Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16663 del 03/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16663 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: FILABOZZI ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 24094-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE,
STUMPO VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
CACCIAPAGLIA ANGELA;

– intimata –

Data pubblicazione: 03/07/2013

avverso la sentenza n. 5088/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 7.10.2010, depositata il 12/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/04/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO FILABOZZI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Luigi Caliulo (per delega avv.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 24094 sez. ML – ud. 04-04-2013
-2-

Antonietta Coretti) che insiste per raccoglimento del ricorso.

- r.g. n. 24094/2011 Inps c. Cacciapaglia Angela
– Oggetto: disoccupazione agricola

ORDINANZA
Atteso che è stata depositata relazione del seguente contenuto:
“1. Con ricorso al Tribunale di Foggia Angela Cacciapaglia, operaia agricola a tempo determinato,
conveniva in giudizio l’Inps chiedendo venisse accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità

stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del d.lgs. n. 146 del
1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito;
La domanda veniva accolta con sentenza che era confermata dalla Corte d’appello di Bari, che respingendo l’appello dell’Istituto, riconosceva, fra l’altro, il diritto della ricorrente alla inclusione
nella retribuzione utile per il calcolo della indennità di disoccupazione della quota di trattamento di
fine rapporto;
Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con due motivi;
L’intimata non ha svolto attività difensiva;
2. Con i motivi di gravame l’Istituto ricorrente, lamentando violazione dell’art. 18, comma 18, del
d.l. n. 98/2011, conv. in legge n. 111/2011, nonché degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL operai agricoli
e florovivaisti del 2002 in relazione all’art. 6, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 314/97, all’art. 3 d.l.
n. 318/96, conv. in legge n. 402/96, nonché in relazione agli artt. 1362 e ss., 2120 cod. civ. ed
all’art. 4, commi 10 e 11, della legge n. 297/82, censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto
affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita;
3. Il ricorso è manifestamente fondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è enunciato il seguente principio:
“Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per
cui “ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione
– definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è comprensiva del trattamento di fine
rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce denominata
“quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal
1

di disoccupazione dell’anno 2001; la ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione era

computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti sti• pulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996
n. 318 convertito in legge 29 luglio 1996 n. 402, a nonna del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a
quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto
a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti
legali da parte dell’autonomia collettiva”;

con l’art. 18 comma 18 del DL n. 98/2011, convertito in legge 111/2011, ha stabilito che ” L’art. 4
del d.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1 comma 5 del DL 10 gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 18, si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il
calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è
comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione
collettiva”;
Atteso che il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni che precedono e che, pertanto, il ricorso deve essere accolto, conseguendone la cassazione della sentenza impugnata e la decisione nel
merito (art. 384, secondo comma, c.p.c.), non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con
il rigetto della domanda di inclusione nell’indennità di disoccupazione agricola della “quota di
t.f.r.”;
Considerato, infine, che ricorrono giusti motivi, desumibili sia dall’esito complessivo della lite sia
dalla considerazione della sopravvenienza dell’intervento legislativo da ultimo ricordato, per compensare tra le parti le spese dell’intero giudizio;

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di inclusione della “quota di t.f.r.” nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione; compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2013.

4. La interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo avallata dal legislatore, il quale,

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