Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16645 del 04/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/08/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 04/08/2020), n.16645

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Maria Giulia – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI N. M.G. – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10101/2012 R.G. proposto da:

Sigma GI Spa unipersonale, rappresentata e difesa dall’Avv. Noia

Stefano, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma viale

Cortina d’Ampezzo n. 65, giusta procura speciale a margine dei

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 75/24/11, depositata il 19 ottobre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre

2019 dal Consigliere Fuochi Tinarelli Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Sigma Gi Spa impugnava la cartella di pagamento, emessa D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, con cui, atteso il tardivo pagamento del primo acconto Irap per l’anno d’imposta 2004 avvenuto il 21 luglio di quell’anno, giorno successivo alla scadenza senza il contestuale versamento della maggiorazione del 0,40% D.P.R. n. 435 del 2001, ex art. 17, aveva irrogato ed iscritto a ruolo la sanzione del 30% dell’intera imposta tardivamente corrisposta.

La contribuente, in particolare, contestava la determinazione del quantum della sanzione, commisurata all’intero importo dell’acconto dovuto e tardivamente versato invece che alla sola maggiorazione dello 0,40% dell’imposta stessa.

L’impugnazione, accolta dalla CTP di Firenze, era rigettata dal giudice d’appello.

La contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Va dichiarata, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero delle Finanze, neppure parte nei precedenti gradi e difettante di legittimazione, che spetta, in forza del D.Lgs. n. 300 del 1999, all’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1 gennaio 2001, data di operatività della disciplina.

2. Con riguardo al ricorso avverso l’Agenzia delle entrate il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1194 c.c., comma 2, e D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17.

Lamenta la contribuente, in particolare, che il D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17, nel consentire il pagamento differito, nei trenta giorni successivi alla scadenza, con la sola aggiunta della maggiorazione dello 0,40%, esclude che il versamento sia da considerare tardivo, da cui la rilevanza, ai fini della sanzione, del solo importo (lo 0,40%) in concreto non versato.

2.1. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10 e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7.

2.2. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6.

3. Il primo motivo è inammissibile quanto al denunciato vizio di motivazione venendo in rilievo questione in diritto e non in fatto.

4. La lamentata violazione di legge, invece, è fondata, restando assorbiti gli ulteriori motivi.

4.1. La soluzione accolta dalla CTR (che ha recepito la tesi dell’Ufficio) si fonda sull’assunto che, mentre il comma 1 individua il termine per il regolare versamento dell’acconto (che, nella concreta fattispecie, cadeva il 20 luglio 2005), il comma 2, nell’introdurre un secondo termine per il versamento posticipato di 30 giorni, porrebbe la condizione, a pena di decadenza del maggior termine, del versamento della maggiorazione dello 0,4%.

In altri termini, la possibilità per il contribuente di ritenere regolarmente assolto il versamento dell’acconto nei trenta giorni successivi sarebbe condizionata alla corresponsione di un maggior importo, in mancanza del quale nè il pagamento è regolare, nè si perfeziona la fattispecie di “sanatoria”, sicchè la situazione realizzerebbe solo una tardiva inottemperanza dell’obbligo fiscale, da cui la sanzione D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13 ancorata all’intera somma versata oltre il termine originariamente previsto.

4.2. Tale conclusione non è condivisibile.

4.3. Il D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17, commi 1 e 2, nel testo ratione temporis applicabile, prevede

“1. Il versamento del saldo dovuto con riferimento alla dichiarazione dei redditi ed a quella dell’imposta regionale sulle attività produttive da parte delle persone fisiche e delle società o associazioni di cui al testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, compresa quella unificata, è effettuato entro il 20 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione stessa. Il versamento del saldo dovuto in base alla dichiarazione relativa all’imposta sul reddito delle persone giuridiche ed a quella dell’imposta regionale sulle attività produttive, compresa quella unificata, è effettuato entro il giorno 20 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta. I soggetti che in base a disposizioni di legge approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, versano il saldo dovuto in base alla dichiarazione relativa all’imposta sul reddito delle persone giuridiche ed a quella dell’imposta regionale sulle attività produttive, compresa quella unificata, entro il giorno 20 del mese successivo a quello di approvazione del bilancio. Se il bilancio non è approvato nel termine stabilito, in base alle disposizioni di legge di cui al precedente periodo, il versamento è comunque effettuato entro il giorno 20 del mese successivo a quello di scadenza del termine stesso.

2. I versamenti di cui al comma 1 possono essere effettuati entro il trentesimo giorno successivo ai termini ivi previsti, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo.”

4.4. Occorre osservare, in primo luogo, che entrambe le previsioni hanno ad oggetto i medesimi “versamenti”; il comma 2, inoltre, indica che gli stessi “possono essere effettuati” anche nei trenta giorni successivi con il versamento, aggiuntivo, dei soli “interessi corrispettivi”.

Sul piano letterale, dunque, la norma si riferisce al medesimo tributo, rispetto al quale sono contemplati due distinti termini per l’adempimento, che si differenziano solo per il riconoscimento a favore dell’Ufficio degli interessi maturati, determinati in via forfettaria.

Ne consegue che il riconoscimento degli interessi non integra nell’economia della disposizione una “condizione” per accedere al secondo termine ma solo il “corrispettivo” riconosciuto all’Ufficio a fronte del “vantaggio” per il contribuente individuato nel maggiore periodo concesso per il pagamento (nonchè, correlativamente, della più lunga disponibilità di una somma spettante all’erario).

4.5. Una diversa conclusione, del resto, avrebbe richiesto una chiara ed esplicita indicazione normativa sì da far concludere che l’omesso versamento della maggiorazione determina la decadenza dal beneficio dell’estensione del termine.

Occorre sottolineare, invece, l’assenza di una simile prospettiva e, anzi, – per come emerge dal dato testuale – la maggiorazione è versata unitariamente all’importo capitale dell’imposta, senza alcuna distinzione (anche con riguardo al codice del tributo), da cui l’impossibilità di derivare dal pagamento parziale ulteriori conseguenze.

Sono quindi ininfluenti, sotto questo profilo, i criteri di imputazione di cui all’art. 1194 c.c. poichè l’importo da versare è globalmente considerato nella somma costituita dall’originario tributo in uno con la maggiorazione di legge.

5. Ne deriva che il pagamento operato nei trenta giorni successivi alla prima scadenza è, in ogni caso, tempestivo, integrando l’omesso versamento della maggiorazione solo un’ipotesi di pagamento parziale.

6. Tale esito refluisce sulla determinazione della sanzione che, pertanto, in forza del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, (per cui “chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti… è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato”) deve essere calcolata sulla sola differenza tra quanto versato (nella specie, l’importo originario dell’imposta) nel termine differito e quanto dovuto (l’importo dell’imposta più la maggiorazione).

7. Va conclusivamente affermato il seguente principio di diritto:

“la maggiorazione di cui al D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17, comma 2, ratione temporis applicabile, ha natura di interessi corrispettivi dell’imposta dovuta a favore dell’erario a fronte del maggior periodo di giorni 30 concesso al contribuente per il pagamento, sicchè l’omesso versamento della sola maggiorazione nel più lungo termine costituisce pagamento parziale ma non determina la decadenza dal termine prorogato”

8. In conclusione, va dichiarato inammissibile il ricorso avverso il Ministero delle Finanze, mentre, con riguardo al ricorso proposto avverso l’Agenzia delle entrate, in accoglimento del primo motivo, nei termini di cui in motivazione, assorbiti gli altri, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la sanzione va determinata, in conformità al principio sopra enunciato, in relazione al solo importo non versato entro il termine prolungato.

9. Le spese, attesa la novità della questione e l’esito complessivo del giudizio, vanno integralmente compensate per ogni fase e grado tra tutte le parti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso avverso il Ministero delle Finanze; accoglie, nei termini di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso avverso l’Agenzia delle entrate, assorbiti gli altri, e decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente nei termini di cui in motivazione. Compensa integralmente le spese per ogni fase e grado tra tutte le parti.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2020

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