Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16651 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16651 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 18521-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1910

SPATAFORA STEFANIA, elettivamente domiciliata in
ROMA,

VIA ALBERICO II

33,

presso lo studio

dell’avvocato FEDERICI ROBERTA, che la rappresenta e

Data pubblicazione: 03/07/2013

difende unitamente all’avvocato GALLEANO SERGIO,
giusta delega in atti;

avverso la sentenza n.

controricorrente

3989/2007 della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/07/2007 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/05/2013 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega
FIORILLO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

10258/2005;

R.G. 18521/2008
FATTO E DIRITTO
Con sentenza 15-17/11/2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di
Benevento rigettava la domanda proposta da Stefania Spatafora nei confronti

termine apposto a contratto di lavoro concluso tra le parti, per il periodo 20-102000/31-1-2001, per “esigenze eccezionali” ex art. 8 ceni 1994 come integrato
dall’acc. az. 25-9-97 e succ., con le pronunce consequenziali.
La Spatafora proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la
riforma con l’accoglimento della domanda.
La società si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza depositata il 5-7-2007,
dichiarava la nullità del termine apposto al contratto de quo con la sussistenza
di un rapporto a tempo indeterminato dal 20-10-2000, e condannava la società
a pagare alla Spatafora le retribuzioni spettanti dalla data di notifica del ricorso
introduttivo con la rivalutazione e gli interessi.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con tre
motivi.
La Spatafora ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria ex
art. 378 c.p.c..
Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Ciò posto va rilevato che con i primi due motivi la società censura (sotto i
profili della violazione di legge e del vizio di motivazione) la sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto la nullità del termine apposto al
contratto de quo in quanto stipulato (per “esigenze eccezionali…”) oltre il

della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del

termine ultimo fissato dagli accordi collettivi attuativi dell’acc. az. 25-9-1997
ed all’uopo sostiene la insussistenza di tale termine e la natura meramente
ricognitiva dei detti accordi.
I motivi sono infondati in base all’indirizzo ormai consolidato in materia

ccnl del 2001 ed al d.lgs. n. 368 del 2001).
Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato
che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del
1987, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli
previsti dalla legge n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di
considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato
del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro
diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di
lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo
indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi
specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a
condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare
contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di
procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063, v.
anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n.
14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei
contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi
vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste
dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale

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dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al

in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (v., fra le altre,
Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).
In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia
stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto

del termine (v. fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745,
Cass. 14-2-2004 n. 2866).
In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente affermato e
come va anche qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti
postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8
del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo,
sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la
sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica
dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli
assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998;
ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine
cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo
derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi
contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962
n. 230” (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608; Cass. 28-11-2008 n. 28450;
Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).
In applicazione di tale principio vanno quindi respinti i detti primi due
motivi.
Con il terzo motivo la società, denunciando violazione degli artt. 1217 e
1233 c.c., lamenta che la Corte di merito non avrebbe svolto alcuna verifica in
3

collettivo) la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione

ordine alla effettiva messa in mora del datore di lavoro e non avrebbe tenuto
“conto della possibilità che il lavoratore abbia anche espletato attività
lavorativa retribuita da terzi una volta cessato il rapporto di lavoro con la
società resistente”, disattendendo, peraltro, le richieste della società di ordine di

La ricorrente formula, quindi, il seguente quesito di diritto:

“Dica la

Suprema Corte se per il principio di corrispettività della prestazione, il
lavoratore — a seguito dell’accertamento giudiziale dell’illegittimità del
contratto a termine stipulato – ha diritto al pagamento delle retribuzioni
soltanto dalla data di riammissione in servizio, salvo che abbia costituito in
mora il datore di lavoro, offrendo espressamente la prestazione lavorativa nel
rispetto della disciplina di cui agli artt. 1206 e segg. cod. civ. “.
Tale quesito non riguarda il tema dell’ aliunde perceptum e comunque,
anche in ordine all’argomento della mora credendi risulta del tutto generico e
non pertinente rispetto alla fattispecie, in quanto si risolve nella enunciazione
in astratto delle regole vigenti nella materia, senza enucleare il momento di
conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai giudici di
merito (in tal senso v. fra le altre Cass. 4-1-2011 n. 80).
Peraltro neppure può ignorarsi che nella fattispecie anche la illustrazione
del motivo risulta del tutto generica e priva di autosufficienza in quanto si
incentra nella doglianza circa la mancanza di una verifica effettiva della messa
in mora, senza considerare lo specifico decisum sul punto e senza riportare
minimamente il contenuto dell’atto che secondo la ricorrente non avrebbe
integrato la messa in mora.

4

esibizione dei modelli 101 e 740 del lavoratore.

Del pari, per quanto concerne l’aliunde perceptum (in relazione al quale
manca del tutto il quesito) alcunché di specifico viene poi indicato dalla

i

ricorrente, laddove al riguardo, come ha rilevato la Corte di merito, era pur
sempre necessaria una rituale acquisizione della allegazione e della prova (pur

eccezione in senso lato – cfr.. Cass. 16-5-2005 n. 10155, Cass. 20-6-2006 n.
14131, Cass. 10-8-2007 n. 17606, Cass. S.U. 3-2-1998 n. 1099 -).
Così risultato inammissibile il terzo motivo, riguardante le conseguenze
economiche della nullità del termine, neppure potrebbe incidere in qualche
modo nel presente giudizio lo ius superveniens, rappresentato dall’art. 32,
commi 5 0 , 6° e 7° della legge 4 novembre 2010 n. 183.
Al riguardo, infatti, come questa Corte ha più volte affermato, in via di
principio, costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di
legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva,
una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in
qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso,
in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato
dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 272-2004 n. 4070).
In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe,
anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad
essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria (v.
fra le altre Cass. 4-1-2011 n. 80 cit.).
Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.

5

non necessariamente proveniente dal datore di lavoro in quanto oggetto di

Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente va condannata al pagamento

GO%

delle spese in favore della Spatafora, con attribuzione ai difensori come dagli
stessi richiesta.
P.Q.M.

le spese, liquidate in euro 50,00 per esborsi e euro 3.500,00 per compensi, oltre
accessori di legge, con attribuzione agli avv.ti Roberta Federici e Sergio
Galleano.
Roma 23 maggio 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare alla Spatafora

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