Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16670 del 06/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 06/07/2017, (ud. 08/06/2017, dep.06/07/2017),  n. 16670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11334/2015 proposto da:

MULTISERVICE COMPANY SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore Sig.ra B.G., S.I., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GIACOMO BONI 15, presso lo studio

dell’avvocato ELENA SAMBATARO, rappresentati e difesi dall’avvocato

SALVATORE MILITELLO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.R., COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI GENERALI ITALIA SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5328/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 23/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/06/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza resa in data 4/11/2014, il Tribunale di Palermo ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha disatteso la domanda proposta da S.I. e dalla Multiservice Company s.r.l. nei confronti di G.R. e della Assitalia s.p.a., per la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni materiali subiti dall’autovettura della S. a seguito di un sinistro stradale verificatosi tra la stessa vettura (condotta da un terzo) e quella del G.;

che, a sostegno della decisione assunta, il giudice d’appello ha ritenuto non adeguatamente superata la presunzione di paritaria responsabilità dei protagonisti del sinistro (ex art. 2054 c.c.), ritenendo conseguentemente sufficiente, al fine di soddisfare le ragioni degli attori, la somma già corrisposta prima del giudizio dalla Assitalia s.p.a. in favore della Multiservice Company s.r.l., quale cessionaria del credito della S.;

che, avverso la sentenza d’appello, S.I. e la Multiservice Company s.r.l. propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

che nessuno degli intimati ha svolto difese in questa sede;

considerato, che, con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 209 del 2009, art. 143 (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere il giudice d’appello erroneamente valutato le risultanze probatorie acquisite al giudizio, con particolare riferimento alla denuncia di sinistro congiuntamente sottoscritta da entrambi i relativi protagonisti, rispetto ai cui contenuti avrebbe dovuto assumere valore decisivo la presunzione (relativa) di conformità ai fatti prevista dalla norma richiamata, non avendo le controparti fornito alcuna prova idonea a superare detta presunzione, avuto riguardo al contenuto di tutti i restanti elementi di prova disponibili;

che il motivo è inammissibile;

che, infatti, il giudice d’appello, lungi dall’escludere l’incidenza della presunzione prevista dall’art. 143 cit., ha evidenziato come le informazioni probatorie ricavabili da detto documento non consentissero di ritenere effettivamente comprovata l’avvenuta adozione, da parte del veicolo danneggiato, di tutte le misure idonee ad evitare il danno, con il conseguente mancato superamento della presunzione di pari responsabilità dei protagonisti del sinistro prevista dall’art. 2054 c.c.;

che, conseguentemente, nessuna violazione della norma richiamata dai ricorrenti può essere ascritta alla decisione del giudice d’appello, essendosi quest’ultimo limitato a rilevare l’irriducibile incompletezza degli elementi informativi ricavabili dalla denuncia di sinistro sottoscritta dai protagonisti (pur assumendo come comprovata la descrizione del fatto ivi contenuta), sì da escludere la possibilità di attestare con sufficiente certezza l’avvenuto superamento della presunzione di cui all’art. 2054 c.c.;

che, con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 232 c.p.c., ed omessa applicazione dell’art. 12 dell’allegato 1 del D.P.R. n. 254 del 2006 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice d’appello erroneamente trascurato di valutare la mancata risposta del G. all’interrogatorio formale deferitogli, unitamente a tutti gli altri gli elementi di prova acquisiti, tra i quali la denuncia di sinistro congiuntamente sottoscritta dai protagonisti, altresì trascurando di tener conto dell’art. 12 e dell’allegato 1 del D.P.R. n. 254 del 2006, nella parte in cui dispone che se uno dei veicoli si immette nel flusso della circolazione da una posizione di sosta uscendo da un’area privata (come avvenuto nel caso di specie) e urta un veicolo in circolazione, lo stesso è responsabile al 100% del sinistro;

che il motivo è inammissibile;

che, con il motivo in esame, i ricorrenti – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge – allega un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica dei ricorrenti, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente gli stessi nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;

che, nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dagli odierni ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti, con specifico riguardo alla ricostruzione dell’effettiva dinamica del sinistro che, una simile argomentazione critica appare con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa, integrando, pertanto, una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;

che, ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;

che, peraltro, con riguardo alla norma di cui al D.P.R. n. 254 del 2006, art. 12 e del richiamato allegato 1, del tutto impropriamente gli odierni ricorrenti ne invocano una pretesa valenza decisiva ai fini dell’odierna controversia, atteso che tali norme presuppongono in ogni caso l’avvenuto accertamento concreto delle effettive modalità di verificazione del sinistro, non potendo evidentemente trovare applicazione là dove, come nel caso di specie, le occorrenze concrete della vicenda dannosa non siano state adeguatamente comprovate sulla base degli elementi istruttori complessivamente acquisiti;

che, pertanto, sulla base delle argomentazioni che precedono, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

che non vi è luogo all’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità, non avendo nessuno degli intimati svolto difese in questa sede.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2017

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