Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16646 del 22/07/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 16646 Anno 2014
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 9688-2008 proposto da:
D’ALESSANDRO

C.F.

MASSIMILIANO

DLSMSM72D16A662E,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2,
presso

lo

rappresentato

studio

del

e

difeso

ALFREDO

PLACIDI,

dall’avvocato

DOMENICO

dott.

CICCARELLI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
2096

contro

S.A.B.A.H. S.P.A. – SOCIETY ARTICLES BRANCH ADDITIVES
HIGIENICS PRODOTTI CHIMICI INDUSTRIALI S.P.A., in
persona del legale rappresentante pro

tempore,

Data pubblicazione: 22/07/2014

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ISONZO 42/A,
presso lo studio dell’avvocato LUCA DI GREGORIO, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO
LORO, giusta delega in atti;
– controricorrente

di NAPOLI, depositata il 28/03/2007 R.G.N. 250/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
l’inammissibítà in subordine rigetto.

avverso la sentenza n. 6886/2005 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 28 marzo 2007 la Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello proposto da
Massimiliano D’Alessandro avverso la sentenza di primo grado, che aveva respinto la sua
domanda di condanna di S.A.B.A.H. s.p.a. (alle cui dipendenze assumeva di aver lavorato da

CCNL del settore commercio, maturando crediti per mensilità e provvigioni non percepite, per
tredicesima, quattordicesima mensilità e per T.F.R.) al pagamento della somma di £
18.089.640 o di giustizia, oltre accessori.
In esito a critico ed argomentato esame delle risultanze istruttorie, la Corte territoriale
escludeva la prova dell’esistenza di un rapporto di subordinazione del ricorrente, per la
neutralità di alcuni indici (quali tempi e modalità di prestazione dell’attività lavorativa,
ingerenza del capo-area nella programmazione dell’attività, coerente con l’organizzazione
complessa dell’impresa), assolutamente compatibili con il rapporto di parasubordinazione
(incarico di procacciatore d’affari) formalmente instaurato tra le parti, non eccedenti lo
schema del mero coordinamento, senza attingere la subordinazione.
Massimiliano D’Alessandro ricorre per cassazione con unico motivo, cui resiste con
controricorso S.A.B.A.H. s.p.a.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo, il ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in
relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., per non corretta né coerente valutazione delle risultanze
istruttorie, nel complesso deponenti, se criticamente scrutinate nella loro unitaria globalità alla
luce dei principi di diritto enunciati in materia dalla richiamata giurisprudenza di legittimità,
per l’individuazione di un rapporto di lavoro subordinato (per la costante messa a disposizione
delle proprie energie lavorative sotto la pressante direzione gerarchica del capo-area Mario
Gaudenzi), dissimulato da un apparente rapporto parasubordinato di procacciatore d’affari.
Il motivo è inammissibile.
Esso si risolve, infatti, in un apprezzamento di valutazioni e di accertamenti in fatto, tendenti
ad una sostanziale revisione del merito. Ed è evidente l’inammissibilità di una censura, con la
quale si intenda contrapporre la ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso

ottobre 1994 ad aprile 1996 come propagandista e venditore, inquadrabile al 4° livello del

convincimento soggettivo della parte, in particolare prospettante un preteso migliore e più
appagante coordinamento dei dati acquisiti, posto che tali aspetti del giudizio, interni alla
discrezionalità valutativa degli elementi di prova e all’apprezzamento dei fatti, riguardano il
libero convincimento del giudice e non i possibili vizi del suo percorso formativo rilevanti ai
fini in oggetto; diversamente risolvendosi tale motivo di ricorso in un’istanza inammissibile di

una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione
(Cass. 26 marzo 2010, n. 7394). Sicchè occorre ribadire come la valutazione delle risultanze
delle prove, il giudizio sull’attendibilità dei testi e la scelta, tra le varie, delle risultanze
probatorie ritenute più idonee a sorreggere la motivazione involgano apprezzamenti di fatto
riservati al giudice di merito, libero di attingere il proprio convincimento dalle prove che gli
paiano più attendibili, senza alcun obbligo di esplicita confutazione degli elementi probatori
non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 7 gennaio
2009, n. 42; Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412).
Ma il mezzo è pure inammissibile, per difetto di una chiara indicazione del fatto controverso
con una sintesi finale assimilabile al quesito, ai sensi dell’art. 366bis c.p.c.
La deduzione, nel ricorso per cassazione, di un vizio di motivazione della sentenza impugnata
in merito ad un fatto controverso, comporta infatti l’onere, imposto dall’art. 366bs c.p.c., di
indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per cui la motivazione sia insufficiente ed
esso deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma
anche formulandone al termine una sintesi riassuntiva, che costituisca un quid pluris rispetto
alla sua illustrazione e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del
ricorso (Cass. 7 aprile 2008, n. 8897). E tale sintesi non si identifica con il requisito di
specificità del motivo, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., ma assume l’autonoma
funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza
logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della
decisione favorevole al ricorrente (Cass. 28 dicembre 2013, n. 28242; Cass. 8 marzo 2013, n.
5858).
Dalle superiori argomentazioni discende coerente la pronuncia di inammissibilità del ricorso,
con la condanna di Massimiliano D’Alessandro alla rifusione delle spese, liquidate come in

revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito e quindi nella richiesta di

dispositivo (il rimborso per spese generali nella misura del 15% del compenso totale per la
prestazione), secondo il regime di soccombenza.

P.Q.M.
La Corte

favore di S.A.B.A.H. s.p.a., delle spese del giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi e €
3.000,00 per compenso professionale, oltre rimborso per spese generali al 15% e accessori di
legge.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2014

Il Pres ente

dichiara inammissibile il ricorso e condanna Massimiliano D’Alessandro alla rifusione, in

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