il su riportato criterio di ripartizione dell’onere della
prova e, proprio in relazione al detto criterio, ha ritenuto che l’Agenzia avesse provato la maggiore pretesa
tributaria solo in ordine ad un ridotto numero di pannolini (pari al numero di “tape”) e che, invece, non aveva
fornito altri elementi per ritenere accertata la vendita di un numero maggiore di pannolini e, in particolare, pur
non potendosi escludere l’omessa contabilizzazione di qualche fattura di acquisto di detti “tape”, di un numero di
pannolini superiore al numero di “tape” riscontrati.
In conclusione, pertanto, va rigettato il ricorso principale ed il terzo motivo di ricorso incidentale; va accolto il
primo ed il secondo motivo di ricorso incidentale e cassata, in relazione ai motivi accolti, l’impugnata sentenza,
con rinvio, anche per la regolamentazione delle spese, alla CTR Lombardia, diversa composizione.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il terzo motivo di ricorso incidentale; accoglie il primo ed il secondo
motivo di ricorso incidentale e cassa, in relazione ai motivi accolti, l’impugnata sentenza, con rinvio, anche per la
regolamentazione delle spese, alla CTR Lombardia, diversa composizione.
Così deciso in Roma in data 17-1-2013 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria.

2

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