Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16662 del 04/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/08/2020, (ud. 03/03/2020, dep. 04/08/2020), n.16662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1453-2014 proposto da:

EUROCREDIT 99 S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, Via Filippo Nicolai n.

22, presso lo studio dell’Avvocato MARCO CERICHELLI, rappresentata e

difesa dall’Avvocato CLAUDIO FERRARI giusta procura speciale estesa

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 98/65/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 19/9/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

3/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa DELL’ORFANO ANTONELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

MATTEIS STANISLAO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per la ricorrente l’Avvocato CLAUDIO FERRARI (per delega).

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Eurocredit 99 S.p.A. propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 68/1/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di liquidazione con cui era stato disposto il recupero dell’imposta suppletiva di registro con riferimento ad atto notarile, stipulato in data 13.1.2010 e registrato telematicamente in data 14.1.2010, per atto di cessione di crediti.

La CTR, in particolare, aveva confermato la sentenza di primo grado ritenendo che il contenuto dell’atto notarile evidenziasse che la società ricorrente si era resa titolare di crediti a cui l’Ufficio aveva fatto riferimento in sede di applicazione dell’imposta di registro suppletiva, e che fosse stata correttamente applicata anche l’aliquota pari allo 0,50 % in ossequio al disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 49, rilevando inoltre che per i crediti la base imponibile è costituita dal loro importo senza tener conto degli interessi non ancora maturati.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in rubrica, “violazione dello statuto dei diritti del contribuente, art. 7 – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e dell’art. 112 c.p.c. – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5” poichè i Giudici di appello avrebbero omesso di fornire una motivazione circa “la reiezione del motivo di censura che investiva la pronuncia di rigetto della domanda di accertamento della nullità del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate” per omessa motivazione dell’atto impositivo, avendo l’appellante dedotto che “l’atto indicato nell’avviso non…(era)… un atto di cessione di crediti e… la motivazione dell’avviso, in quanto formalmente riferita al predetto atto, risulta(va) inspiegabile”, e lamentando che in ogni caso il contenuto dell’atto, posto a base dell’imposta applicata, non fosse una cessione di crediti.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in rubrica, “insufficiente e contraddittoria motivazione, per altro e diverso profilo, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5… avendo…(ndr. la CTR)… omesso di motivare e comunque motivato in modo inadeguato sul motivo di appello che investendo l’interpretazione, da parte del Giudice di primo grado, dell’atto indicato nell’avviso di liquidazione della imposta, sollecitava una diversa e più appropriata lettura di tale atto” e lamenta che i Giudici di appello avrebbero omesso di rilevare che l’atto notarile in oggetto non conteneva una cessione di crediti ma unicamente una “comunicazione della rinuncia alla garanzia dei crediti ceduti”.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in rubrica, “violazione dell’art. 1260 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per avere ritenuto che l’atto indicato nel provvedimento di liquidazione suppletiva dell’imposta di registro contenesse una cessione di crediti benchè proveniente dal creditore ceduto ed esclusivamente diretto al curatore fallimentare della debitrice società Bradi”, trattandosi di atto unilaterale a firma del cessionario (società Unicredit) indirizzato non al cedente ma al debitore ceduto (il fallimento della società (OMISSIS)).

1.4. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in rubrica, “violazione del TESTO UNICO delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, D.P.R. n. 131 del 1986, PARTE II della Tariffa dell’imposta di registro, art. 1, PARTE 1 (della Tariffa), art. 2, comma 1, e artt. 3, 6, 10, 20 e 22 – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – avendo la Commissione tributaria regionale ritenuto che la cessione di crediti debba essere soggetta ad imposta di registrazione anche se realizzata mediante scrittura privata o sia comunque richiamata in altro atto; insufficiente motivazione su predetto punto decisivo della controversia prospettato alle parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

1.5. Le doglianze vanno esaminate congiuntamente, in quanto strettamente connesse.

1.6. In primo luogo, non si ravvisa alcuna omessa pronuncia nella sentenza impugnata, che ha chiarito come le doglianze dell’appellante dovessero essere respinte in quanto il contenuto dell’atto notarile evidenziava la cessione di crediti ai quali l’Ufficio finanziario aveva fatto riferimento in sede di applicazione dell’imposta di registro sostitutiva.

1.7. Non è dato, inoltre, neppure ravvisare alcun difetto di motivazione nell’atto impositivo impugnato, nel quale, come riportato dallo stesso ricorrente, risulta precisato che l’imposta suppletiva era applicata “in relazione all’atto stipulato il 13 gennaio 2010 dal notaio… tra il dante causa (OMISSIS) S.p.A. in fallimento e avente causa Eurocredit 99 S.p.A. per i seguenti motivi: “recupero imposta di registro suppletiva per atto di cessione crediti effettuato per corrispondenza, come formalizzato in atto, ai sensi del combinato disposto del T.U. n. 131 del 1986, tariffa parte 2, art. 1, comma 1, lett. A, e tariffa parte 1, art. 6″”.

1.8. A seguire, va premesso che il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, Tariffa, Parte Seconda, allegata, art. 1, comma 1, lett. a), dispone per tutta una serie di atti e contratti (i quali, di regola, dovrebbero essere soggetti a registrazione in “termine fisso”) che, se formati “mediante corrispondenza”, la registrazione avvenga solo “in caso d’uso” (con la medesima tassazione prevista per il caso in cui essi fossero soggetti a registrazione in “termine fisso”), evidentemente allo scopo di non intralciare, con inutili appesantimenti burocratici, la prassi commerciale sviluppatasi in tal senso.

1.9. Nel caso in esame, la ricorrente prospetta dunque di aver acquisito i crediti in oggetto, vantati da soggetti terzi nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.p.A. “in forza di contratti di cessione pro soluto – perfezionati mediante scambio di lettere di proposta e successiva accettazione”.

1.10. Al riguardo questa Corte ha già avuto modo di affermare che “ai fini dell’imposta di registro, il contratto stipulato per corrispondenza si distingue dal contratto stipulato per scrittura privata non autenticata per il fatto che nel secondo caso vi è un solo documento nel quale risultano formalizzate le volontà di tutti i contraenti e le loro sottoscrizioni, mentre, se si tratta di “corrispondenza”, in ogni documento è raccolta la volontà unilaterale di un solo contraente” (cfr. Cass. n. 30179 del 2017, in motivazione), ed il cosiddetto ” scambio di corrispondenza commerciale” è soggetto, quindi, al pagamento dell’imposta proporzionale di registro solo in caso d’uso e non in termine fisso (entro venti giorni), scontando l’imposta proporzionale nella misura del 3%, in base al D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, Parte Prima, allegato A, art. 9, riferito, a tutti gli “atti diversi da quelli altrove indicati aventi oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale” (cfr. Cass. n. 19799/2018, in motivazione).

1.11. Parimenti occorre evidenziare che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, testualmente stabilisce quanto segue: “1. Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate, se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 69. 2. L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione. 3. Se l’enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso è contenuta in uno degli atti dell’autorità giudiziaria indicati nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, imposta si applica sulla parte dell’atto enunciato non ancora eseguita”.

1.12. Il D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa parte seconda allegata, art. 1, comma 1, lett. a), sancisce, tra l’altro, che gli atti indicati: a) nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 2, comma 1, e artt. 3,6,9 e art. 10, prima parte, formati mediante corrispondenza, ad eccezione di quelli ecc., sono soggetti a registrazione solo in caso d’uso.

1.13. Ai sensi, poi, del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, dianzi indicato, si ha caso d’uso quando un atto si deposita, presso le cancellerie giudiziarie, nell’esplicazione di attività amministrative, o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, per essere acquisito agli atti, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi, ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento.

1.14. Occorre dunque stabilire se un atto soggetto a registrazione solo in caso d’uso, quale è l’atto in questione, è assoggettabile ad imposizione solo ed esclusivamente in tale ipotesi ovvero anche quando sia enunciato in altro atto registrato, ovvero ancora se tale enunciazione configuri o meno un caso d’uso.

1.15. Rileva al riguardo la Corte che, alla stregua della stessa testuale dizione del richiamato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, deve escludersi nell’ipotesi di specie che il mero richiamo dell’atto non registrato in atto registrato possa configurare un’ipotesi d’uso (cfr. Cass. n. 5946/2007 in motivazione).

1.16. E’ d’uopo allora verificare se il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, richiamato si riferisca anche all’enunciazione di atti soggetti a registrazione solo in caso d’uso.

1.17. Il tenore letterale della norma in esame impone una risposta positiva al quesito atteso che, se il legislatore ha specificato, nella parte finale del comma 1, che “se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 69”, è evidente che ha inteso includere anche gli atti soggetti a registrazione in caso d’uso e poichè l’enunciazione da tali ultimi atti non configura, ai sensi dello stesso D.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, come innanzi rilevato, un “uso”, deve concludersi per l’assoggettamento di tali atti all’imposta a prescindere dall'”uso” di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 6, cit. dei medesimi e sulla base della sola enunciazione.

1.18. In caso contrario, invero, come già precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 5956/2007 cit.), sarebbe da considerare inutiliter data la specificazione che assoggetta a pena pecuniaria solo gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, in quanto, non concretando l’enunciazione un “uso”, sarebbero stati imponibili solo gli atti soggetti a registrazione a termine fisso enunciati nell’atto registrato e quindi sarebbe stato superfluo specificare che solo per tali atti è dovuta oltre all’imposta anche la pena pecuniaria.

1.19. Poste tali premesse, occorre altresì evidenziare come la norma richieda espressamente, quale presupposto di sua applicazione, la corrispondenza tra le parti intervenute nell’atto enunciato e in quello enunciante.

1.20. Con tale termine, la norma si riferisce non solo alle parti che hanno sottoscritto l’atto enunciante e quello enunciato, bensì anche a tutti i soggetti che, pur non essendo intervenuti in atto e non avendolo sottoscritto, risentono direttamente dei suoi effetti e si riferisce, quindi, alle parti sostanziali, non essendo esclusa la configurabilità dell’istituto dell’enunciazione dall’eventuale presenza nell’atto enunciante di soggetti ulteriori rispetto alle parti della disposizione enunciata.

1.21. Come posto in rilievo anche dalla dottrina, il concetto è da interpretarsi non nel senso omnicomprensivo di parti, ma piuttosto di essenzialità quale interrelazione tra quelle intervenute nei due atti, e ricorrerebbe enunciazione, ad esempio, quando venditore e acquirente si danno atto che l’immobile è detenuto dall’acquirente in qualità di inquilino, ma non quando il venditore renda noto all’acquirente che l’immobile vendutogli è condotto in locazione da terzi.

1.22. Sulla scorta di tali principi questa Corte (cfr. Cass. n. 1125/2000) ha già affermato dunque che il richiamo effettuato da un decreto ingiuntivo ad un ricorso giudiziale nel quale si fa riferimento ad una cessione di crediti effettuata tra soggetti diversi dal debitore ingiunto evidenzia un’enunciazione indiretta di atti, ma esclude l’identità tra le parti dei distinti atti non presentati alla registrazione, escludendo conseguentemente la tassazione dell’atto di cessione di crediti precedentemente non sottoposto a registrazione al momento della presentazione del decreto ingiuntivo, per carenza delle condizioni di identità soggettiva.

1.23. Di qui anche nel caso in esame, relativo a cessione di credito, effettuata mediante corrispondenza commerciale tra cedente e cessionario, ed enunciato nell’atto soggetto a registrazione di rinuncia al credito del cessionario nei confronti del debitore ceduto, l’infondatezza della pretesa dell’Ufficio, per la mancanza di identità delle parti intervenute nell’atto enunciante e in quello enunciato.

2. Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va pertanto accolto limitatamente al quarto motivo, respinti i rimanenti.

3. Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, decidendosi nel merito ex art. 384 c.p.c., va accolto il ricorso introduttivo del giudizio.

3. Nell’assenza di specifici precedenti in termini con riguardo alla fattispecie esaminata e nella parziale novità delle questioni esaminate debbono essere ravvisate le ragioni che inducono la Corte a compensare integralmente le spese di ogni fase e grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, respinti i rimanenti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio, compensando tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 3 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2020

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