Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16684 del 05/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/08/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 05/08/2020), n.16684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 8073-2018 proposto da:

RACES FINANZIARIA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 4,

presso lo studio dell’avvocato MARCO FEDERICI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato DANIELE SACRA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29 presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati GAETANO DE

RUVO, DANIELA ANZIANO, DARIO BOTTURA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5588/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- La s.p.a. Races Finanziaria, soggetto operante TUB, ex art. 107, nel settore dei prestiti personali garantiti da cessione del quinto dello stipendio e della pensione ai sensi del D.P.R. n. 180 del 1950, e successive modifiche e integrazioni, ha convenuto avanti al Tribunale di Roma l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., la società finanziaria ha chiesto, previo accertamento dell’illegittimità della Delib. 9 maggio 2007, n. 46, sub art. 12, del consiglio di amministrazione dell’Istituto, che fosse dichiarato che “nulla è dovuto a titolo di rimborso degli oneri asseritamente inerenti all’attività di gestione delle cessioni del quinto notificate ad esso Istituto”; ovvero, e in via gradata, che – ritenuto concluso un accordo nella sottoscrizione da parte della medesima Races del “modulo di accreditamento”, a seguito di richiesta del predisponente INPS – fosse dichiarata la “nullità parziale” dell’accordo, quanto alla previsione del “rimborso” dei menzionati oneri; comunque, con la restituzione delle somme già versate al riguardo.

2.- Nella resistenza dell’Istituto, il Tribunale ha respinto, con pronuncia n. 5178/2015, ogni pretesa attorea. Successivamente, la Corte di Appello di Roma ha rigettato l’impugnazione presentata dalla società finanziaria, così confermando la decisione del giudice del primo grado.

3.- In proposito, la Corte territoriale ha osservato che la Races “aveva sottoscritto il modulo di accreditamento…, modulo in cui era specificato che la relativa sottoscrizione costitutiva formale accettazione del regolamento, approvato con la Delib. del consiglio 9 maggio 2007, n. 46”; che di tale Reg., art. 12, prevedeva che fossero “posti a carico degli intermediari” finanziatori dei pensionati gli “oneri di gestione della cessione del quinto sostenuti” dall’Istituto; e che, colla sottoscrizione del modulo, la finanziaria manifestava una “volontà negoziale inequivoca di accettare anche la previsione di cui al cit. art. 12”.

Fissati questi punti, la sentenza della Corte romana ha proseguito affermando che, “in effetti, l’art. 12, per cui si controverte contiene una disposizione praeter legem” e che, “proprio perchè tale”, la disposizione “non può essere considerata illegittima”. Nè d’altro canto sussiste – ha concluso la sentenza – “alcuna disposizione primaria regolante la cessione del quinto”, ai sensi del D.P.R. n. 180 del 1950, e ai sensi del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 13 bis, conv. con L. n. 80 del 2005, che comporti l’illegittimità o invalidità della previsione contenuta nel citato art. 12.

4.- Avverso questo provvedimento ricorre la s.p.a. Races, svolgendo due motivi di cassazione.

Resiste, con controricorso, l’INPS.

Le parti hanno anche depositato memoria.

5.- Entrambi i motivi proposti dalla società ricorrente risultano intestati nel vizio di violazione di legge, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3.

6.- Con il primo motivo si assume, in particolare, l'”evidente illegittimità dell’iniziativa dell’Ente di regolamentare – in aperto contrasto con tutti i principi normativi di riferimento un’attività già completamente disciplinata dal dettato normativo”.

7.- Il secondo motivo a sua volta assume la violazione di una nutrita serie di disposizioni: in particolare, di quelle del D.P.R. n. 180 del 1950, art. 1, comma 6, art. 28, comma 2, e art. 29; del D.P.R. n. 895 del 1950, artt. 36 e 39; del D.M. n. 313 del 2006, art. 4, come anche di circolari ministeriali del 1996 e del 2011.

Sulla scorta di queste indicazioni normative, la società ricorrente osserva in termini generali che “richiedere il pagamento di una prestazione per l’esecuzione di un obbligo di legge è per sè illegittimo e costituisce violazione di norma imperativa”. Per passare poi a specificare che va “ribadita fermamente la necessaria gratuità delle prestazioni da parte dell’INPS quale terzo ceduto”; nella cessione del credito connessa a un prestito personale, il debitore ceduto non può imporre al cessionario l’applicazione di alcun tipo di onere aggiuntivo.

8.- Con riferimento puntuale al secondo motivo del ricorso, è da osservare che la figura della c.d. cessione del quinto dello stipendio o della pensione – figura provvista di specifica regolamentazione di legge per il settore dei dipendenti del comparto pubblico dal 1950, con disciplina poi estesa, agli inizi del 2005, anche al settore dell’impiego privato – dà vita, secondo quanto è indiscusso in letteratura, a un vero e proprio fenomeno di circolazione volontaria del diritto di credito. Nel contesto generale del fenomeno circolatorio del credito, la cessione del quinto è connotata dalla funzione di strumento di rimborso rateale (via via con il procedere delle scadenze stipendiali o pensionistiche, cioè) dei prestiti erogati a dipendenti o a pensionati da banche o altri intermediari a ciò autorizzati.

Nell’ambito dell’operazione che è stata costruita dalla legge, il datore di lavoro, ovvero l’istituto erogatore della pensione, si pone come il ceduto, perchè debitore per le somme che deve corrispondere al lavoratore o al pensionato; questi ultimi sono invece i cedenti, creditori del relativo diritto, che (nel limite della misura consentita dalla legge) ne trasferiscono la titolarità al cessionario, quale ente mutuante ed erogatore del prestito.

9.- La disciplina delle leggi speciali che governa specificamente la fattispecie della cessione del quinto – e così anche le norme che il motivo di ricorso è venuto in particolare a invocare trova il suo punto di riferimento sistematico e di ancoraggio primo nella regolamentazione generale della cessione del credito, così come dettata nel codice civile (cfr., in specie, gli artt. da 1260 a 1267).

La disciplina generale del codice civile – in nessun modo o aspetto contradetta dalla normativa speciale della figura in questione – configura la cessione del credito come un’operazione di disposizione traslativa del credito, che interviene unicamente tra cedente (titolare che dismette il diritto) e cessionario (acquirente del medesimo); e che dunque lascia del tutto estraneo il debitore ceduto, che ne è “terzo” e che, in quanto tale, la viene propriamente a subire.

10.- La cessione avviene “anche senza il consenso del debitore”, dichiara in modo esplicito la norma dell’art. 1260 c.c., così venendo a riconoscere, per il diritto italiano, il principio generale della libera circolazione del diritto di credito: del tutto a prescindere, perciò, da un atto “autorizzativo”, che sia eventualmente posto in essere dal debitore ceduto.

Il debitore del credito oggetto di trasferimento non può, dunque, venire a “condizionare” la cessione: non come fatto e neppure come effetto (a che, cioè, l’evento traslativo non abbia a produrre diretta efficacia nei suoi confronti).

Nel rispetto di determinati presupposti (cfr., in particolare, la norma dell’art. 1379 c.c.), tuttavia, il sistema vigente consente al debitore ceduto di concludere con l’attuale titolare del credito (quale, quindi, ipotetico cedente in futuro) un patto di incedibilità di questo diritto: per il tramite di questa via potendosi quindi venire a incidere sulle facoltà inerenti alla posizione di titolare del diritto.

11.- Nella fattispecie concretamente in esame, peraltro, l’interferenza frapposta dal debitore ceduto sul diritto del titolare di disporre del proprio credito – con la posizione di oneri destinati a operare per l’eventuale verificarsi di una futura cessione – risulta strutturata per il tramite di un patto che il debitore medesimo ha concluso non già con il titolare attuale, ma con un soggetto che in futuro potrà, nel caso, rendersi cessionario del credito. Nella sostanza, l’accordo intercorso tra l’INPS e la società finanziaria risulta contemplare un patto destinato a disciplinare ex ante gli eventuali rapporti che nel futuro potranno intercorrere tra le parti (secondo la terminologia che è invalsa in letteratura, il patto rientra, cioè, nell’ambito degli accordi “normativi”).

Si tratta, in altri termini, di una fattispecie in cui il titolare attuale del credito viene lasciato del tutto estraneo al patto incidente sulla libera circolazione del suo diritto.

Una simile ipotesi – si deve, d’altra parte, anche osservare non risulta essere presa in diretta considerazione dalla normativa relativa alla cessione del credito.

12.- Posta la novità della tematica appena descritta, che non risulta sia stata ancora affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte, il Collegio ritiene che non sussistano le condizioni di evidenza decisoria richieste dalla norma dell’art. 375 c.p.c., u.c..

La controversia va pertanto rimessa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2020

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