Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16675 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/06/2021, (ud. 03/03/2021, dep. 11/06/2021), n.16675

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29120-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MARMAN’S DI GA MANNARINI SNC, + ALTRI OMESSI, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA OVIDIO 32, presso lo studio dell’avvocato

GUIDO BRUNO CRASTOLLA, rappresentati e difesi dagli avvocati LUISA

CARPENTIERI, PIERO MONGELLI;

– controricorrenti –

e contro

R.T., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2037/2016 della COMM. TRIB. REG. PUGLIA SEZ.

DIST. di LECCE, depositata il 02/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/03/2021 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

 

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2037/2016, depositata il 2.09.2016, la CTR della Puglia respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di prima grado che aveva a sua volta accolto il ricorso proposto dai contribuenti indicati in epigrafe – quali proprietari di unità immobiliari site nelle zone 1 e 2 del Comune di (OMISSIS) – nei confronti dell’Agenzia delle Entrate – Territorio, contro gli avvisi di accertamento aventi ad oggetto la revisione parziale del classamento di dette unità immobiliari, a seguito di revisione parziale del classamento della microzona ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335.

La pronunzia di appello – che aveva disposto la riunione dei giudizi svoltisi in primo grado – affermava, infatti, la procedura di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma n. 335, non si sottraeva alla disciplina generale e alla valutazione dei parametri ivi previsti e lo scostamento significativo tra le medie dei valori riscontrati nella microzona di riferimento, altro non rappresentava che il presupposto unico dal cui verificarsi la legge faceva discendere l’adozione della procedura di revisione; procedura che andava eseguita secondo la normativa vigente per le fattispecie ordinarie. Ciò non era avvenuto nel caso in esame, in cui l’attribuzione della classe superiore e della relativa rendita catastale, era stata asetticamente motivata col generale riferimento al quadro normativo asseritamente applicato, al “significativo scostamento del valori medi” e ai generici quanto indimostrati (se non col ricorso a presunti “fatti notori o massime di esperienza”) “interventi di riqualificazione della viabilità interna e di arredo urbano nel centro storico”, nonchè a “numerosi interventi da parte dei privati per la ristrutturazione degli edifici”, col dichiarato proposito di “porre rimedio alle incongruità e/o disomogeneità dei classamenti esistenti nelle citate microzone.. La mera indicazione, nella parte motiva del provvedimento, dell’accertata evoluzione del contesto urbano e socio economico della microzona alla quale la procedura di revisione parziale si riferiva, non era sufficiente e non poteva costituire motivazione idonea, giacchè, mancando l’analitica esplicitazione degli elementi concreti su cui detto giudizio si fondava, non dava conto di come la semplice evoluzione del fattore posizionale fosse stata ritenuta utile ai fini dell’attribuzione a ciascuna singola unità immobiliare di un nuovo apprezzamento globale del livello reddituale..

L’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di due motivi per la cassazione della sentenza menzionata.

La contribuente ha replicato con controricorso e memorie difensive.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLA RAGIONI DI DIRITTO

2. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso per l’omessa notifica a tutti i litisconsorti citati nel giudizio di merito.

E’ bensì vero che nella specie si versa in un caso di litisconsorzio processuale necessario, anche nel grado di impugnazione, per cui sarebbe indispensabile l’impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti; con la conseguenza che dovrebbe disporsi, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari, a cui il ricorso non è stato in precedenza notificato.

Senonchè, occorre ribadire che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2 e dalla Convenzione Europea dei diritti del l’uomo e delle libertà fondamentali, artt. 6 e 13), impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.), di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall’art. 101 c.p.c., da -sostanziali garanzie di difesa (art. 24 Cost.), e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (art. 111 Cost., comma 2), dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti (Cass. 17 giugno 2013 n. 15106; Cass. 8 febbraio 2010 n. 2723; Cass., Sez. Un., 3 novembre 2008, n. 26373; Cass., Sez. 3, 7 luglio 2009, n. 15895; Cass., Sez. 3, 19 agosto 2009, n. 18410; Cass., Sez. 3, 23 dicembre 2009, n. 27129).

In applicazione di detto principio, essendo il presente ricorso (per le ragioni che andranno ad esporsi nel prosieguo) prima facie infondato, appare superflua la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. n. 4637/2021, in motiv.).

3. Con il primo motivo, che denuncia difetto di giurisdizione, si lamenta che l’assunto della CTR, secondo la quale i singoli classamenti hanno genesi comune dell’atto generale del 29.11.2010 che dispone l’attività revisionale delle microzone, devono essere motivati, non potendosi la motivazione esaurirsi nel mero richiamo ai soli atti della fase prodromica, costituendo l’atto generale con funzione propulsiva solo una parte della procedura, si porrebbe in contrasto con i principi affermati dalle S.U. n. 7665/2016, secondo le quali l’atto generale ha un effetto a cascata diretto sui singoli classamenti e non di atto generale con funzione propulsiva. Ne deriva che l’ulteriore valutazione operata dal decidente secondo il quale la sussistenza dei fattori estrinseci per l’assegnazione della nuova classe è carente nei casi di specie oltre che sotto il profilo motivazionale anche sotto quello probatorio, implicherebbe una valutazione dei presupposti di fatto dell’atto generale.

4. La censura è destituita di fondamento.

Ciò, in quanto l’esame del giudice di merito, concerne l’adeguatezza della motivazione dell’atto di riclassamento della singola unità immobiliare e, dunque, dell’attribuzione della nuova rendita catastale. Esula da detta valutazione, da i effettuarsi anche alla luce dello Statuto del Contribuente, art. 7, l’esame dei presupposti della microzonizzazione, attingendo sia il ricorso originario della contribuente sia la censura proposta con il presente ricorso, l’atto di classamento e di attribuzione della nuova rendita catastale della singola unità immobiliare e non anche gli atti amministrativi generali (che hanno accertato la generale modifica del valore degli immobili presenti nelle microzone comunali, attraverso le procedure previste dal ridetto comma 335, e dalla menzionata Det. direttoriale del 16 febbraio 2005). Ne consegue che resta fuori dal perimetro della giurisdizione amministrativa il ricorso introduttivo riguardante l’impugnazione dell’avviso di accertamento catastale per revisione del classamento e della rendita che è devoluta alle commissioni tributarie quale cognizione riguardo alla mera operazione catastale individuale, e dunque a questa Corte (v. S.U. n. 7665/2016, richiamate dalla stessa Agenzia). Solo la controversia sugli atti amministrativi generali esula dalla giurisdizione delle commissioni tributarie, il cui potere di annullamento riguarda soltanto gli atti indicati dal precitato D.Lgs., art. 19, o a questi assimilabili, e non si estende agli atti amministrativi generali, dei quali lo stesso D.Lgs., art. 7, consente soltanto la disapplicazione, ferma restando l’impugnabilità degli stessi dinanzi al giudice amministrativo. Nè può affermarsi – come sostiene la ricorrente – che le statuizioni della CTR interessano l’atto generale il quale non è stato oggetto di annullamento da parte della predetta commissione, che ha valutato il deficit motivazionale degli atti impugnati” posta la genericità del rinvio a interventi di riqualificazione della viabilità interna e di arredo urbano nel centro storico priva di alcun concreto richiamo ad interventi influenti nella riclassificazione. Mentre ha correttamente argomentato nella parte in cui si afferma che il significativo scostamento dei valori medi delle microzone deve essere motivato concretamente negli atti conclusivi di classamento.

5. Con la seconda censura si lamenta che denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, ex art. 360 c.p.c., n. 3), l’Ufficio deduce, in sintesi, che, – tenuto conto dei presupposti legali della revisione di classamento articolata su di “una procedura massiva di revisione parziale” che, in quanto tale, va tenuta distinta dalla “revisione puntuale” (pur) prevista dalla stessa L. n. 311 del 2004, all’art. 1, comma 336, – la motivazione dell’avviso di accertamento avrebbe dovuto prescindere da specifiche caratteristiche dell’immobile e, in buona sostanza, risolversi negli stessi presupposti delineati dalla disposizione normativa (cit. art. 1, comma 335). Deduce altresì che gli ulteriori elementi forniti nel corso del giudizio non integravano come affermato dal decidente una integrazione dall’originaria motivazione.

5. Parimenti infondato è il secondo motivo.

Va reiterato che “La revisione della classificazione di un immobile deve essere motivata in termini che esplicitino in maniera intellegibile le specifiche giustificazioni della riclassificazione concretamente operate. La conoscenza di tali presupposti deve mettere in grado il contribuente di valutare l’utilità di impugnare l’atto impositivo e, in tal caso, di specificare, come richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, i motivi di doglianza. Il contribuente deve avere contezza delle ragioni dell’Amministrazione, deve essere messo in grado di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento, e, in caso di ricorso, di approntare le proprie difese con piena consapevolezza, nonchè per impedire all’Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate.” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11477 del 5 aprile 2018). Da tale insegnamento, affermato da questa Corte proprio con riferimento alla procedura di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7, non vi sono ragioni per discostarsi nel caso di specie. Va rammentato che “Quando si procede all’attribuzione di ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia competente deve specificare se il mutamento è dovuto a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano (ex multis Cass., sez. trib., n. 9629 del 2012), trattandosi di uno dei possibili presupposti del riclassamento (ex multis Cass., sez. trib., n. 11370 del 2012).” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 7665 del 18/04/2016). “Nè può ritenersi sufficiente a tal fine il riferimento a non meglio precisati “interventi pubblici effettuati per la riqualificazione della viabilità interna e dell’arredo urbano” nonchè ad “interventi da parte dei privati per la ristrutturazione degli edifici”. E ciò anche considerando che l’attribuzione di una determinata classe è correlata sia alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), sia alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, sia infine alle caratteristiche edilizie dell’unità stessa e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, eccetera). Di talchè le espressioni surriportate non sono tali da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni a base della pretesa impositiva, così da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur (cfr. Cass. n. 3156 21/01/2015)” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 22900 del 29/09/2017).

Va poi tenuto conto del fatto che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha da un lato affermato che “la scelta fatta dal legislatore con il censurato comma 335 (della L. n. 311 del 2004, art. 1), non presenta profili di irragionevolezza (in quanto) la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene”, evidenziando però che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”.

Dai principi di diritto che precedono si desume che, in tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi – come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato – che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, di delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto. Nel caso di specie, in applicazione dei principi giurisprudenziali che precedono, correttamente la CTR ha ritenuto che le espressioni usate non siano tali da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni a base della pretesa impositiva, così da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur.

6. Il ricorso va dunque respinto.

In considerazione delle antinomie ed oscillazioni, emerse negli orientamenti giurisprudenziali, col progressivo consolidarsi della pertinente giurisprudenza della Corte, le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte:

– Rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della Corte di cassazione, tenuta da remoto, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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