Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16667 del 06/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 06/07/2017, (ud. 08/06/2017, dep.06/07/2017),  n. 16667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2825/2015 proposto da:

AVIVA ITALIA SPA in persona del proprio procuratore speciale Dott.

A.A., Chief Operating Officer, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DUILIO, 7, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO MARETTO,

che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G.T.S., D.G.F., D.G.G.,

D.G.A., DI.GE.AN., D.G.E.V.,

elettivamente domiciliati in ANZIO, RIVIERA ZANARDELLI 55, presso lo

studio dell’avvocato ALDO NAPOLETANO, che li rappresenta e difende

giusta procura speciale a margine del controricorso;

M.R., M.G., M.P.,

P.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI CONDOTTI 9,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PICOZZI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO CELANI giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

D.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6510/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/06/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

convenuti, con atto di citazione passato per la notifica il 10/04/1995, dal padre e dai fratelli (e cioè da D.G.E.V., nonchè da D.G.F., A., An., G. e T.S.) di D.G.F., rimasto vittima di un incidente stradale il (OMISSIS) nei pressi di (OMISSIS), il proprietario, il conducente e l’assicuratrice RcA (rispettivamente, M.P. e R., nonchè GEAS ass.ni spa, cui nelle more del giudizio sarebbe subentrata Commercial Union spa e AVIVA Italia spa) del motoveicolo Honda 125 (tg. (OMISSIS)) sul quale la vittima era trasportata al momento del sinistro e per conseguirne la solidale condanna al risarcimento dei danni, i primi due convenuti contestarono la dinamica, in particolare deducendo che alla guida era proprio la vittima, tanto da dispiegare riconvenzionale nei confronti dei soli attori;

costituitasi l’assicuratrice degli originari convenuti, questa invocò, subordinatamente al rigetto della domanda principale nel merito, comunque la declaratoria di inoperatività della garanzia in virtù delle condizioni generali di polizza, essendo il conducente M.R. privo dei requisiti previsti dalla L. 18 marzo 1988, n. 111, art. 1, nonchè dell’autorizzazione a trasportare un passeggero sul veicolo, sul medesimo presupposto chiedendo ad ogni buon conto di condannare i convenuti, ma per il secondo i genitori all’epoca esercenti la potestà ( M.G. e P.M.) da chiamare in causa, a restituire – ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 18 cpv., ovvero dell’art. 1203 c.c., n. 3 e art. 2048 c.c. – quanto eventualmente essa assicuratrice fosse stata tenuta a corrispondere agli attori a titolo di risarcimento dei danni;

chiamati in causa anche M.G. e P.M., gli originari convenuti estesero le originarie domande nei confronti dell’assicuratrice ed intervenne la madre della vittima, D.S., chiedendo il risarcimento anche dei danni patiti in proprio, sicchè l’assicuratrice a sua volta propose, in alternativa a quella già formulata nei confronti dei M., domanda di rivalsa e manleva anche nei confronti di D.G.E. e di D.S., per l’evenienza che fosse risultato provato che alla guida del motoveicolo era stato proprio la vittima, con conseguente inoperatività della garanzia assicurativa;

l’adito tribunale di Latina, con sentenza n. 1643/05, dichiarò l’esclusiva responsabilità dei M. e condannò questi e l’assicuratrice al pagamento di Euro 250.000 complessivi per “danno morale”, delle spese funerarie e delle spese di lite, riconoscendo all’ultima il “diritto di rivalsa nei confronti dei soggetti oggi condannati”; ma interposero appello principale i M. – P. ed incidentale i D.G. – D. e l’assicuratrice, nelle more divenuta AVIVA Italia spa, che aveva già corrisposto agli attori vittoriosi in primo grado le somme di Euro 268.425,78 e 64.684,53: tanto che l’esecutività della sentenza di primo grado fu sospesa dall’adita corte di appello della Capitale;

quest’ultima, peraltro, accolse parzialmente l’appello dei danneggiati, riconoscendo maggiori importi di risarcimento, ma soprattutto accolse quello dei M. – P., escludendo il diritto di rivalsa affermato in primo grado in virtù del principio (di cui a Cass. n. 12728/10) dell’irrilevanza di prescrizioni o limitazioni eventualmente imposte dal legislatore a fini di limitazione di validità od efficacia del titolo abilitativo, pure condannando l’assicuratrice al pagamento dei due terzi delle spese di lite nei rapporti con i garantiti;

per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 03/12/2013 col n. 6510, ricorre oggi la AVIVA Italia spa, affidandosi ad un motivo; resistono con separati controricorsi, da un lato, M.R., P. e G. e P.M., nonchè, dall’altro, D.G.E.V., A., An., F., G. e T. mentre l’altra intimata Santa D. non espleta attività difensiva in questa sede;

per l’adunanza in Camera di consiglio, non partecipata, del giorno 08/06/2017, sia la ricorrente che i controricorrenti M. – P. depositano memoria ai sensi del penultimo periodo dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1 (come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197);

inoltre, la ricorrente insta per la rimessione alle Sezioni Unite della questione relativa all’idoneità della clausola di polizza che preveda l’esclusione della garanzia assicurativa r.c.a. per i danni cagionati dal conducente non abilitato alla guida ad escludere l’operatività della polizza ed il conseguente obbligo risarcitorio nel caso in cui il soggetto sia munito di una mera autorizzazione per esercitarsi alla guida di veicoli.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 79, 80, 83 e successive modificazioni – r.t. vigente, nonchè della L. n. 990 del 1969, art. 18, comma 2, così come sostituito dal D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 1, convertito, con modificazioni, nella L. 26 febbraio 1977, n. 39 – r.t. vigente ed, infine, degli artt. 1362 c.c. e segg., riguardo l’interpretazione della clausola ex art. 2 C.G.A. della polizza n. (OMISSIS)”;

il motivo è fondato, nei sensi di cui appresso;

va dapprima ribadito che, ai fini che qui interessano e disattendendosi la contraria tesi dei ricorrenti M. – P., non era consentito, al tempo del sinistro, al conducente di un motoveicolo munito di c.d. “foglio rosa” e quindi soltanto autorizzato ad esercitarsi alla guida, portare a bordo alcun passeggero, tanto violando l’art. 79 dell’allora vigente codice della strada (tra le altre: Cass. 25/05/2010, n. 12728);

va poi in linea di principio rilevato – in più attenta elaborazione dello stesso principio applicato dalla stessa corte territoriale e di cui subito appresso, se del caso anche in rimeditazione dei risultati cui la giurisprudenza di questa Corte è giunta in passato – che effettivamente, alla stregua del tenore testuale delle norme sui requisiti per la guida dei veicoli applicabili ratione temporis e puntualmente richiamate dalla ricorrente (specificamente, l’art. 79 C.d.S. 1959, cioè D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, come sostituita dalla L. 18 marzo 1988, n. 111, art. 1), il possesso del requisito dell’età in relazione alla conduzione di un motoveicolo di una certa cilindrata e privo di altri passeggeri a bordo oltre al conducente non si risolve in una mera prescrizione limitativa all’abilitazione alla guida successiva a quest’ultima e quindi connessa al momento funzionale anzichè a quello genetico dell’abilitazione stessa, ma integra un vero e proprio positivo presupposto per la medesima; in altri termini, per la conformazione della norma, il minore che non avesse mai compiuto gli anni diciotto non poteva mai reputarsi abilitato alla guida neppure sotto il profilo della mera autorizzazione all’esercitazione di cui al successivo art. 73 C.d.S., che in ogni caso non consentiva certo il trasporto di un passeggero – di un motoveicolo con a bordo un altro passeggero e quindi che nessun altro fosse a bordo non integrava una prescrizione a valle della abilitazione, ma una limitazione o un connotato consustanziale all’abilitazione stessa, la quale sarebbe quindi venuta a mancare intrinsecamente e ab initio per motoveicoli che trasportassero persone oltre il conducente;

e tuttavia, se non altro quanto al profilo dell’interpretazione della clausola contrattuale prospettato nell’unitario motivo del ricorso per cassazione dall’odierna ricorrente, la doglianza può dirsi immediatamente fondata: ciò che esime dalla necessità di affermare ex professo uno scostamento dalla conclusione cui questa Corte è giunta fino a tempi recenti in ordine alla tematica dell’interpretazione della norma che sarebbe stata applicabile alla fattispecie in difetto di quella specifica previsione pattizia e rende pertanto inutile la rimessione della relativa questione all’esame delle Sezioni Unite di questa Corte, pure invocata dalla ricorrente;

la corte territoriale ha invero applicato il principio di diritto affermato da Cass. 25/05/2010 n. 12728, circa l’irrilevanza della violazione delle prescrizioni, quand’anche limitative, dell’abilitazione alla guida (pronuncia espressamente riferita ad una fattispecie in cui il titolare di un c.d. “foglio rosa” aveva violato le relative prescrizioni, trasportando a bordo del motoveicolo un passeggero) ed in particolare ritenendo fonte esclusivamente di responsabilità amministrativa del conducente la violazione delle regole sul trasporto di passeggeri, dinanzi alla circostanza che il conducente stesso fosse titolare di autorizzazione per esercitarsi alla guida dei veicoli, ciò che integrava gli estremi per farlo considerare abilitato ai fini della disciplina in esame;

ora, sul punto la giurisprudenza di questa Corte, ivi compresa la stessa pronuncia richiamata dalla qui gravata sentenza (Cass. 12728/10, confermata poi da Cass. ord. 01/04/2016, n. 6403, ma questa con riferimento a violazione di prescrizioni specificamente imposte al titolare dell’abilitazione al momento del rilascio e non per previsione legislativa), per quanto meritevole di rimeditazione alla stregua delle considerazioni svolte più sopra, è comunque univoca nel ritenere che la garanzia assicurativa possa essere esclusa, in caso di violazione delle prescrizioni relative al titolo abilitativo alla guida, sia pur solo se espressamente prevista dal contratto (in tali espressi termini, tra le ultime, Cass. 25/09/2014, n. 20190; ma, in precedenza, già Cass. 27/05/2009, n. 12270), benchè tali limitazioni – proprio in quanto nascenti dal contratto tra le parti intercorso – non siano opponibili ai terzi danneggiati (Cass. 27/08/2014, n. 18308);

ed al riguardo va subito notato che il conducente del motoveicolo, M.R., all’epoca dei fatti e cioè il (OMISSIS), per essere nato in data (OMISSIS), non aveva ancora compiuto nemmeno diciassette anni ed era alla guida di un motoveicolo su cui trasportava la vittima, pur essendo egli titolare di autorizzazione ad esercitarsi alla guida di motoveicoli di una determinata cilindrata e comunque senza nessun altro passeggero a bordo; situazione di fatto alla quale va riferita la previsione dell’art. 2 delle Condizioni Generali di Assicurazione della polizza che regolava i rapporti tra l’assicuratrice r.c.a. Geas ed il M. (adeguatamente riprodotta in ricorso in ossequio al disposto del n. 6 dell’art. 366 c.p.c.), a termini del cui espresso tenore testuale era sancita la non operatività dell’assicurazione “se il conducente del veicolo assicurato non è abilitato a norma delle disposizioni in vigore, nonchè nei casi… di trasporto di persone, se la circolazione avviene senza l’osservanza delle rispettive norme legislative e regolamentari”, con diritto di rivalsa dell’assicuratrice per le somme eventualmente pagate al terzo in conseguenza dell’inopponibilità di tali eccezioni;

pertanto, a prescindere dall’ulteriore approfondimento della questione sulla sussistenza o meno dei requisiti per l’abilitazione alla guida, ritiene il Collegio dirimente rilevare come la previsione contrattuale sia di per sè sola idonea, se non ad escludere la responsabilità verso i terzi, quanto meno a fondare il diritto di rivalsa pattiziamente regolato proprio per il caso in cui la circolazione al momento del sinistro sia avvenuta in violazione delle specifiche norme del codice della strada ivi espressamente previste;

invero, si è sicuramente verificata la fattispecie contrattualmente i contemplata in modo esplicito: e tanto, se non con riguardo alla previsione pattizia della carenza di abilitazione alla guida (che riproporrebbe le tematiche ermeneutiche appena viste e sviluppate dalla ricorrente nella prima parte del suo unitario motivo di ricorso per cassazione), almeno certamente con riferimento a quella dell’esclusione della copertura assicurativa nei casi di trasporto di persone ove la circolazione avvenga senza l’osservanza delle rispettive norme;

tanto pacificamente è avvenuto nella specie, visto che il conducente M.R., sebbene titolare di autorizzazione ad esercitarsi alla guida (quale prevista in via generale dal D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 83), non avrebbe poi potuto trasportare alcun altro sul motoveicolo su cui si stava esercitando, per il combinato disposto del comma 3 del medesimo art. 83 e delle lett. c) e d) del cit. D.P.R. n. 393 del 1959, art. 79, nel testo vigente al momento dei fatti: posto che, appunto, per i minorenni di età compresa tra i sedici ed i diciotto anni la guida dei motoveicoli di cilindrata fino a 125 cc era consentita purchè non vi si trasportassero altre persone oltre al conducente;

pertanto, la circostanza della conduzione a bordo del motoveicolo di un passeggero, conclamata dal fatto che quest’ultimo è rimasto vittima dell’incidente occorso a quello, è idonea – se non ad integrare la previsione normativa della carenza dei requisiti genetici per l’abilitazione alla guida dell’età e del non trasporto di alcuno a bordo, almeno – ad attivare la previsione pattizia di esclusione della garanzia assicurativa, se non altro ai fini del diritto di rivalsa ivi previsto: e sotto questo profilo è quindi errata la gravata sentenza, la quale, sul punto, non può che essere cassata, con rinvio alla corte di appello di Roma, ma in diversa composizione ed anche al fine di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, onde verificare le conseguenze dell’accertata inoperatività della copertura assicurativa, se non altro nei rapporti con l’assicurato, ai fini della domanda di rivalsa da subito esperita dall’assicuratrice;

infine, va dato atto – mancando discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – dell’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito, essendo stato accolto il ricorso.

PQM

 

accoglie il ricorso. Cassa la gravata sentenza e rinvia alla corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2017

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