Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16675 del 06/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 06/07/2017, (ud. 07/03/2017, dep.06/07/2017),  n. 16675

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12690-2011 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS)

in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, in

proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

VESUVIUS ITALIA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO DIONISIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO MUSSI, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SARDEGNA S.P.A. (già Sardegna Riscossioni S.p.A.) C.F.

(OMISSIS);

– intimata –

nonchè da:

ricorso successivo senza N.R.G..

EQUITALIA SARDEGNA S.P.A. (già Sardegna Riscossioni S.p.A.) C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DE SANCTIS N. 4 presso lo

Studio dell’Avvocato GLAUCO MANZIA, rappresentata e difesa

dall’Avvocato GIOVANNI BATTISTA PINNA, giusta delega in atti;

– ricorrente successivo –

contro

VESUVIUS ITALIA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO DIONISIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO MUSSI, giusta

delega in atti;

– controricorrente al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 576/2010 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 29/09/2010 R.G.N. 452/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO;

udito l’Avvocato GUIDO MUSSI;

udito l’Avvocato ENRICO FRONTICELLI BALDELLI per delega Avvocato

GIOVANNI B. PINNA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 576/2010 la Corte d’Appello di Cagliari, previa riunione, rigettava l’appello proposto dall’INPS, in proprio e quale mandatario della Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS-SCII SPA, nonchè quello proposto da Equitalia Sardegna Spa contro la sentenza del tribunale di Cagliari che su opposizione della società Vesuvius Italia SPA (con sede in Genova) aveva annullato la cartella di pagamento notificata alla società Vesuvius Italia SPA (con sede in (OMISSIS)), per l’importo complessivo di Lire 5.148.663.857,00, a titolo di contributi aziende per il periodo dal 1985 al 1988, oltre spese.

A fondamento della sentenza la Corte d’Appello ribadiva quanto affermato dal primo giudice ovvero che la società Vesuvius Italia Spa con sede legale in (OMISSIS) e c.f. (OMISSIS), intestataria e destinataria della cartella, era stata cancellata dal Registro delle Imprese in data 15.6.1999 con domanda del 7.6.1999, a seguito della fusione per incorporazione nella Cookson Spa che successivamente aveva modificato la sua denominazione in Vesuvius Italia Spa con sede a Genova e diverso codice fiscale; che alla data della emissione e della notifica della cartella, avvenute nel corso dell’anno 2000, essa non esisteva più come soggetto giuridico; che Vesuvius Italia Spa con sede legale in (OMISSIS) fosse soggetto del tutto diverso da Vesuvius Italia Spa con sede a Genova, munito di un codice fiscale diverso; che a mente del diritto societario vigente prima della riforma del D.Lgs. n. 6 del 2003, che aveva introdotto l’art. 2504 bis c.c., l’incorporazione dava luogo ad una successione a titolo universale con estinzione della società incorporata e contestuale sostituzione nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a questa società della società incorporante; che in definitiva la cartella esattoriale opposta doveva considerarsi illegittima sia sul piano formale, sia sul piano sostanziale, in quanto emessa e notificata nei confronti di un soggetto (la Vesuvius Italia Spa con sede legale in (OMISSIS) e c.f. (OMISSIS)) non più esistente; ciò comportava la nullità assoluta ed insanabile della stessa cartella, precludeva la rideterminazione del credito ed era ostativo alla condanna del diverso soggetto che l’aveva impugnata in giudizio.

Contro la sentenza ricorrono, con distinti atti contenenti un motivo di censura, l’INPS in proprio e quale procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS-SCII SPA, nonchè l’Equitalia Sardegna Spa.

Resiste ad entrambi i ricorsi Vesuvius Italia Spa con due controricorsi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo di ricorso Equitalia sostiene la violazione degli artt. 156 e 160 c.p.c. per avere la sentenza impugnata dichiarato la nullità della cartella in quanto intestata e diretta a soggetto non più esistente, ma notificata al suo successore universale, senza tener conto che la notifica fosse stata effettuata nella sede dell’incorporata e nelle mani di I.D. procuratore speciale dell’incorporante e che comunque la invalidità della notifica si fosse sanata per raggiungimento dello scopo.

1.1. Il motivo è fondato nei limiti delle seguenti considerazioni.

Non avendo il ricorso riprodotto la relata di notifica della cartella in oggetto, la censura può essere affrontata solo in relazione al profilo relativo all’efficacia sanante della notifica diretta all’incorporata ma ricevuta dall’incorporante che ha proposto opposizione.

Deve essere in effetti riconosciuto che in caso di successione societaria per incorporazione, la notifica diretta alla società incorporata ma effettuata nei confronti del soggetto successore non è inesistente ma nulla; tuttavia applicandosi alla notifica della cartella il principio di cui all’art. 156 c.p.c. la nullità è sanata per raggiungimento dello scopo allorchè la società incorporante ha proposto tempestiva opposizione.

1.2. Va invero seguito l’orientamento affermato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui la sanatoria per il raggiungimento dello scopo di atti invalidi è principio generale che, enunciato espressamente per gli atti processuali dall’art. 156 c.p.c., comma 3, è applicabile per analogia a tutti gli atti amministrativi e, quindi, anche agli atti amministrativi relativi al rapporto contributivo (per quelli di imposizione tributaria v. sentenza n. 9697 del 10/05/2005, nonchè Sez. U, con sentenza n. 19854 del 05/10/2004: “La natura sostanziale e non processuale (nè assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria”).

1.3 Non si può invece applicare alla notifica della cartella quanto affermato dalle Sez. Unite nella sentenza 19698/2010 (secondo cui, essendo la società incorporata estinta, è nulla la notifica della vocatio in ius alla società estinta anche se si è costituita in giudizio la società incorporante), richiamata dalla difesa della controricorrente: sia perchè il principio ivi affermato sarebbe operante per la notifica della vocatio in ius, mentre qui si tratta di un atto stragiudiziale; sia perchè la stessa affermazione è stata effettuata in un contesto affatto diverso, posto che in quel caso la società incorporante era rimasta contumace in primo grado e pertanto non si poneva affatto il problema della sanatoria della nullità della vocatio in ius per effetto della sua tempestiva costituzione in giudizio. Inoltre lo stesso principio è relativo a questione diversa da quella su cui le stesse Sez. Unite erano state interpellate con l’ordinanza interlocutoria (attinente all’efficacia interpretativa e pertanto retroattiva o meno dell’art. 2504 bis c.c., nel testo modificato con D.Lgs. n. 6 del 2003, rispetto alle fusioni perfezionatesi prima del 1^ gennaio 2004, data di entrata in vigore della nuova norma, ai fini dell’interruzione o meno del processo per estinzione della società incorporata).

1.4. Ed infatti sul problema della invalidità della notifica della vocatio in ius al soggetto incorporato l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità è in senso opposto a quanto sembra affermato in termini generali nella citata pronuncia; ed è riassunto dalla sentenza n. 6202/2014 secondo cui: “La sentenza impugnata infatti si pone in contrasto con l’orientamento stabilmente assunto sulla questione da questa Corte, del quale sono state espressione negli anni numerose sentenze (dalla n. 5716 del 2003, la n. 8254 del 2004, la n. 13001 del 2006, la n. 16099 del 2006, la n. 4777 del 2006, la n. 16352 del 2007, la n. 14066 del 2008 e la n. 20650 del 2009). Come già osservato da Cass. n. 14066 del 2008, la citazione in giudizio di una società che, al momento della notificazione dell’atto di citazione, fosse già stata incorporata in un’altra, e quindi di un soggetto estinto (come in questo caso) determina non l’inesistenza dell’atto di citazione, ma la sua nullità per inesistenza della parte convenuta, rilevabile d’ufficio ma sanabile per effetto della costituzione in giudizio della società incorporante. Ciò perchè malgrado l’erronea indicazione del soggetto convenuto in giudizio, la vocatio in ius e l’editio actionis possono comunque consentire di individuare il rapporto sostanziale dedotto in giudizio, e, ciò che più conta, possono comunque consentire al soggetto cui fa capo la situazione sostanziale dedotta in giudizio di riconoscersi come il soggetto sostanzialmente benchè irritualmente convenuto e di valutare l’opportunità di costituirsi; inoltre la vocatio in ius di un soggetto non più esistente ma nei cui rapporti è pur succeduto un altro soggetto non può essere affetta da un vizio più grave di quello di cui è affetta la vocatio in ius addirittura mancante della indicazione della parte processuale, che comunque è sanabile con la costituzione di chi, malgrado il vizio, si è riconosciuto come convenuto. Come già affermato dal citato orientamento giurisprudenziale, la costituzione in giudizio ha efficacia sanante indipendentemente dalla volontà del convenuto, per avvenuto raggiungimento dello scopo, ovvero per intervenuto perfezionamento della vocatio in ius, nè rileva l’atteggiamento processuale assunto della società incorporante. In particolare, la sanatoria della nullità della vocatio in ius si verifica anche nel caso in cui l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo del giudizio e dell’inopponibilità di tale atto a sè, come nella specie, sia proposta in via assolutamente principale, e solo nell’eventualità del suo rigetto si formulino delle difese di merito. Può ritenersi quindi che il precedente orientamento del quale era espressione la pronuncia a S.U. n. 366 del 1992, citata dalla controricorrente e dalla sentenza impugnata, sia stato superato dalla successiva evoluzione giurisprudenziale della Corte, ispirata all’economicità dei giudizi ed al principio costituzionalizzato del giusto processo”.

2.- Passando al ricorso dell’INPS, il motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 ed in connessione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65 e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12, 24 e 26. Vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5); tanto perchè la sentenza impugnata aveva erroneamente confermato la declaratoria di nullità del ruolo emesso nei confronti di un soggetto non più esistente in quanto già incorporato da una diversa società e la nullità della stessa cartella intestata al medesimo soggetto estinto, senza tener conto che il ruolo può essere formato e notificato nei confronti della società incorporata in difetto di comunicazione all’INPS; e che quand’anche il ruolo fosse stato affetto da nullità, questa si sarebbe sanata con l’opposizione proposta dal successore. In ogni caso, secondo l’INPS, in mancanza di sanatoria del ruolo il giudice doveva verificare nel merito se esistesse il diritto azionato con il ruolo per mancanza del diritto agli sgravi della controparte.

2.1. Il ricorso dell’Inps è fondato, come risulta dalle seguenti assorbenti considerazioni.

Anzitutto deve rilevarsi come sia pacifico in giudizio che l’opponente (a seguito di incorporazione e cambio di denominazione) rappresenti la società incorporante, che ha incorporato quella intimata con la cartella. La sentenza d’appello afferma però che si tratti di un soggetto giuridico del tutto diverso e sostiene che la notifica alla incorporata fosse nulla e che fosse illegittimo anche il ruolo intestato al soggetto obbligato ma estinto.

In diritto, deve essere premesso che in tema di incorporazione per fusione – nel regime precedente l’art. 2504-bis cod. civ. introdotto dalla riforma del diritto societario (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) secondo cui la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità – per orientamento consolidato “La fusione delle società mediante incorporazione determina automaticamente l’estinzione della società incorporata ed il subingresso, per successione a titolo universale, della società incorporante nei rapporti sostanziali e processuali a quella relativi” (Sez. 2, Sentenza n. 16194 del 03/08/2005; n. 13001 del 31/05/2006).

2.2. La sentenza impugnata, invece, pur dando atto del fenomeno successorio (estinzione dell’incorporata e contestuale sostituzione dell’incorporante), non trae alcuna conseguenza, processuale e sostanziale, dal fatto che il rapporto processuale si sia comunque costituito nei riguardi del soggetto realmente obbligato.

Non solo oblitera quindi del tutto gli effetti sananti che l’opposizione, anche nel merito, dell’incorporante produce sulla notifica della cartella diretta alla incorporata; ma neppure considera che la nullità sostanziale dell’iscrizione a ruolo nei confronti della società incorporata (già estinta), se valeva ad impedire all’INPS di potersi avvalere del titolo esecutivo, non impediva invece di effettuare l’accertamento del credito dell’INPS, come in un normale processo di cognizione, essendosi appunto costituito nel giudizio il soggetto sostanzialmente obbligato.

2.3. E’ noto che la controversia in opposizione a cartella esattoriale non si risolve nella mera verifica della regolarità del titolo, ma comporta (quando, come nel caso di specie, l’opposizione riguardi anche l’an della pretesa) la valutazione di merito nel rapporto debito-credito fra datore di lavoro ed ente previdenziale e senza che occorra alcuna domanda riconvenzionale dell’Istituto. E’ infatti affermato nella giurisprudenza della Corte (Sez. L, Sentenza n. 23600 del 06/11/2009) che “In tema di riscossione di contributi previdenziali, l’opposizione avverso la cartella esattoriale di pagamento emessa ai sensi del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 2 convertito, con modificazioni, nella L. 7 dicembre 1989, n. 389, dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio e, segnatamente, al rapporto contributivo, con la conseguenza che l’eventuale rigetto di censure di tipo formale relative all’iscrizione a ruolo non pregiudica l’accertamento di tale rapporto secondo le ordinarie regole relative alla ripartizione dell’onere della prova, alla stregua delle quali grava sull’ente previdenziale l’onere di provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo e sulla controparte l’onere di contestare i fatti costitutivi del credito”.

Ed inoltre (Sez. L, Sentenza n. 26395 del 26/11/2013) che “In materia di riscossione di contributi previdenziali, l’opposizione alla cartella esattoriale dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione che investe il rapporto previdenziale obbligatorio, dovendosi escludere che l’eccepita decadenza dell’ INPS per tardiva iscrizione dei crediti contributivi nei ruoli esecutivi determini altresì la decadenza sostanziale dell’Istituto dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito, comportando soltanto l’impossibilità per l’ente di avvalersi del titolo esecutivo”.

3. Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque l’accoglimento di entrambi i ricorsi proposti dalle parti.

La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa ad un nuovo giudice il quale si atterrà nella decisione della causa ai principi di diritto sopra affermati in materia di sanatoria della nullità della notifica della cartella alla società incorporata ed in materia di nullità del ruolo e di accertamento del relativo credito nel giudizio promosso dalla incorporante opponente.

Il giudice di rinvio provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio ex art. 385 c.p.c., comma 3.

PQM

 

La Corte accoglie i ricorsi, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Cagliari sez. distaccata di Sassari.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2017

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