Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16650 del 22/07/2014
Civile Sent. Sez. 1 Num. 16650 Anno 2014
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DIDONE ANTONIO
SENTENZA
sul ricorso 13007-2007 proposto da:
COSTANTINI
ALESSANDRA
(c.f.
CSTLSN72R52H501A),
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PARAGUAY 5,
presso l’avvocato PAGANO DOMENICO, che la
Data pubblicazione: 22/07/2014
rappresenta e difende, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente contro
UNICREDIT BANCA S.P.A.;
– intimata –
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avverso la sentenza n. 1931/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/04/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
.
pubblica udienza del 26/05/2014 dal Consigliere
Dott. ANTONIO DIDONE;
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
..
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udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
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Svolgimento del processo
1.- Alessandra Costantini ha proposto opposizione contro
il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti in favore
della Banca Cassa di Risparmio di Torino per l’importo di
lire 85.157.404 quale scoperto di un conto corrente
intrattenuto con la banca. Nel corso del giudizio
intervenuto il fallimento dell’opponente, quale socio
illimitatamente responsabile della s.n.c. ALE.MA di
Costantini Alessandra e Cubeddu C.
Il processo interrotto è stato riassunto dal curatore del
fallimento della predetta società ma il tribunale ha
respinto l’opposizione per carenza di interesse del
fallimento a proseguire il giudizio.
La Corte di appello di Roma, con la sentenza impugnata
(depositata il 27.4.2006) ha dichiarato inammissibile
l’appello proposto da Alessandra Costantini contro la
sentenza del Tribunale, osservando che l’appellante
–
sebbene originaria opponente – non era stata parte del
giudizio riassunto dal curatore. Talché non potevano
essere esaminate le censure concernenti il merito nonché
gli effetti dell’omologazione del concordato fallimentare
della società e dell’appellante sul credito posto a base
dell’ingiunzione.
Contro la sentenza di appello la Costantini ha proposto
ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
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Non ha
svolto
difese
la
s.p.a.
Unicredit
Banca
(evidentemente costituitasi in appello per l’originaria
creditrice).
Motivi della decisione
2.1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia
violazione degli artt. 43 e 148 l. fall. e formula il
seguente quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.,
applicabile ratione temporis: <
2.2.- Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione
e formula la seguente sintesi ex art. 366 bis c.p.c.: <
3.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per
violazione dell’art. 366 bis c.p.c.
Invero, nessuno dei quesiti formulati dalla ricorrente è
conforme al precetto di cui all’art. 366 bis c.p.c. come
interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo
la quale il quesito di diritto deve essere formulato in
termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica
della questione, così da consentire al giudice di
legittimità di enunciare una “regula iuris” suscettibile
di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto
a quello deciso dalla sentenza impugnata.
In altri termini, «il quesito di diritto di cui all’art.
366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la
riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti
al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della
regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la
diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente,
si sarebbe dovuta applicare al caso di specie» (Sez. 3,
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ordinanza
n.
19769
del
17/07/2008)
È,
pertanto,
inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto
che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e
semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la
violazione di una determinata disposizione di legge
perché, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal
citato art. 366-bis, si risolve sostanzialmente in una
omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua
inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla
sentenza
impugnata
in
riferimento
alla
concreta
fattispecie (Sez. U, Sentenza n. 26020 del 30/10/2008).
Quanto ai vizi di motivazione, va ricordato che la
giurisprudenza di questa Corte ha sottolineato che la
censura di omessa,
insufficiente o contraddittoria
motivazione deve contenere un momento di sintesi (che
svolge l’omologa funzione del quesito di diritto per
motivi di cui ai nn. l, 2, 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc.
civ.) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera
da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del
ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. S.U.
sent. n. 20603/2007 e, successivamente, le ordinanze della
sez. 3 n.
4646/2008 e n. 16558/2008, nonché le sentenze
delle S.U. nn. 25117/2008 e n. 26014/2008): per questo il
relativo requisito deve sostanziarsi in una parte del
motivo
che
si
presenti
a
ciò
specificamente e
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riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile
ritenerlo rispettato quando solo la completa lettura della
complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di
un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di
all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che
il motivo stesso concerne un determinato fatto
controverso, riguardo al quale si assuma omessa,
contraddittoria od insufficiente la motivazione e si
indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è
conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (ord.,
sez. 3, n. 16002/2007; ord., sez. 3, nn. 4309/2008,
4311/2008
e
8897/2008,
cit.,
nonché
sent.
S.U.
n.
11652/2008). In altri termini, si richiede che
l’illustrazione del motivo venga corredata da un momento
di sintesi dei rilievi attraverso il quale poter cogliere
la fondatezza della censura (v. sentenza, S.U., n.
16528/2008).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26
maggio 2014
una indicazione da parte del ricorrente, deputata