Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16656 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 09/08/2016, (ud. 15/07/2016, dep. 09/08/2016), n.16656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. Frasca Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 04580-2013 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (CF (OMISSIS)), in persona del

Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui Uffici ope legis domicilia in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

F.A. (CF (OMISSIS)) E P.I. (cf. (OMISSIS))

elettivamente domiciliate in Roma, Piazza dell’Emporio 16/A, presso

lo studio dell’avv. Gianluca Baldacci, che le rappresenta e difende

come da procura speciale in calce al ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 6192 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, emessa il

18/07/2012, depositata il 10/12/2012, in causa n. 1538/2007 rgacc;

udita la relazione sulla causa svolta nella pubblica udienza del

15/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato ETTORE FIGLIOLIA;

udito l’Avvocato ANDREA LIJOI (per delega dell’Avvocato Baldacci);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

DE RENZIS LUISA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale ed il rigetto di quello incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La domanda di condanna al pagamento della giusta

remunerazione per la frequenza di scuole universitarie di specializzazione in medicina od al risarcimento del danno da omesso adeguamento dello Stato italiano alla relativa normativa comunitaria, proposta insieme ad altri da F.A. e da P.I. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altre articolazioni dello Stato italiano (nella specie: Ministero della Salute, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dell’Istruzione), è stata infine accolta in parte dalla corte di appello di Roma, che, in riforma del rigetto in primo grado per ritenuta prescrizione quinquennale, ha condannato la sola Presidenza al pagamento delle somme di Euro 24.000 in favore della P. e di Euro 32.000 in favore della F., oltre interessi dalla sentenza al saldo, col favore delle spese di lite.

2.- La Presidenza del Consiglio dei Ministri chiede oggi, affidandosi ad un motivo e con ricorso notificato il 6-7.2.13, la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 10.12.12 col n. 6192 e non notificata; resistono con controricorso, dispiegando a loro volta ricorso incidentale articolato su due motivi, le intimate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.- Con l’unico motivo di ricorso principale (di “violazione artt. 1219 e 1224 c.c.; L. n. 370 del 1999, art. 11; violazione principi di diritti in materia di conseguenze derivanti dall'”illecito comunitario”; difetto di motivazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″) la Presidenza del Consiglio contesta la riconosciuta natura di debito di valore a quello risarcitorio dello Stato per inadempimento degli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie.

4.- Con il ricorso incidentale, contestato in rito e nel merito quello principale, la P. e la F. si dolgono invece:

– di “error in judicando: per violazione o falsa applicazione della L. 19 ottobre n. 370, art. 11, D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, nonchè delle Direttive 75/363 del 10 giugno 1975 e 82/76 del 26 gennaio 1982, nonchè degli artt. 1224 e 1226 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”: spiegando trattarsi della “questione relativa alla determinazione della somma “base” di riferimento quale risarcimento, nonchè di interessi e rivalutazione”;

– di “error in judicando e in procedendo, violazione e falsa applicazione dell’art. 1294 c.c., artt. 81, 100 e 103 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”, spiegando trattarsi della “questione della ritenuta carenza di legittimazione passiva in capo ai Ministeri intimati”.

5.- Su tutte le problematiche coinvolte dai ricorsi oggi in esame la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di consolidarsi a partire dalle sentenze nn. 10813, 10814, 10815 e 10816 del 17 maggio 2011 (cui sono seguite, tra le altre e negli stessi sensi: dell’anno 2011: 16394, 17868, 21497, 21498, 21499, 21500, 21501, 21973, 23270, 23272, 23275, 23276, 23296, 23297, 23298, 23558, 23560, 23564, 23565, 23566, 23567, 23568, 23569, 23576, 23577, 23578, 23579, 23580, 23581, 23582, 23729, 23730, 23731, 23732, 23733, 23734, 23735, 23738, 23764, 23999, 24019, 24020, 24086, 24087, 24088, 24091, 24092, 24093, 24094, 24813, 24815, 24816, 24817, 24818, 24819, 24820, 24821, 24822, 25992, 25993, 25994, 26701, 26702; dell’anno 2012: 1182, 1850, 1917, 3972, 3973, 4240, 4241, 4537, 4538, 4539, 5064, 5065, 5533, 5640, 5642, 6911, 7257, 7282, 8403, 10298, 21003, 21006, 21072, 21073, 21074, 21075, 21076, 21077, 21719, 21720, 21721, 21722, 22034, 22035, 22036, 22037, 22038, 22040, 22041, 22042, 22709, 22875, 22876, 23929; dell’anno 2013: 238, 586, 587, 1156, 1157, 1330, 1331, 1588, 1589, 1591, 1864, 3217, 3218, 3219, 3220, 3279, 8578, 8579, 8580, 11941, 12654, 12655, 14062, 14494, 15197, 15198, 15199, 15205, 16104, 17066 a 17074, 17454 a 17457, 19479, 19910, 19884, 20033, 21136, 21367 e 21368; dell’anno 2014, tra le altre: 307, 1064, 1143, 2686, 2687, 2688, 2689, 2693, 2785, 2786, 2787, 2788, 3438, 3439, 3440, 3441, 3442, 3867, 3868, 3869, 3872, 4994, 4996, 5275, 5276, 5277, 5278, 5445, 6246, 7475, 8508, 8863, 13760, 14379, 14380, 15751, 15891, 16798, 18020, 18021, 18104, 18220, 19330, 19441, 19442, 19704, 19837, 19861, 21067, 21967, 22094, 22095, 22097, 22480, 22521, 22591, 23520, 23521, 23634, 23635, 23636, 23637, 23638, 23639, 26631; dell’anno 2015: 827, 828, 829, 830, 831, 832, 2708, 2466, 2737, 2738, 2739, 2740, 5134, 5230, 5927, 6028, 6029, 6030, 6031, 6469, 6470, 6471, 6472, 6473, 6885, 6886, 9137, 9256, 9257, 9911, 9912, 9913, 9914, 9915, 10120, 10518, 10519, 10547, 10763, 11298, 12656, 14375, 14376, 15198, 15605, 16086, 19537, 21939, 23211, 24075; dell’anno 2016: 765, 2128, 2591, 3528, 8032, 8939, 9500, 10029; con statuizione ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, Cass., ord. 20 marzo 2014, n. 6066).

6.- Logicamente preliminare si palesa il secondo motivo di ricorso incidentale; ma esso è infondato, alla stregua della rielaborazione della materia di cui alle pronunzie sopra ricordate:

invero, è la Presidenza del Consiglio dei Ministri, quale vertice dell’Esecutivo, l’unica abilitata a rispondere delle pretese per l’inadempimento dello Stato nel suo complesso considerato, sicchè, quando è convenuta in giudizio in uno ad altre persone giuridiche pubbliche (altrimenti operando il diverso meccanismo processuale di cui alla L. n. 260 del 1958), è solo nei suoi confronti di quella che può pronunziarsi un’eventuale condanna.

7.- Quanto alle questioni coinvolte dal ricorso principale e dal primo motivo di ricorso incidentale, invece, va fatta applicazione dei principi più volte affermati a partire dalle ampie argomentazioni già sviluppate in Cass. 11 novembre 2011, n. 23558, o in Cass. 13 marzo 2012, n. 3972.

8.- Può così bastare qui riaffermare la conclusione che si tratta di un peculiare diritto (para-)risarcitorio, con successiva quantificazione equitativa, la quale – da un lato – ha quale necessario (per evitare una sorta di sperequazione o disparità di trattamento in situazioni analoghe, tutte caratterizzate dalla tardività dell’adempimento) parametro le indicazioni contenute nella L. 19 ottobre 1999, n. 370 (con la quale lo Stato italiano ha ritenuto di procedere ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo nei confronti di tutte le categorie astratte in relazione alle quali, dopo il 31 dicembre 1982, si erano potute verificare le condizioni fattuali idonee a dare luogo all’acquisizione dei diritti previsti dalle direttive comunitarie, e che non risultavano considerate dal D.Lgs. del 1991) e – dall’altro – comporta esclusivamente gli interessi – e quindi non anche la rivalutazione, salva la prova del maggior danno ai sensi del capoverso dell’art. 1224 c.c. e della giurisprudenza sul punto maturata – e dalla data della messa in mora, in considerazione del fatto che, con la monetizzazione avutasi con la L. n. 370 del 1999, l’obbligazione risarcitoria acquistò il carattere di un’obbligazione di valuta.

9.- Ne consegue la fondatezza del motivo di ricorso principale e l’infondatezza del primo motivo di ricorso incidentale: e tanto va dichiarato in dispositivo.

10.- Tuttavia, alla necessaria cassazione della gravata sentenza sul solo punto coinvolto può seguire la decisione nel merito della controversia, non essendo necessari altri accertamenti nel merito e in relazione al chiaro giudicato interno pure in ordine all’an debeatur su ogni altro presupposto di fatto e di diritto della pretesa risarcitoria di entrambe le sanitarie.

11.- In particolare, le domande della P. e della F. possono qui accogliersi, sempre nei confronti della sola Presidenza del Consiglio dei Ministri, in ragione di Euro 6.713,94 per ciascuno degli anni di frequenza delle rispettive scuole di specializzazione e, quindi, di Euro 26.855,76 in favore di F.A. e di Euro 20.141,82 in favore di P.I., per entrambe con i soli interessi legali dalla data della notifica della domanda in primo grado, in difetto di idonea allegazione o valida prova su atti interruttivi anteriori.

12.- Non vi è ragione di modificare le statuizioni della sentenza di appello in tema di spese di lite fino a quel momento sostenute dalle parti, persistendo la sostanziale soccombenza della ivi condannata Presidenza.

13.- Le spese del presente giudizio di legittimità possono invece essere compensate, in applicazione del testo dell’art. 92 c.p.c. anteriore alle novelle del 2006, del 2009 e del 2014, per l’oggettiva incertezza dell’annosa questione giuridica oggetto della doglianza qui agitata.

14.- Deve infine trovare applicazione, ma solo nei confronti delle ricorrenti incidentali, uniche a doversi qualificare non vittoriose, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto – senza possibilità di valutazioni discrezionali (Cass. 14 marzo 2014, n. 5955) – della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.


La Corte:

– accoglie il ricorso principale;

– rigetta il ricorso incidentale;

– cassa la gravata sentenza e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, al pagamento della somma di Euro 26.855,76 in favore di F.A. e di Euro 20.141,82 in favore di P.I., per ciascuna oltre interessi al tasso legale dalla data della notifica della domanda di primo grado;

– condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, al pagamento delle spese del primo e del secondo grado di lite, liquidate, per entrambe le odierne resistenti, complessivamente in Euro 2.863,00 – di cui Euro 313,00 per esborsi, Euro 1.150,00 per competenze ed Euro 1.400,00 per onorari – per il primo grado ed in Euro 4.150,00 – di cui Euro 350,00 per esborsi, Euro 1.100,00 per competenze ed Euro 2.700,00 per onorari per il grado di appello, oltre accessori di legge;

– compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del cit. D.P.R. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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