Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16652 del 22/07/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 16652 Anno 2014
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DIDONE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 5080-2007 proposto da:
MARCHESE ENZO (c.f. MRCNZE43H12E535S), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso
l’avvocato NOTARO GIANCARLO, che lo rappresenta e
difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

2014
1080

CCC

COSTRUZIONI

CIVILI

CERASI

S.P.A.

(P.I.

00906711007), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 22/07/2014

MONTE ZEBIO 19, presso l’avvocato DE PORCELLINIS
CARLO, rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO
ABBATE, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente contro

intimato-

avverso la sentenza n. 3258/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/05/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
DIDONE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato G. NOTARO che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato C. DE
PORCELLINIS, con delega, che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il

FALLIMENTO DUE PONTI S.R.L.;

rigetto del ricorso.

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Svolgimento del processo
1.- Il Tribunale di Roma ha accolto la domanda di
revocatoria fallimentare ex art, 67 1. fall. di un
contratto di locazione per notevole sproporzione delle

prestazioni proposta dal curatore del fallimento della
s . r . 1. Due Ponti nei confronti di Enzo Marchese condannando
il convenuto al pagamento della somma mensile di euro
300,00 in favore del fallimento dalla domanda sino al
decreto di trasferimento dell’immobile e da tale momento
in favore dell’aggiudicatario, s.p.a. Costruzioni Civili
Cerasi, intervenuto nel corso del giudizio.
Con la sentenza impugnata (depositata in data 10.7.2006)
la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione del
tribunale rigettando l’appello proposto dal convenuto, il
quale lamentava che erroneamente fosse stato ritenuto
ammissibile l’intervento dell’aggiudicatario, che non
fosse stata ritenuta la sopravvenuta carenza di interesse
del curatore e, infine, l’erronea quantificazione del
danno, operata dal tribunale invia equitativa, sulla base
di consulenza di parte del curatore.
Contro la sentenza di appello Enzo Marchese ha proposto
ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

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Resiste con controricorso la s.p.a. C.C.C.
Non ha svolto difese la curatela intimata.
Nel

termine

di

cui

all’art.

378

c.p.c.

parte

controricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione
2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia la
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2901, 2902
c.c., 100, 111 c.p.c. e 67 1. fall. e invoca il principio
enunciato da questa Corte secondo il quale l’alienazione
dell’immobile bacato in pendenza del giudizio promosso per
la revoca del contratto di locazione, comporta il venir
meno dell’interesse della procedura rispetto alla
dichiarazione di inefficacia del contratto (Sez. n.
8419/2000). Deduce – concordemente con la giurisprudenza
richiamata – che nella concreta fattispecie non sarebbe
applicabile l’art. 111 c.p.c. non essendosi verificato
alcun trasferimento del diritto controverso. In ordine
all’azione revocatoria il trasferimento del bene
comportava la cessazione della materia del contendere.
2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 166, 167, 183
e 268 c.p.c. lamentando che non sia stato ritenuto

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inammissibile, perché tardivo, l’intervento della società
aggiudicataria, senza tenere conto della preclusioni
maturate.
2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione

e/o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116
c.p.c. lamentando che sia stata conferita valenza di prova
esclusiva per la quantificazione del danno ad una
consulenza tecnica di parte e conferita ai valori di
mercato delle locazioni degli immobili secondo le comuni
nozioni rilievo di fatto notorio ai sensi dell’art. 115
c.p.c. tale da esonerare l’attore dal fornire la prova del
valore locativo.
3.1.- Il primo motivo è fondato nei limiti infrascritti.
Il Collegio intende dare continuità all’insegnamento
giurisprudenziale – invocato da parte ricorrente – per il
quale nell’ipotesi di trasferimento dell’immobile oggetto
del contratto di locazione per la cui revoca il curatore
fallimentare abbia agito nei confronti del conduttore, non
si verifica alcun fenomeno di successione ex art. 111 c.p.c.
perché «con la vendita forzata dell’immobile si
trasferisce la locazione,

nei limiti di opponibilità

previsti dall’art. 2923 cod. civ., ma non certo il diritto,

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ricorrendone i presupposti,

di farne dichiarare

l’inefficacia; tale diritto, infatti, resta
funzionalmente collegato con l’esecuzione collettiva»
(Sez. 1, n. 8419/2000).

Principio la cui applicazione rende inammissibile
l’intervento dell’aggiudicatario nel giudizio di revoca
promosso dal curatore ex art. 67 1. fall.
D’altra parte, è costante l’insegnamento per il quale dopo
la dichiarazione di fallimento del debitore, la
legittimazione a proporre le azioni a tutela della massa
– tra cui la revocatoria fallimentare – spetta, in via
esclusiva, al curatore e ciò comporta l’esclusione della
legittimazione del singolo creditore ad esperire le azioni
predette e ad intervenire in via principale nel giudizio
all’uopo promosso dal curatore (Sez. l, Sentenza n.
3906/2009; Sez. U, Sentenza n. 29420/2008). Per converso,
nella concreta fattispecie l’aggiudicatario è intervenuto
per chiedere la pronuncia della condanna al pagamento della
somma mensile – dal momento dell’aggiudicazione
direttamente in proprio favore. Sì che non si trattava di
mero intervento adesivo.
Pertanto, in tali limiti il primo motivo è fondato (con

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assorbimento consequenziale del secondo) e dal suo
parziale accoglimento discende la cassazione (senza rinvio)
dell’impugnata sentenza limitatamente ai rapporti tra il
ricorrente e la società aggiudicataria, il cui intervento

3.2.- E’ infondata, per contro, la prima censura nella
parte in cui invoca la pronuncia n. 8419/2000 per farne
derivare la carenza di interesse del curatore a proseguire
nel giudizio intrapreso ché proprio quella pronuncia
invocata dal ricorrente spiega che la persistenza
dell’interesse a coltivare la revocatoria discende
dall’esistenza di una domanda di danni. Domanda in concreto
proposta dal curatore fallimentare (e accolta).
Secondo la più recente giurisprudenza di questa Sezione,
pronunciata dal giudice la revoca di un contratto di durata,
qual è la locazione, il conduttore non può ulteriormente
opporre al fallimento il proprio titolo contrattuale di
godimento del bene locato; bene di cui il curatore potrà
perciò riacquisire la libera disponibilità. Inoltre,
l’eventuale protrarsi del godimento del bene da parte del
conduttore, a partire dal momento in cui il contratto ha
cessato di esser opponibile al fallimento (momento che deve

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va dichiarato inammissibile.

identificarsi con quello di proposizione della domanda,
cui retroagiscono gli effetti costitutivi della pronuncia
giudiziale), non trova più idonea giustificazione causale
– nei riguardi del fallimento – nelle previsioni del

contratto medesimo: di modo che, a partire da quel momento,
il curatore ha titolo per pretendere la corresponsione di
una somma idonea a compensare il fallimento del mancato
godimento del bene in questione, senza necessaria
correlazione con l’ammontare del canone pattuito, come
tale non più opponibile alla massa (Sez. 1, n. 16905/2003).
Talché, nei rapporti con la curatela, il ricorso va
respinto, posto che anche il terzo motivo è infondato
perché secondo la giurisprudenza di questa Corte il giudice
del merito può porre a fondamento della propria decisione
una perizia stragiudiziale, anche se contestata dalla
controparte, purché fornisca adeguata motivazione di tale
sua valutazione, attesa l’esistenza, nel vigente
ordinamento, del principio del libero convincimento del
giudice (Cass., n. 26550/2011). Motivazione che, nella
concreta fattispecie, non risulta ritualmente censurata.
Il ricorso, pertanto, deve essere, nel resto, rigettato.
La particolarità della fattispecie – così come

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sottolineato dalla Corte territoriale a sostegno della già
disposta e non censurata compensazione delle spese in grado
di appello – giustifica l’integrale compensazione delle
spese nei rapporti tra ricorrente e controricorrente.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso limitatamente
all’intervento della s.p.a. “C.C.C.”; cassa senza rinvio
la sentenza impugnata e dichiara inammissibile
l’intervento dell’aggiudicatario. Rigetta il terzo motivo
e dichiara assorbito il secondo. Compensa le spese
dell’intero giudizio nei rapporti tra il ricorrente e la
società controricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 maggio
2014

P.Q.M.

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