Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16679 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/06/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 11/06/2021), n.16679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24778-2017 proposto da:

CITTA’ DI IMPERIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIO

VENETO N. 116, presso lo studio dell’avvocato AMEDEO PISANTI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TALEA SOCIETA’ DI GESTIONE IMMOBILIARE SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 540/2017 della COMM. TRIB. REG. LIGURIA,

depositata il 10/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

04/03/2021 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La società Telea di Gestione Immobiliare impugnava l’avviso di accertamento per parziale versamento Ici, relativamente all’annualità 2008, notificatole dal Comune di Imperia, avente ad oggetto un cespite per il quale aveva presentato, nell’anno 2008, denuncia di variazione a seguito di accorpamento di due subalterni proponendo una nuova rendita pari ad Euro 62.290, successivamente rettificata dall’ufficio del territorio in Euro 88.265,00 (poi ridotta dalla CTP adita ad Euro 83.971,50), sul rilievo dell’errata applicazione della maggiore rendita catastale accertata dall’ufficio.

La CTP di Imperia respingeva il ricorso.

La sentenza veniva impugnata dall’ente contribuente che censurava la prima decisione, sul rilievo che era intervenuta la dichiarazione Docfa nell’anno 2008 con conseguente illegittima imposizione ICI sulla base della rendita accertata e messa in atti in epoca successiva.

La CTR della Liguria, nel riformare la sentenza di primo grado, accoglieva il gravame proposto dalla società, affermando che la base imponibile da prendere in considerazione era quella derivante dalla decisione dei giudici tributari nella controversia sull’ammontare della rendita catastale, sebbene passata in giudicato nel corso del giudizio concernente il quantum dell’imposta comunale dovuta. Argomentando che poichè gli effetti dei provvedimenti giurisdizionali retroagiscono al momento della domanda, la rendita accertata dal giudice è efficace sin dal momento dell’attribuzione da parte dell’UTE, vale a dire dal momento della iscrizione in catasto al primo gennaio dell’anno di riferimento dell’imposta che, in base al D.Lgs. n. 5034 del 1992, art. 5, comma 2, è quella in base alla quale deve essere calcolata l’imposta.

Avverso la sentenza n. 540/2017, depositata il 10 aprile 2017, il Comune di imperia propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati con le memorie, ex art. 380 bis c.p.c., depositate in prossimità dell’udienza.

L’ente contribuente è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DI DIRITTO

2. Con il primo motivo si lamenta la violazione della L. n. 342 del 2000, art. 74; per avere il decidente ritenuto erroneamente che occorresse attendere l’esito del giudizio relativo alla determinazione della rendita catastale, ancorchè il potere impositivo dell’amministrazione comunale non possa subire alcuna compressione a causa della pendenza della lite, ben potendo il Comune recuperare l’Ici sulla base della notifica del provvedimento dell’agenzia del territorio (nel caso di specie disposta in data 14 novembre 2009).

3. Con il secondo motivo, si denuncia violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, nonchè del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, relativamente alle conseguenze del ritardato o omesso versamento dell’imposta ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere i giudici territoriali erroneamente applicato la disposizione in parola, senza considerare che il Comune aveva applicato per l’anno 2008 le risultanze catastali risultanti dalla data del 29.09.2009, asserendo che la regola di cui all’art. 5 cit. patisce eccezione solo se le variazioni costituiscono correzioni di errori materiali nel classamento ovvero conseguano a modificazioni della consistenza dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente, trovando allora applicazione dalla data della denuncia.

Aggiungendo che alla luce dell’art. 13 citato in rubrica, sulle somme non versate sono dovute le sanzioni pari al trenta per cento di ogni importo non versato.

4. Le censure, involgendo questioni strettamente connesse possono essere divisate congiuntamente; esse sono fondate.

La giurisprudenza di legittimità ha statuito (Sez. U, Sentenza n. 3160/11) che “in tema d’ICI, la L. n. 342 del 2000, art. 74, nel disporre che gli atti attributivi o modificativi della rendita sono efficaci a partire dalla loro notifica da parte dell’Agenzia del territorio, si interpreta nel senso che dalla notifica decorre il termine per l’impugnazione, ma ciò non esclude affatto l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta “sospese”, ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’atto attributivo della rendita” (Cass. n. 2018/4613; n. 2017 n. 14402; Cass. 2016 n. 18056; Cass. n. 2016 n. 12330; Cass. 2012 n. 12753; Cass.23600/11).

Mentre se il riesame del classamento viene eseguito sulla base di nuovi elementi, sopravvenuti o diversi rispetto a quello originario, la rettifica della rendita, effettuata dopo il primo gennaio 2000, è irretroattiva, avendo efficacia ex nunc (Cass. n. 13845/2017; Cass. n. 29683/2020).

Con ciò discostandosi dal precedente orientamento, secondo il quale l’attribuzione ex novo di rendita ad un immobile che ne fosse privo aveva valore costitutivo, non potendo costituire la base di calcolo dell’ICI per periodi d’imposta precedenti (Cass. nn. 27062 e 27065/2008, 16701/2007, 24235/2004); che, al contrario, quando si versava nell’ipotesi d’immobile già censito con attribuzione di rendita, “variata” per effetto di modifiche materiali debitamente denunciate, l’efficacia della rendita modificata era di carattere ricognitivo – dichiarativo, e quindi andava riferita all’epoca della variazione materiale che l’aveva determinata, dovendosi commisurare l’imposta alla rendita catastale attribuita “tempo per tempo”, sia pure ex post, dal competente ufficio erariale (Cass. nn. 12029/2009, 25390 e 23627/2008, 9203/2007, 20775/2005, 12156/2005, 5109/2005).

Al contrario, secondo il più recente e consolidato orientamento giurisprudenziale – come già anticipato – l’attribuzione o variazione della rendita catastale ha funzione meramente accertativa della concreta situazione catastale dell’immobile, tant’è che “la determinazione della base imponibile per i fabbricati non iscritti in catasto, va sempre effettuata, anche per le annualità pregresse, in base alla rendita catastale, a prescindere dall’epoca di notificazione o di definitiva attribuzione” (cfr. 12029 del 25 maggio 2009; n. 16031/2009; Cass. n. 4335 del 2015 Cass. ord. n. 14773 del 2011; Cass. n. 23600 del 2011; 12753 del 2014; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 23600 del 11/11/2011; Cass. S.U. n. 3160/2011; Cass. n. 18056/2016; n. 12320/2016; n. 12753/2014; n. 9203/2007; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18056 del 14/09/2016; Cass. n. 14402 del 2017).

5. Tuttavia, il disposto dell’art. 74 citato deve essere coordinato con il D.Lgs. 30 dicembre 1997, n. 504, art. 5, comma 2, secondo il quale le risultanze catastali divenute definitive per mancata impugnazione hanno efficacia a decorrere dal 1^ gennaio dell’anno successivo a quello in cui la rendita catastale viene annotata negli atti catastali. Si è in proposito affermato che la regola generale prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 2, trova applicazione anche quando il contribuente si avvalga della procedura DOCFA ai fini della determinazione della rendita catastale, ai sensi del D.M. Finanze 19 aprile 1994, n. 701, non avendo tale procedura caratteristiche dissimili da qualsiasi altra istanza di attribuzione di rendita ed essendo il termine di efficacia, previsto dall’art. 5, comma 2, cit. (Cass. n. 4613/2018)

In generale, le variazioni delle risultanze catastali definitive anche se sollecitate all’ufficio dal contribuente non si sottrarrebbero alla regola di carattere generale, funzionale alla natura della rendita catastale di presupposto per la determinazione e la riscossione dei redditi tassabili nei singoli periodi d’imposta, della loro efficacia a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale le modifiche medesime sono state annotate negli atti catastali (c.d. “messa in atti”), ricavabile dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2 (Cass. n. 18023/2004; n. 17863/2010)

Principi anche recentemente affermati da questa Corte (Cass. n. 3168 del 2015; Cass. n. 21760/2018; Cass. n. 11448/18; Cass. n. 4613/2018 in motiv; Cass. n. 3273/2019; 1172/2019) secondo la quale: “nel caso in cui la variazione di rendita o l’attribuzione di rendita venga proposta dal contribuente, attraverso la procedura DOCFA – introdotta con regolamento n. 701 del 1994, recante norme per l’automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari – la nuova rendita produce effetti dal 1^ gennaio dell’anno successivo a quello in cui la variazione viene annotata negli atti catastali” e, quindi dall’anno successivo all’annotazione conseguente alla procedura Docfa.

Il principio secondo cui la regola generale prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 2, trova applicazione anche quando il contribuente si avvalga della procedura DOCFA ai fini della determinazione della rendita catastale, si fonda sulla circostanza che tale procedura non ha caratteristiche dissimili da qualsiasi altra istanza di attribuzione di rendita, essendo, peraltro, il termine di efficacia, previsto dall’art. 5, comma 2, cit., ispirato a ragioni di uniformità delle dichiarazioni e degli accertamenti.

Tale interpretazione non solo non comporta alcuna violazione dell’art. 53 Cost., in quanto l’esigenza di tener conto della capacità contributiva non esclude il potere discrezionale del legislatore di fissare un termine di efficacia uguale per tutti i contribuenti, ma è essa stessa espressione del principio di uguaglianza, in quanto l’applicazione di un termine differenziato nell’ipotesi di ricorso alla procedura DOCFA, comporterebbe una discriminazione fra contribuenti (Cass. 21310/10; in termini Cass. 3168/15; Cass. n. 17824 del 2017; Cass. n. 11846/2017).

Riepilogando, in tema di determinazione della base imponibile ICI, per i fabbricati iscritti in catasto, la Corte ha avuto modo dunque di precisare che: le risultanze catastali definitive non dovute a mutamenti dello stato e della destinazione dei beni, individuati quali circostanze storicamente sopravvenute,

o a correzioni di errori materiali di fatto, ancorchè sollecitate all’ufficio dal contribuente, conseguendo all’originaria acquiescenza del contribuente alle operazioni catastali sono soggette alla regola di carattere generale, funzionale alla natura della rendita catastale di presupposto per la determinazione e la riscossione dei redditi tassabili nei singoli periodi d’imposta, della loro efficacia a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale le modifiche medesime sono state annotate negli atti catastali (cosiddetta messa in atti), ricavabile dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 2, in forza del quale per ciascun atto d’imposizione devono assumersi le rendite quali risultanti in catasto al primo gennaio dell’anno di imposizione (Cass., 7 settembre 2004, n. 18023 cui adde Cass., 30 luglio 2010, n. 17863; Cass., 27 ottobre 2004, n. 20854); – detta regola generale non si applica, però, al caso in cui la modificazione della rendita catastale derivi dalla rilevazione di errori di fatto compiuti dall’ufficio nell’accertamento o nella valutazione delle caratteristiche dell’immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la rendita, in quanto il riesame di dette caratteristiche da parte del medesimo ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali, l’attribuzione di una diversa rendita a decorrere dal momento dell’originario classamento, rivelatosi erroneo o illegittimo (Cass., 29 settembre 2005, n. 19066 cui adde, ex plurimis, Cass., 20 marzo 2019, n. 7745; Cass., 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., 31 luglio 2015, n. 16241; Cass., 5 maggio 2010, n. 10815; Cass., 30 dicembre 2009, n. 27906); laddove la riconducibilità dell’errore di fatto all’Ufficio deve risultare “evidente ed incontestabile, avendolo riconosciuto lo stesso Ufficio” (Cass., 20 marzo 2019, n. 7745; Cass., 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., 18 febbraio 2015, n. 3168; Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018); le variazioni catastali conseguenti a modificazioni della consistenza o della destinazione dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente, debbono trovare applicazione dalla data della denuncia (Cass. n. 2771/2021, in motiv; Cass. n. 1215/2021, in motiv; Cass. nn. 29683 e 29078 del 2020; Cass. n. 29888/2020; Cass. n. 7745/2019; n. 10126/2019; Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018).

In definitiva, “la regola generale ricavabile dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, secondo cui le risultanze catastali divenute definitive per mancata impugnazione hanno efficacia a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale sono state annotate negli atti catastali, patisce eccezione solo se le variazioni costituiscano correzioni di errori materiali nel classamento che sostituiscono, ovvero conseguano a modificazioni della consistenza o della destinazione dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente; esse, difatti, trovano applicazione dalla data della denuncia, ciò in quanto il fatto che la situazione risalga a data anteriore non ne giustifica un’applicazione retroattiva rispetto alla comunicazione effettuata all’Amministrazione.” (Cass. ord. Cass. n. 10312/2020, in motiv.; n. 7745/2019; n. 4971/2018 n. 17756/2018; n. 11844/17; n. 11846/2017; 13018/12, 17863/10, 18023/04).

Va qui affermato il principio di diritto secondo il quale la successiva attribuzione della rendita costituisce la base imponibile dell’Ici anche per le annualità sospese, come quelle sub iudice, con riferimento agli immobili denunciati dalla contribuente con procedura DOCFA, in relazione ai quali l’amministrazione comunale ha proceduto alla rettifica della base imponibile, successivamente modificata dalla Commissione tributaria adita dalla contribuente (v. Cass. n. 10126/2019; S.U. n. 3160/2011).

Nel caso di specie, secondo i principi regolatori della materia, l’efficacia della variazione della rendita proposta, quand’anche conseguente a modificazione della consistenza e della destinazione dell’immobile oggetto di tassazione, decorre dalla data di presentazione della DOCFA (v. anche Cass.n. 17756/2018, in motiv.; v. Cass. n. 21760/2018; Cass. n. 11448/18; Cass. n. 4613/2018 in motiv; Cass. n. 3273/2019; 1172/2019).

Fermo restando, tuttavia, che l’imposta deve essere calcolata retroattivamente sulla rendita definitivamente determinata dalla Commissione tributaria, così come stabilito dalla CTR della Liguria e riconosciuto dal medesimo ente comunale.

La pronuncia della Corte (Cass. n. 13069/2006; n. 4336/2015), citata dalla CTR della Liguria, ha avuto modo di rimarcare il principio secondo cui: “In tema di imposta comunale sugl’immobili, in caso di impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale, la sentenza che ne determina la misura, ancorchè passata in giudicato nel corso del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell’imposta dovuta dal contribuente, rappresenta l’unico dato di riferimento da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione della base imponibile: poichè, infatti, gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda, la rendita accertata dal giudice con sentenza definitiva dev’essere considerata l’unica valida ed efficace fin dal momento dell’attribuzione da parte dell’UTE, e quindi, in quanto legittimamente risultante in catasto al primo gennaio dell’anno di riferimento dell’imposta, a norma del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 2, è quella in base alla quale dev’essere calcolata l’imposta effettivamente dovuta”.

Sennonchè, nella presente fattispecie, il principio va conformato alla peculiarità della procedura DOCFA attivata dalla contribuente, ai fini della determinazione della rendita catastale ai sensi del D.M. n. 701 del 1994, a seguito di variazione materiale dell’immobile.

Così l’ente impositore è tenuto ad applicare la rendita divenuta definitiva costituente il presupposto di fatto necessario ed insostituibile per tutta l’imposizione fiscale che la legge a tale dato commisura (Cass. n. 6386/2006; n. 9203/2007; Cass.n. 25278/2008; Cass. n. 3226/2021 in motiv.).

Difatti, ai fini del computo della base imponibile, il provvedimento di modifica della rendita catastale, emesso dopo il primo gennaio 2000 a seguito della denuncia di variazione dell’immobile presentata dal contribuente, è utilizzabile, a norma della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, anche con riferimento ai periodi di imposta anteriori alla impugnazione dell’atto di rettifica della rendita catastale, purchè successivi alla denuncia di variazione.

Stabilendo, infatti, con il citato art. 74, che (dal primo gennaio 2000) gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, il legislatore ha inteso segnare il momento a partire dal quale l’amministrazione comunale può richiedere l’applicazione della nuova rendita ed il contribuente può tutelare le sue ragioni contro di essa, non potendosi confondere l’efficacia della modifica della rendita catastale coincidente con la notificazione dell’atto – con la sua applicabilità, che va riferita invece all’epoca della denuncia della variazione che ha portato alla modifica (Cass. n. 20775/2005, n. 19066/2005, n. 18839/2006.

Quindi, quando l’immobile è già censito con attribuzione di rendita, che sia variata per effetto di modifiche materiali regolarmente denunciate, l’efficacia della rendita modificata avendo carattere ricognitivo-dichiarativo e non costitutivo, è applicabile dall’epoca della dichiarazione Docfa e l’imposta va commisurata alla rendita catastale attribuita “tempo per tempo”, sia pure ex post, dal competente ufficio, che quindi, retroagisce.

Detta interpretazione consegue all’affermazione del principio per cui gli atti attributivi della rendita sono privi di forza costitutiva, ma hanno funzione meramente accertativa della concreta situazione catastale dell’immobile.

Il ricorso va dunque accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata.

La controversia va rinviata alla CTR della Liguria in diversa composizione al fine di determinare l’imposta comunale dovuta per l’annualità 2008 sulla base della rendita stabilita dalla CTP con sentenza passata in giudicato, nonchè per esaminare i motivi relativi alla debenza delle sanzioni (come emerge dallo svolgimento del processo della sentenza impugnata e dalla censura ex art. 13 cit. sollevata dall’amministrazione comunale).

PQM

La Corte

– Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Liguria in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente procedimento.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione tenuta da remoto, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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