Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16648 del 29/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/07/2011, (ud. 12/04/2011, dep. 29/07/2011), n.16648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. FERRUA Giuliana – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8752/2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

COMPAGNIA SVILUPPO MERCATI E RISORSE 2000 SRL (già RAVELLI S.R.L.),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA BOEZIO 16, presso lo studio dell’avvocato

SILLA ANDREA, che lo rappresenta e difende con atto di “revoca e

nuovo conferimento di procura” a rogito Dr. ANTONIO MOSCA in ROMA,

rep. n. 83304 del 13/07/2010;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 196/2005 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 27/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2 011 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;

udito per il ricorrente l’Avvocato SPINA, che si riporta;

udito per il resistente l’Avvocato SILLA, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di atto intervenuto tra l’Amministrazione Finanziaria e la società in epigrafe indicata, per il trasferimento di beni a fronte del pagamento di una somma di danaro, con accollo integrale dell’imposta di registro da parte della cedente società, intervenuta la prevista condizione sospensiva costituita dal parere favorevole dell’Avvocatura dello Stato, l’Ufficio del Registro Atti Pubblici di Roma emetteva nei confronti della contribuente avviso con il quale provvedeva alla liquidazione dell’imposta di registro nella misura proporzionale del 3%, ex art. 8 della Tariffa Parte prima allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, ritenendo l’atto tassato una transazione, equiparabile ex art. 37 dello stesso D.P.R. ad un atto dell’autorità giudiziaria.

Avverso tale atto la società proponeva ricorso che il giudice adito dichiarava inammissibile sia per difetto di sottoscrizione di un difensore abilitato, sia per mancanza di prova in ordine alla sua tempestività.

Proposto appello dalla parte soccombente, la CTR del Lazio con sentenza n. 196/37/05 depositata il 27.1.2006 e non notificata accoglieva il gravame ed annullava l’atto impugnato ritenendo che esso facesse riferimento “ad un atto non di transazione……..bensì di un trasferimento a favore dello Stato”.

Per la cassazione della sentenza di secondo grado proponeva ricorso l’Agenzia delle Entrate articolando tre motivi, all’accoglimento dei quali si opponeva la società con controricorso, e successiva memoria aggiunta, eccependo tra l’altro l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1, Preliminarmente rileva la Corte che l’eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 366 bis c.p.c., è da ritenersi infondata posto che, avuto riguardo alla data di pubblicazione della sentenza impugnata (27.1.2206), la citata norma inserita nel codice di rito con il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, non risulta applicabile.

2. Procedendo quindi all’esame nel merito del ricorso, con il primo motivo denuncia la ricorrente la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., e degli artt. 324 e 329 c.p.c., evidenziando al riguardo che il capo della sentenza di primo grado relativo alla inammissibilità del ricorso per tardività, non sarebbe stato specificamente appellato dalla società, e costituirebbe pertanto giudicato, violato dal giudice di appello con la pronuncia impugnata.

Il motivo è infondato. La società controricorrente non contesta le distinte ragioni della decisione poste dalla CTP a fondamento della pronuncia di inammissibilità del ricorso, ma assume di aver appellato anche il capo della decisione relativo alla tempestività del ricorso medesimo, e ciò specificando nell’atto di appello:

“ribadita la tempestività del ricorso cautelativa mente presentata dalla società alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma in data 11.6.1999, mentre l’avviso risulta spedito in data 26.4.1999….”.

La circostanza dedotta dalla contribuente con la specifica indicazione del punto del ricorso in appello contenente l’espressione innanzi riportata (pagina 2 de ricorso rigo 189), e non contestata dalla ricorrente, vale ad escludere la fondatezza della doglianza in esame non richiedendo i motivi di appello particolari formalità ma solo sufficiente grado di specificità rispetto ai contenuti della decisione, e dovendosi ritenere pertanto con la suddetta espressione inequivocabilmente censurato anche il capo della sentenza della CTP relativo alla pretesa tardività del ricorso originario della contribuente, non avendo altrimenti significato alcuno la precisazione dall’appellante fornita in ordine ai tempi del ricorso.

3. Con gli ulteriori due motivi denuncia l’Agenzia delle Entrate rispettivamente il vizio di omessa motivazione della sentenza con riferimento a quanto affermato dal giudice di appello in ordine alla natura dell’atto tassato, qualificato come atto di trasferimento e non transazione, nonchè il vizio di violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, e artt. 1 e 8 Tariffa per aver il giudice di merito erroneamente ritenuto indebita l’applicazione nel caso di specie dell’imposta proporzionale liquidata dall’Ufficio.

I due motivi possono esser congiuntamente trattati e risultano anch’essi destituiti di fondamento.

La prima delle due doglianze così come formulata risulta inammissibile, il giudice di appello, invero, ha motivato il suo convincimento in ordine alla corretta tassazione da applicarsi al caso di specie, assumendo che l’avviso di liquidazione faceva “riferimento ad un atto non di transazione a seguito di esproprio di terreni….bensì di trasferimento a favore dello Stato”. Orbene, la soluzione della questione di diritto relativa alla natura giuridica dell’atto tassato non può essere censurata con la denuncia del vizio di motivazione, potendo questo essere riferito solo ai fatti posti a fondamento di quella qualificazione; con riferimento a questo secondo aspetto, però, la censura risulta ancora una volta inammissibile per difetto di autosufficienza del ricorso poichè, in presenza di un preciso accertamento del giudice in ordine ai contenuti dell’atto richiamato nell’avviso di liquidazione, così come sinteticamente ma espressamente riassunti nell’affermazione che non di atto di transazione bensì di trasferimento si trattava, volta a contestare la ricostruzione dei fatti offerta dal giudicante, sulla base di un difforme contenuto attribuito all’atto intervenuto tra le parti il 15.7.1997, del quale però la ricorrente omette di riportare in ricorso il testo, quanto meno nelle parti più significative, non consentendo pertanto al Collegio di valutare la rilevanza della questione sollevata.

L’accertamento del giudice in ordine alla natura dell’atto tassato, non adeguatamente contestata in questa sede, rende in ogni caso ineccepibile la decisione in diritto per quanto relativo alla voce della Tariffa applicabile (art. 1) e alla conseguente soggezione dell’atto a imposta fissa e non proporzionale. Conclusione quest’ultima peraltro a giudizio del Collegio comunque incontestabile poichè la diversa tesi sostenuta dall’Amministrazione Finanziaria si fonda sull’equiparazione della transazione agli atti dell’autorità giudiziaria che nè il D.P.R. n. 131 del 1986, nè l’allegata Tariffa autorizzano a ritenere legittima. L’art. 37 invocato dall’Agenzia, invero, prevede quella equiparazione solo ai fini dell’imposta complementare, stabilendo, relativamente appunto agli atti giudiziaria che essi sono immediatamente tassabili, anche se impugnati o impugnabili, salvo poi conguaglio o rimborso all’esito del giudizio in base a sentenza passato in giudicato, a questi soli fini equiparando al giudicato la transazione, peraltro solo se intervenuta con lo Stato. E la Tariffa allegata non prevede espressamente le transazioni, meno che mai all’art. 8, così che priva di fondamento è la tesi che vorrebbe applicabile ai caso di specie la suddetta norma, in virtù di una pretesa equiparazione della transazione all’atto giudiziario prevista dall’art. 37.

Vero è piuttosto che le diverse previsioni della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 appaiono aver riguardo, nella loro fondamentale ripartizione nelle varie classi distintamente contemplate da ciascun articolo, agli effetti degli atti medesimi più che alla loro forma giuridica, così che l’effetto traslativo della proprietà immobiliare inequivocabilmente previsto dall’atto tassato nella vicenda in esame, inevitabilmente ne comporta la tassabilità ai sensi dell’art. 1 della tariffa, indipendentemente dalla forma negoziale adottata dalle parti per conseguire lo scopo che intendevano realizzare.

Risultando in definitiva la sentenza impugnata conforme a diritto, sia pure con le ulteriori precisazioni innanzi esposte, il ricorso in esame deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente, per il principio della soccombenza, al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro. 12.200,00 di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2011

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