Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16686 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 16686 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 18443-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

CF COSTR. SRL IN LIQUIDAZIONE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 57/2006 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di BRESCIA, depositata il
99/05/2006;

Data pubblicazione: 03/07/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/01/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato CASELLI che ha
chiesto l’accoglimento;

Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La C.F. Costruzioni srl proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Brescia avverso l’avviso di accertamento con il
quale l’Agenzia delle Entrate di Brescia le aveva contestato, con riferimento all’anno di imposta 1995,
l’omessa indicazione dei compensi corrisposti a 46 dipendenti ed all’amministratore e I.r. nonché l’omesso
versamento delle relative ritenute d’acconto, con conseguenti sanzioni.
A sostegno del ricorso la società deduceva diversi motivi, sia di carattere formale sia attinenti al merito

L’adita CTP accoglieva parzialmente il ricorso, annullando tutte le riprese fiscali ad eccezione di quella
concernente l’irrogazione delle sanzioni per l’omessa indicazione dei compensi corrisposti
all’amministratore.
Con sentenza 11-4/9-5-2006 la CTR di Milano, sez. distaccata di Brescia, rigettava l’appello dell’Ufficio; in
particolare, la CTR ribadiva, in primo luogo, l’illegittimità dell’accertamento relativo all’omessa indicazione
dei compensi corrisposti ai 46 dipendenti, precisando che l’Agenzia non aveva indicato nell’atto le aliquote
applicate e non aveva così consentito al contribuente un agevole controllo dell’operato dell’Ufficio;
osservava, inoltre, con riferimento all’accertamento relativo all’omessa indicazione del compenso
corrisposto all’amministratore (ove, invece, era enunciata l’aliquota applicata) che l’atto doveva ritenersi
legittimo solo in relazione al pagamento delle sanzioni, mentre la pretesa dell’Ufficio era da ritenersi
infondata con riferimento all’imposta asseritamente evasa, in quanto il sostituto d’imposta (e cioè la
società) era persona diversa dal debitore principale, al quale competeva il versamento per intero dell’IRPEF;
a tale proposito precisava, pertanto, che l’inosservanza, da parte del sostituto, dell’obbligo della
sostituzione comportava solo il pagamento delle sanzioni connesse all’infrazione compiuta ma non poteva
giammai comportare anche l’obbligo di pagare l’imposta, per la quale lo stesso non era obbligato e della
quale doveva rispondere il sostituito.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato ad un motivo; la
società non svolgeva attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo dì ricorso l’Agenzia, deducendo —ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione
degli artt. 23 e 64 DPR 600/73, rilevava che in base alle dette norme sussisteva uno specifico ed autonomo
obbligo del datore di lavoro sostituto di eseguire le ritenute e di versarle all’erario a titolo di acconto sui
compensi corrisposti al lavoratore; al riguardo precisava che, mentre nell’ipotesi di sostituzione a titolo
definitivo vi era una responsabilità solidale ab initio tra sostituto e sostituito, nella diversa fattispecie (quale

della pretesa.

quella in questione) della sostituzione a titolo di acconto (c.d. sostituzione impropria), detta solidarietà non
esisteva, essendo enucleabili due obbligazioni fondate su cause diverse.
Il ricorso è fondato.
La questione posta con il motivo di impugnazione attiene alla titolarità del debito di imposta secondo lo
schema legale della “sostituzione”, e dunque alla legittimazione passiva della società datrice di lavoro
rispetto alla pretesa dell’Erario fatta valere con l’azione di accertamento (pagamento delle omesse ritenute

Ai sensi del chiaro disposto dell’art. 64, comma primo, del d.P.R. n. 600 del 1973, sostituto d’imposta è
colui che in forza di disposizioni di legge (nel caso di specie: art. 23 dpr cit.) “è obbligato al pagamento di
imposte in luogo di altri…ed anche a titolo di acconto”; ne consegue che sul sostituto grava una autonoma
obbligazione tributaria che ha ad oggetto il versamento (a titolo di acconto) dell’imposta alla fonte, nel
momento cioè in cui matura il cespite reddituale del sostituito (e cioè nel momento in cui vengono
corrisposti i compensi e prima che pervengano nella disponibilità del reddituario); è vero che “in tema di
accertamento delle imposte sui redditi, nelle ipotesi in cui il sostituto – datore di lavoro non abbia operato
la ritenuta di acconto su emolumenti che costituiscono componente di reddito, omettendo il relativo
versamento, il percettore (sostituito) ha l’obbligo di owiare alla omissione, dichiarando i relativi proventi e
calcolando l’imposta sull’imponibile, alla cui formazione quei proventi hanno concorso, e l’amministrazione
finanziaria ha il diritto di esigere l’imposta da quest’ultimo, esercitando i normali poteri di controllo e
accertamento in rettifica della dichiarazione dei redditi e liquidando la maggiore imposta in dipendenza dei
proventi non dichiarati” (Cass. 3330 del 2000); siffatto successivo obbligo del sostituito non fa, tuttavia,
venir meno il distinto precedente obbligo del sostituto di prowedere al versamento della ritenuta di
acconto e la conseguente legittimazione passiva del sostituto medesimo (in caso di omesso versamento)
rispetto all’azione dell’Amministrazione tesa al recupero delle somme non versate; ad evitare la eventuale
duplicazione del prelievo da parte dell’Amministrazione Finanziaria vi è non solo il rimedio dell’azione di
ripetizione dell’indebito, ma anche, in via preventiva, l’eccezione fondata sull’espresso divieto posto
dall’art. 67 d.P.R. 600/1973 (art. 127 vigente Testo Unico).
Alla stregua di quanto sopra, va pertanto cassata l’impugnata sentenza, che, ritenendo non obbligato il
sostituto, non si è attenuta ai principi di cui sopra, e il giudizio va rinviato alla CTR Lombardia, diversa
composizione, che provvederà sia ad esaminare nel merito le ulteriori doglianze concernenti le ritenute
d’acconto sui compensi corrisposti all’amministratore sia a regolamentare le spese di lite relative al
presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.

d’acconto sui compensi erogati dalla società in favore dell’amministratore I.r.).

CSENTE DA 1213GISTRAZIONP
AI SENSI DEL
N. 131 TAB. ALL.
– N. 5
MATERIA TRIBUTARIA
La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla CTR Lombardia,
diversa composizione.

Così deciso in Roma in data 17-1-2013 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria.

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