Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16666 del 04/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 04/08/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 04/08/2020), n.16666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30254-2014 proposto da:

O.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI

3, presso lo studio dell’avvocato PAOLO ACCARDO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALBERTO AZZENA;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS) DI SASSARI, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 50/A, presso lo studio dell’avvocato

NICOLA LAURENTI, rappresentata e difesa dall’avvocato FILIPPO BASSU;

– controricorrente –

e contro

S.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 80/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZ.

DIST. DI SASSARI, depositata il 09/06/2014 R.G.N. 215/2013.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La corte di Appello di Cagliari, con sentenza del 4.4.2014 ha confermato la sentenza del Tribunale di Sassari n. 25 del 2013, ed ha quindi rigettato il ricorso di O.G., con il quale quest’ultimo, sul rilievo della illegittimità della procedura selettiva volta l’attribuzione dell’incarico di dirigente di struttura complessa, che aveva attribuito tale incarico al dottor S.F., valorizzando il servizio di fatto derivante da precedente nomina ottenuta dallo S. in violazione di legge (in forza di una precedente Delib. n. 728 del 2003, adottata in assenza di pubblica selezione), aveva chiesto di annullare le relative Delib. , sia di quella del 5 novembre 2003, n. 728 che la n. 99 del 2009 e di condannare l’amministrazione resistente al risarcimento del danno da perdita di chance patito dal ricorrente.

2. A fondamento del decisum, la Corte territoriale, per quanto qui rileva, pur concordando con le valutazioni svolte dal ricorrente circa l’illegittimità della Delib. n. 728 del 2003, ha escluso che il vizio dedotto potesse estendersi alla seconda delibera, poichè, sulla scorta di esame analitico delle motivazioni della stessa, ha ritenuto tale deliberazione sufficientemente motivata, quanto alla scelta adottata e alla valutazione delle attitudini professionali del candidato.

In particolare, ha osservato la corte, come “anche elidendo dal percorso professionale dello S. gli effetti dell’incarico allo stesso attribuito con la delibera invalida non vi sono in atti elementi sufficienti per ritenere che in assenza di tale incarico lo stesso sarebbe stato giudicato non idoneo dalla commissione ed anzi essendovi concrete indicazioni per pervenire alla conclusione opposta” (cfr. pagg. 11 e 12 della sentenza impugnata).

Quanto alla risarcimento da perdita di chance la corte ha osservato come il ricorrente non avesse allegato gli elementi volti a provare che, ove la procedura selettiva fosse stata regolarmente espletata, egli avrebbe avuto consistenti concrete possibilità di conseguire l’incarico dirigenziale;

3. La ASL n. (OMISSIS) di Sassari ha resistito con controricorso;

4. il P.G. non ha formulato richieste scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi.

5. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione ed errata applicazione dell’art. 97 Cost., D.P.R. n. 3 del 1957, art. 3D.L. n. 702 del 1978, art. 5 (conv. in L. n. 3 del 1979), D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale, allorchè, pur riconoscendo l’illegittimità della Delib. Direttore generale n. 728 del 2003 non ne fa scaturire la nullità della seguente Delib. direttore generale n. 99 del 2009 con la quale il dottor S. veniva nominato Direttore della Struttura C – Servizio di sanità Animale.

6. Il motivo è inammissibile.

Pur deducendo formalmente violazioni di legge, il ricorrente, senza confrontarsi con la ratio decidendi posta della corte d’appello a fondamento della sentenza, contrappone una propria valutazione a quella ragionatamente argomentata, sulla base delle emergenze istruttorie, della corte territoriale, per tal via formulando un giudizio personale che impinge del merito e che non risulta ammissibile dinanzi a questa Corte di legittimità.

7. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, con riguardo alla violazione del D.P.R. n. 488 del 1997, art. 5 non avendo la Corte rilevato la carenza in capo al vincitore dei 10 anni di anzianità di servizio ed avendo considerato il relativo motivo inammissibile per novità della questione (nonostante il ricorrente avesse evidenziato all’udienza del 17 luglio 2012 tale profilo).

Nella prospettazione del ricorrente, invero, avendo la questione costituito oggetto di discussione tra le parti in contraddittorio nell’ambito dell’udienza fissata dal giudice di primo grado per la discussione, e non traducendosi nella proposizione di una nuova domanda nè nel mutamento di quella originariamente proposta, non si sarebbe verificata alcuna decadenza trattandosi di requisiti scaturenti da norma di legge inderogabile.

8. il secondo motivo è inammissibile.

Poichè la sentenza della Corte territoriale risulta depositata in data 4.4.2014, si applica l’art. 360 c.p.c., comma 1, punto n. 5) nella versione di testo introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modificazioni in L. n. 134 del 2012, la quale consente il ricorso per cassazione solo per “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Le Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. n. 8054 del 2014) hanno espresso su tale norma i seguenti principi di diritto: a) la disposizione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”; b) il nuovo testo introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); c) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie; d) la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso.

Il motivo in esame risulta sicuramente inadeguato rispetto all’osservanza di tali enunciati, peraltro richiamando anche testualmente, la vecchia formulazione della norma e proponendo una censura fondata su attività svoltesi nel corso dell’udienza del 17 luglio 2012 da cui si dovrebbe desumere il vizio di motivazione lamentato aspecifica, e non accompagnata dalle necessarie allegazioni.

9. Con il terzo motivo parte ricorrente deduce la violazione e l’errata applicazione di norme di diritto, ed in particolare del D.M. sanità 30 gennaio 1982, art. 10 in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel valutare la produzione scientifica del vincitore secondo criteri non adeguatamente esplicati e non conformi a quelli indicati dalla norma citata.

In particolare la corte non avrebbe spiegato quale sarebbe stato il contributo fornito dal vincitore alle pubblicazioni valorizzate peraltro da ricondursi al periodo in cui egli era responsabile del servizio sanità animale grazie alla nomina illegittima del 2003;

10. con il quarto motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2043 e 1226 c.c. in cui sarebbe incorsa la corte d’appello rigettando la domanda di risarcimento del danno per perdita di chance poichè, secondo la corte, non sarebbe stata provata la probabilità che il ricorrente aveva di risultare vincitore; avrebbe errato la corte nel ritenere che se la selezione si fosse correttamente svolta sarebbe risultato probabilmente vincitore il dottor P., poichè la corte avrebbe errato nella considerazione di una serie di elementi relativi alla attività professionale del P. ed avrebbe sottovalutato il curriculum del ricorrente.

11. All’evidenza, sia per il terzo che per il quarto motivo si tratta di censure di merito che attingono alla ricostruzione della vicenda storica quale effettuata dalla Corte di Appello ed alla valutazione del materiale probatorio operata dalla medesima, traducendosi nella sostanza in un diverso convincimento rispetto a quello espresso dai giudici del merito, trascurandosi che, ove il ricorrente denunci per cassazione l’insufficiente giustificazione logica dell’apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove, non può limitarsi a prospettare una spiegazione di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa, pur in possibile o probabile corrispondenza alla realtà fattuale, poichè è necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia come l’unica possibile (da ultimo: Cass. n. 25927 del 2015).

12. In ogni caso questa corte, ha da tempo chiarito (cfr. Cass. 17095/2012, 2511/2017 SSUU 25042/2005, 8950/2007, 5920/2008, 21060/2011, 15764/2011) il carattere fiduciario dell’incarico evidenziando come il dirigente, al quale sia stato preferito altro candidato, può dolersi, in ipotesi, solo del carattere discriminatorio della scelta del direttore generale o, ancora più in generale, della violazione del canone di correttezza e buona fede che presidia ogni rapporto obbligatorio contrattuale (ex artt. 1175 e 1375 c.c.). E’ stato ripetutamente affermato da questa Corte che la procedura per il conferimento dell’incarico di dirigente di secondo livello del ruolo sanitario, ai sensi del D.Lgs. 20 dicembre 1992, n. 502, art. 15, comma 3, come modificato dal D.Lgs. n. 517 del 1993, art. 16 non ha natura concorsuale, essendo demandato ad apposita commissione solo il compito di predisporre un elenco di candidati idonei da sottoporre al direttore generale, il cui atto di conferimento ha natura negoziale di diritto privato che si fonda su una scelta di carattere essenzialmente fiduciario, affidata alla sua responsabilità manageriale, con conseguente inapplicabilità della normativa di cui alla L. n. 241 del 1990, che riguarda unicamente la materia dei procedimenti amministrativi il cui atto costitutivo ha natura autoritativa, ed insussistenza di alcun obbligo motivazionale da parte del direttore generale, la cui scelta è sindacabile solo sotto il profilo dell’osservanza delle regole di correttezza e buona fede che consente di valutare l’atto rispetto ai principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (cfr., da ultimo, Cass. 31.7.2009 n. 17852; Cass. 1.12.2009 n. 25314; Cass., s. u. 19.7.2011 n. 15764).

13. Nè il procedimento di conferimento dell’incarico di secondo livello del ruolo sanitario D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 502, ex art. 15 può ritenersi di natura di procedura concorsuale per il fatto che ad essa possano partecipare soggetti estranei a quelli legati da rapporto di lavoro con l’ente che indice la procedura, atteso che la commissione si limita, dopo le modifiche apportate al D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 cit. dal D.Lgs. n. 517 del 1993, alla verifica dei requisiti di idoneità dei candidati alla copertura dell’incarico, in esito ad una colloquio ed alla valutazione dei curricula, senza attribuire punteggi e senza formare una graduatoria, semplicemente predisponendo una rosa di candidati, idonei perchè in possesso dei requisiti di professionalità richiesti dalla natura dell’incarico da conferire, nell’ambito della quale il Direttore Generale è tenuto ad operare la scelta in maniera fiduciaria. E’ stato all’uopo rilevato che neanche potrebbe attribuirsi rilievo, ai fini del riconoscimento della natura concorsuale della procedura in oggetto, alla circostanza che del conferimento dello stesso debba darsi preventivo avviso da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale, atteso che tale avviso ha la sola funzione di ampliare la sfera dei soggetti tra i quali il Direttore deve operare la scelta. Non potendo attribuirsi per quanto detto all’atto di conferimento di incarico di dirigente di struttura sanitaria complessa natura provvedimentale, e rivestendo lo stesso natura negoziale, esula dal detto sistema l’obbligo di motivazione che è previsto nel diritto del lavoro soltanto in alcuni casi nominati in relazione ai quali la legge preveda motivi di recesso tipici, la cui disciplina va estesa ai rapporti di pubblico impiego contrattualizzato. E poichè l’incarico suddetto, tra i candidati dichiarati idonei dalla commissione, è atto negoziale fiduciario, la scelta stessa non essere motivata, trovando il sistema coerenza nella verifica dei risultati e nei conseguenti provvedimenti (cfr. Cass. sez. lav. 3.11.2006.n. 23549). In particolare, è stato osservato che il sindacato giurisdizionale sulla scelta è limitato al controllo di legittimità sull’osservanza delle procedure previste, ossia all’osservanza della previa pubblicità del posto da ricoprire, alla corretta composizione della commissione, all’esistenza di un procedimento di valutazione di idoneità da parte della stessa commissione, alla individuazione del nominativo prescelto nell’ambito della rosa proposta.

14. La normativa di riferimento è rappresentata dal D.Lgs. n. 502 del 1992 che, all’art. 15 comma 7, prevede che “gli incarichi di direzione di struttura complessa sono attribuiti a coloro che siano in possesso dei requisiti di cui al D.P.R. 10 dicembre 1997, n. 484 e secondo le modalità dallo stesso stabilite, salvo quanto previsto dall’art. 15 ter, comma 2.

15. L’attribuzione dell’incarico di direzione di struttura complessa è effettuata dal direttore generale, previo avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, sulla base di una rosa di candidati idonei selezionata da una apposita commissione. Le norme in oggetto confermano, dunque, la natura essenzialmente privatistica dell’atto di conferimento dell’incarico, con limitazione del sindacato giurisdizionale al controllo di legittimità sull’osservanza delle regole imposte dalla procedimentalizzazione dell’attività consultiva della Commissione alla quale si ricollega l’atto deliberativo, che può anche discostarsi dai giudizi espressi dalla commissione stessa. La mancanza di una norma di legge che imponga l’obbligo di motivazione non esclude, tuttavia, che l’amministrazione possa autolimitarsi, imponendo un obbligo di motivazione. In tal caso, come affermato nella sentenza della S.C. 23549/2006, il sindacato giurisdizionale sarà esteso anche alla motivazione, limitatamente all’osservanza dei criteri della correttezza e buona fede.

16. Il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile e va disposta la condanna del soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo, in favore della parte costituita.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2020

 

 

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