Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16655 del 09/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 09/08/2016, (ud. 15/07/2016, dep. 09/08/2016), n.16655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. Frasca Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 07924-2012 proposto da:

F.E. (CF (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ALESSANDRIA 120, presso lo studio dell’Avvocato BRUNO

GUGLIELMETTI, che la rappresenta e difende in uno all’Avvocato

GIUSEPPINA SUFFRITTI, per procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (CF (OMISSIS)), MINISTERI

DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA (CF (OMISSIS)) E DELL’ECONOMIA

E DELLE FINANZE (CF (OMISSIS)), UNIVERSITA’ STATALI DI SASSARI (CF

(OMISSIS)) E DI CAGLIARI (CF (OMISSIS)), in persona,

rispettivamente, del Presidente del Consiglio, dei Ministri e dei

Rettori pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui Uffici ope legis domiciliano in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 338 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI in causa

n. 637/2004 rgacc, emessa il 21/06/2011, depositata il 07/09/2011;

udita la relazione sulla causa svolta nella pubblica udienza del

15/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato BRUNO GUGLIELMETTI;

udito l’Avvocato FABRIZIO FEDELI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

DE RENZIS LUISA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La domanda di condanna al pagamento della giusta remunerazione per la frequenza di scuole universitarie di specializzazione in medicina od al risarcimento del danno da omesso adeguamento dello Stato italiano alla relativa normativa comunitaria, proposta da F.E. in uno a numerosi altri medici nei confronti delle Università degli Studi di Sassari e di Cagliari, della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altre articolazioni dello Stato italiano (nella specie: Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), fu rigettata dapprima dal tribunale di Cagliari per ritenuta maturazione del termine prescrizionale e, poi, dalla corte di appello di quel capoluogo, ma per la diversa ragione della carenza di allegazione e di prova sulle modalità di espletamento dell’attività formativa, quanto a gran parte dei sanitari appellanti, tra cui l’odierna ricorrente F.E., che si era iscritta ad una scuola di specializzazione quadriennale, in oftalmologia, dopo la laurea conseguita nel 1982 e conseguendo il relativo diploma il 3.7.86..

2.- La F. chiede oggi, affidandosi a tre motivi e con ricorso notificato il 14-15.3.12, la cassazione di detta sentenza, pubblicata il 7.9.11 col n. 338 e non notificata; resistono con unitario controricorso le intimate controparti pubbliche.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.- La ricorrente si duole:

– col primo motivo, di “violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 8 e art. 2, n. 1, lett. c) nonchè punto 1 allegato direttiva Consiglio Cee 363/1975, come modificata dalla direttiva del Consiglio Cee 26 gennaio 1982, n. 76, art. 5, comma 2 e art. 189, comma 3, Trattato CEE 25 marzo 1957, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, nonchè di “motivazione apparente e/o insufficiente, illogica e contraddittoria in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”: e tanto censurando (pag. 13 del ricorso) l’asserita carenza di prova al diritto alla remunerazione, identificando il relativo presupposto esclusivamente nella frequenza del corso di specializzazione;

– col secondo motivo, di “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 1697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” e di “motivazione apparente e/o insufficiente, illogica e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”: invocando, dopo avere rimarcato che non erano mai state contestate la frequenza del corso e lo svolgimento dell’attività formativa secondo quanto richiesto dalla normativa comunitaria, Cass. 7630/03 e quindi l’onere in capo allo Stato inadempiente di provare i requisiti di esclusività del rapporto e di continuità del corso;

– col terzo motivo, di “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 257 del 1991, art. 6, commi 2 e 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonchè motivazione apparente e/o insufficiente, illogica e contraddittoria in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”,

contestando l’esclusione della passiva legittimazione dell’Università e dei Ministeri.

4.- I controricorrenti eccepiscono l’inammissibilità del ricorso, sia per carente specificazione delle parti della sentenza che si intendano criticare; sia per la formulazione di doglianze su punti invece incontroversi; ma rimarcano la correttezza della conclusione della gravata sentenza, che ritengono ben fondata sull’insufficienza dell’autocertificazione e soprattutto corretta quanto all’estraneità alla controversia dei Ministeri.

5.- In via preliminare, dato atto che sul ricorso proposto da numerosi altri degli originari appellanti questa Corte ha pronunziato ordinanza 22097/14, non può farsi a meno di rilevarsi che il ricorso della F. non può essere accolto per le concrete e specifiche modalità della sua formulazione.

6.- Il primo motivo, in particolare, è di assoluta genericità, non potendo evincersi con sicurezza neppure quale parte della sentenza di appello è in esso resa oggetto di specifica critica e comunque non riferendosi la sola doglianza al passaggio argomentativo decisivo: in particolare, non evincendosi dalla formulazione del motivo se si intenda contestare quell’argomentazione che nega la rilevanza probatoria alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ovvero quella che stigmatizza l’assenza di allegazioni su frequenza e modalità o caratteristiche del corso in concreto frequentato.

7.- In particolare, il ricorso ripercorre i presupposti in diritto peraltro già condivisi dalla corte territoriale, per poi mettere in risalto (al punto 11, a pag. 13 del ricorso) come la corte di merito avesse dapprima ritenuto validamente “autocertificata ai sensi della L. n. 15 del 1961” dagli attori la frequenza della scuola (pag. 12 della gravata sentenza) per poi, a detta della F., contraddittoriamente invece ritenere carente di prova la circostanza stessa.

8.- A ben vedere, peraltro, a pag. 23 la sentenza imputa a tutti gli appellanti, tra cui anche l’odierna ricorrente, di essersi limitati ad allegare, provandoli soltanto con l’autocertificazione, il conseguimento di una specializzazione, “nonchè la durata del corso e l’eventuale svolgimento di attività retribuita”, sicchè essi avrebbero lasciato generica l’allegazione di “aver svolto la propria formazione specialistica negli anni accademici 1982/1991”, in particolare perchè non ne hanno specificato i contenuti.

9.- Per le concrete modalità di formulazione del motivo di ricorso, che si limita a prospettare una contraddittorietà che invece manca – visto che a pag. 23 della sentenza si ascrive il rigetto della domanda ad un difetto di allegazione, oltre a presupporre una non idoneità dello specifico contenuto dell’autocertificazione in concreto prodotta, non ad un’inidoneità del mezzo di prova sulla circostanza della frequenza in sè anzichè appuntarsi sulla rilevata genericità di allegazione del contenuto della scuola in concreto frequentata, il motivo non può quindi dirsi cogliere la ratio decidendi e va disatteso.

10.- Neppure il secondo motivo, a parte l’intrinseca inidoneità probatoria di un’autocertificazione (per tutte: Cass. Sez. Un., 29 maggio 2014, n. 12065, seguita – tra le altre – da Cass., ord. 15 gennaio 2015, n. 547, o da Cass., ord. 5 maggio 2016, n. 9010), può essere preso in considerazione, difettando in ricorso – in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 – gli elementi da cui desumere le condotte processuali nelle quali si sarebbe concretata la mancata contestazione, ad opera delle controparti pubbliche, non solo – e non tanto – in ordine alla frequenza del corso in sè e per sè, quanto – piuttosto e soprattutto – a quella frequenza e dello svolgimento dell’attività formativa secondo quanto richiesto dalla normativa comunitaria rimasta inadempiuta.

11.- E va ribadita la necessità che, anche per le condotte processuali di non contestazione, per consentire a questa Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, nel ricorso si rinvengano sia l’indicazione della sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese, sia la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi (in generale, sul principio di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, tra le innumerevoli, v.: Cass., ord. 26 agosto 2014, n. 18218; Cass., ord. 16 marzo 2012, n. 4220; Cass. 1 febbraio 1995, n. 1161; Cass. 12 giugno 2002, n. 8388; Cass. 21 ottobre 2003, n. 15751; Cass. 24 marzo 2006, n. 6679; Cass. 17 maggio 2006, n. 11501; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984; Cass., ord. 30 luglio 2010, n. 17915, resa anche ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; tra le altre del solo 2014: Cass. 11 febbraio 2014, nn. 3018, 3026 e 3038; Cass. 7 febbraio 2014, nn. 2823 e 2865 e ord. n. 2793; Cass. 6 febbraio 2014, n. 2712, anche per gli errores in procedendo; Cass. 5 febbraio 2014, n. 2608; 3 febbraio 2014, nn. 2274 e 2276; Cass. 30 gennaio 2014, n. 2072).

12.- Il terzo motivo, infine, è inammissibile e comunque in radice infondato quanto alle domande nei confronti delle Università: malamente si invoca un’erronea applicazione della disciplina interna sulla giusta remunerazione, anzichè di quella sulla titolarità in capo all’una piuttosto che all’altra delle articolazioni interne dello Stato (o di quella sulla rappresentanza in giudizio di queste, quale la L. n. 260 del 1958, art. 4) dell’obbligo risarcitorio da inadempimento di direttive comunitarie, mentre in nessun caso di tale inadempimento potrebbe essere chiamata a rispondere l’Università (per tutte: Cass, 11 novembre 2011, n. 23558; Cass. 17 novembre 2011, n. 24087; Cass., ord. 6 febbraio 2014, n. 2693).

13.- Pertanto, per le peculiarità di formulazione del ricorso della F., diverse rispetto a quelle del ricorso proposto dagli altri originari appellanti e definito con la citata ord. 22097/14 di questa Corte, il primo non può trovare accoglimento: esso va, così, rigettato e la ricorrente, soccombente, condannata alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore e tra loro in solido, liquidate in complessivi Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito, maggiorazione per spese generali, accessori nella misura di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016

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