Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16649 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16649 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 21111-2010 proposto da:
NUOVA KOMPAC DI ABENI G. & C. S.N.C. 01822230981, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2,
presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PLACIDI,
rappresentato e difeso dall’avvocato POLA DANTE,
2013

gíusta delega in atti;
– ricorrente –

1841

contro

FRUGONI BRUNO FRGBRN42A25B157N, già elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA MANCINI 4, presso lo

Data pubblicazione: 03/07/2013

studio dell’avvocato PROIETTI STEFANO, rappresentato e
difeso dall’avvocato CASALE MICHELE IDOLO, giusta
delega in atti e da ultimo domiciliato presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– controricorrente –

di BRESCIA, depositata il 09/04/2010 r.g.n. 315/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/05/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 42/2010 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 9 aprile 2010 la Corte d’appello di Brescia, in riforma della
sentenza del Tribunale di Brescia n. 480/08, ha rideterminato il danno non
patrimoniale patito da Frugoni Bruno a seguito dell’infortunio sul lavoro
occorsogli il 22 gennaio 1999 mentre lavorava alle dipendenze della Nuova

in € 50.860,00. La Corte territoriale ha ritenuto sussistente la responsabilità
esclusiva del datore di lavoro per l’omissione delle cautele antinfortunistiche,
mentre gli obblighi del lavoratore si determinano subordinatamente
all’adempimento, da parte del datore di lavoro, dei suoi obblighi primari, come
quelli fissati dall’art. 4 d.lgs. n. 626 del 1994.
La Nuova Kompac di Abeni G. & C. s.n.c. propone ricorso per cassazione
avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo.
Resiste il Frugoni con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 e
1227 cod. civ. e del d.l. 626 del 1994 ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ., e omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione di un punto decisivo della
controversia ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce l’esistenza
del concorso di colpa della vittima dell’incidente nella determinazione del
medesimo, non essendosi il lavoratore attenuto alle disposizioni ed istruzioni
impartitegli dal datore di lavoro come previsto dall’art. 5 del d.l. 626 del 1994;
la Corte territoriale, inoltre, non avrebbe tenuto conto di circostanze emerse nel
corso dell’istruttoria testimoniale svolta e che condurrebbero a dubbi
sull’esistenza stessa dell’incidente in questione.
Ed invero, questa Corte ha statuito che il datore di lavoro, in caso di violazione
delle norme poste a tutela dell’integrità fisica del lavoratore, è interamente

2

Kompac di Abeni G. & C. s.n.c. in qualità di operaio addetto alla sega circolare,

responsabile dell’infortunio che ne sia conseguito e non può invocare il concorso
di colpa del lavoratore perché egli ha il dovere di proteggere l’incolumità di
quest’ultimo nonostante la sua imprudenza o negligenza la quale viene ad
assumere solo l’efficacia di mera occasione o modalità dell’iter produttivo
dell’evento (cfr. in tali esatti termini Cass. 16 luglio 1998 n. 6993 e 8 aprile 2002

ipotesi nelle quali la condotta del lavoratore dipendente finisca per configurarsi
nell’eziologia dell’evento dannoso come una mera modalità dell’iter produttivo,
da addebitare anche essa, proprio perché “imposta” in ragione della situazione di
subordinazione in cui il lavoratore versa, al datore di lavoro, il cui
comportamento, concretizzantesi invece nella violazione di specifiche norme
antinfortunistiche (o di regole di comune prudenza) e nell’omissione di una
misura antinfortunistica essenziale quale quella della protezione di una lama di
una sega o di un dispositivo di blocco, funge da unico efficiente fattore causale
dell’evento dannoso. Propria una siffatta situazione è stata accertata, con una
ricostruzione dei fatti di causa completa, attenta e puntuale e, di certo, rientrante
nei suoi poteri di indagine, dal giudice del merito, la cui decisione si sottrae,
quindi, ad ogni censura esperibile in questa sede di legittimità.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della società ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; Condanna il ricorrente al pagamento delle spese
di giudizio che liquida in C 50,00 per esborsi, oltre € 3.000,00 per compensi
professionali oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 21 maggio 2013.

n. 5024. Un siffatto principio deve trovare piena applicazione in tutte quelle

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