Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16642 del 29/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/07/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 29/07/2011), n.16642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21369/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

BLINDO STRUTTURE SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE BRUNO BUOZZI 102

presso lo studio dell’avvocato FRANSONI GUGLIELMO, rappresentato e

difeso dall’avvocato RUSSO PASQUALE, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 39/2005 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 19/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;

udito per il ricorrente l’Avvocato FIORENTINO SERGIO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato ESPOSITO ROBERTO per delega Avv.

RUSSO, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con avviso di accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), l’Amministrazione Finanziaria recuperava a tassazione per l’anno 1994, ai fini Irpeg e Ilor, nei confronti della Blindo Strutture s.r.l. (società fornitrice di blindature per banche e uffici postali) un maggior reddito imponibile per complessive L..

671.172.000, sulla base essenzialmente della rilevazione di una ingiustificata drastica riduzione della percentuale di ricarico sui costi dei beni prodotti, dall’89,34% dell’anno precedente at 27,49% risultante per l’anno in contestazione.

Avverso tale atto proponeva ricorso la società contestandone sia la legittimità, in presenza di una contabilità assolutamente corretta, sia la fondatezza, assumendo che la notevole contrazione dei ricavi scaturiva dalla difficile situazione di mercato e dalla sopravvenuta necessità di integrare le forniture già in precedenza eseguite in favore della soc. controllante Cespro s.r.l. anche degli accessori occorrenti per l’installazione dei manufatti prodotti, da acquistarsi presso terzi e cedersi successivamente sostanzialmente a prezzo di costo alla Cespro, sua unica cliente, onde consentirle una più facile penetrazione sul mercato.

Si costituiva l’Ufficio e replicava difendendo la legittimità del proprio operato, ritenendo irragionevole e antieconomica la gestione della società, per come tradottasi in una così forte contrazione della percentuale di ricarico a fronte di un consistente aumento dei ricavi rispetto agli anni precedenti, e conseguentemente presumibile che la situazione rappresentata costituisse il risultato di accordi di gruppo tra società controllata e società controllante, volti a conseguire vantaggi fiscali, onde, a suo giudizio, l’inversione dell’onere della prova a carico della contribuente circa l’insussistenza dei maggiori redditi accertati con applicazione di una percentuale di ricarico (75%) comunque inferiore rispetto a quella dichiarata dalla società negli ultimi anni.

Il giudice adito accoglieva il ricorso, l’Ufficio proponeva appello ma la C.T.R. della Toscana, con sentenza n. 39 depositata il 19.5.2005 e non notificata, confermava la decisione di primo grado.

Per la cassazione della sentenza di appello proponevano ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate articolando tre motivi, all’accoglimento dei quali si opponeva la società con controricorso ritualmente e tempestivamente notificato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Rileva questa Suprema Corte doversi preliminarmente dichiarare d’ufficio l’inammissibilità del ricorso dei Ministero in quanto privo della necessaria legittimazione ad impugnare la sentenza di secondo grado perchè soggetto rimasto estraneo al giudizio di appello (ex plurimis. v. Cass. 23.4.2010, n. 9794).

Non risultando la questione definitivamente ed univocamente ancora chiarita negli esposti termini, ai momento del ricorso, ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra Ministero e la parte intimata.

2. Quanto al ricorso dell’Agenzia, con il primo motivo articolato deduce la ricorrente la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 e 346 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè omessa o insufficiente motivazione su un punto di fatto decisivo della controversia, assumendo che la C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto che la controversia vertesse sulla possibilità o meno di ritenere economicamente giustificata la decisione della Blindo Strutture di rivendere a prezzo di costo alla Cespro gli accessori per l’importo di L. 456.807.000 necessari per le installazioni dei prodotti forniti, laddove tale circostanza non costituiva oggetto della contestazione dell’Ufficio, che infatti, pur accettando quella scelta gestionale della società verificata, e quindi non computando quei costi ai fini dei maggiori ricavi accertati, contestava comunque il risultato economico della gestione, così come rappresentato da una percentuale di ricarico che, pur tenuto conto di quanto innanzi, risultava comunque solo del 34,96%;

circostanza di fatto, quest’ultima che, nonostante la sua eloquenza avuto riguardo ai risultati degli esercizi precedenti, non era stata in alcun modo considerata dal giudicante.

Il motivo è sotto ogni profilo infondato.

Il thema decidendum del giudizio era costituito dalla legittimità e fondatezza dell’accertamento analitico induttivo emesso dall’Ufficio e contestato dalla contribuente, e su questo il giudice di merito si è compiutamente pronunziato, esponendo una serie di circostanza che a suo avviso escludevano la possibilità dei maggiori ricavi accertati dall’Ufficio (regolarità della documentazione contabile, qualità della clientela “finale” che avrebbe impedito la produzione di ricavi extracontabili, sussistenza di ragioni idonee a giustificare la contrazione dei ricavi), replicando tra l’altro specificamente, contrariamente a quanto dedotto in ricorso (pag. 13) anche a quanto dedotto dall’Ufficio in ordine alla sostanziale irrilevanza, ai fini dell’antieconomicità della gestione aziendale, della cessione degli accessori alla Cespro s.r.l. senza ricarico, poichè in ogni caso, secondo la C.T.R. la procedura seguita sarebbe stata “approssimativa e non rispondente ai dati contabili risultanti dalla contabilità ufficiale della società” (v. fine pag. 4, inizio pag. 5 sentenza).

Da qui l’infondatezza della censura formulata per lamentare la violazione non solo dell’art. 112 c.p.c., ma anche:

– degli artt. 115 e 116 c.p.c. perchè fa ricorrente neanche ha specificato come e perchè il giudicante avrebbe violato i principi di disponibilità e valutazione delle prove;

– dell’art. 346 c.p.c. perchè ancora una volta la stessa ricorrente non ha chiarito perchè mai sarebbe risultata violata la norma indicata, non avendo essa minimamente rinunciato neanche a parte della sua pretesa, ma soltanto sostenuto la fondatezza della stessa anche sulla base di un ragionamento sul piano soltanto dialettico corretto in senso più favorevole alla contribuente (valutazione dei maggiori ricavi sulla base non più del totale dei costi, bensì dei costi al netto delle spese di acquisto degli accessori, poi ceduti a prezzo di costo alla Cespro; con conseguente lievitazione della percentuale di ricarico dal 27,49% al 34,96%).

Quanto al vizio motivazionale pure dedotto, esso investe profili della sentenza oggetto di identica censura con i successivi motivi di ricorso, così che della relativa doglianza si tratterà più innanzi unitariamente con riferimento a quanto ulteriormente denunciato dall’Agenzia.

3. Con gli altri due motivi articolati ha dedotto la ricorrente i seguenti ulteriori vizi della sentenza impugnata:

– Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 comma 1, lett. d); D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 51 e 75, art. 76, comma 5; artt. 1415, 1416, 1421, 2359, 2359 bis, 2472, 2697, 2727 e 2729 c.c.; nonchè omessa o insufficiente motivazione su un punto di fatto decisivo della controversia, per aver il giudice di merito, a fronte di una gestione connotata da manifesta antieconomicità, senza adeguata motivazione ritenuto assolto da parte della contribuente l’onere della prova che su di essa gravava, atteso tra l’altro che l’interesse di gruppo invocato a sostegno della politica dei prezzi praticata nei confronti della società controllante Cespro, giammai avrebbe potuto costituire giustificazione opponibite a Fisco di un comportamento palesemente antieconomico.

– Omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, con riferimento ai plurimi indizi emergenti in ordine ai fatto che obiettivo della strategia della Blindo Strutture fosse non quello di favorire le vendite della Cespro, bensì di determinare un effetto distorto sulla determinazione dei redditi delle due società attraverso il dirottamento di parte dei ricavi della società controllata sulla società controllante.

I motivi così riassunti, per la loro intima interconnessione, possono essere congiuntamente esaminati e risultano, oltre che pienamente ammissibili, meritevoli di accoglimento sotto il profilo del difetto di motivazione della sentenza.

In proposito, avuto riguardo anche a quanto affermato in sentenza e in controricorso in ordine alla regolarità delle scritture contabili della società, giova in questa sede preliminarmente ribadire che, come re iterata mente affermato da condivisa giurisprudenza di legittimità, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, anche in presenza di una contabilità formalmente regolare, i ricavi possono essere ritenuti falsi in base alla loro sproporzione per difetto rispetto ai costi, ed in tale contesto è ammissibile un accertamento analitico – induttivo, il quale tenga conto delle poste passive indicate dal contribuente, per ricostruire i ricavi effettivi; trattasi, in tal caso, non già di accertamento induttivo “tout court”, ma di accertamento analitico – induttivo, che è sempre legittimo quando l’esposizione dei ricavi sia talmente ridotta rispetto ai costi da indurre a ritenere antieconomica la gestione (in termini, ex plurimis, v. Cass. 31.10.2005, n. 21165). In tal caso “In presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia, che il contribuente non spieghi in alcun modo, è legittimo l’accertamento su base presuntiva ed il giudice di merito, per poter annullare l’accertamento, deve specificare, con argomenti validi, le ragioni per le quali ritiene che l’antieconomicità del comportamento del contribuente non sia sintomatico di possibili violazioni di disposizioni tributarie” (v. Cass. 8.7.2005, n. 14428;

cfr. 16.1.2009, n. 951; 26.11.2007, n. 24532; 5.10.2007, n. 20857;

18.5.2007, n. 11559).

Nel caso di specie l’antieconomicità della gestione aziendale risulta presunta dall’Ufficio dalla riduzione dei ricavi della società conseguente all’applicazione di una percentuale di ricarico ridotta dall’89,34% del 1993 (in linea con i risultati degli anni precedenti), al 34,96%, come nella più favorevole delle ipotesi calcolato dall’Ufficio per il 1994.

In presenza di tale situazione il giudice del gravame ha ritenuto di confermare l’illegittimità dell’accertamento sulla base di un’apparentemente articolata motivazione, che però non soddisfa l’unica fondamentale esigenza di comprendere se la condotta della società non sia in realtà da ritenersi posta in essere in violazione delle disposizioni tributarie sulla determinazione del reddito d’impresa, e più propriamente orientata ad occultare redditi della Blindo dirottandoli sulla controllante Cespro, onde sottrarli a tassazione e conseguente versamento di ulteriori imposte.

Ed invero, esaminando in ordine di esposizione le argomentazioni del giudice di merito non può non rilevarsi che:

– L’esistenza di operazioni extracontabili non è stata mai dedotta da alcuno;

– Per la stessa ragione di cui sopra la qualità dei beneficiari finali delle prestazioni non rileva affatto;

– La spiegazione della causa che determinò l’aumento dei costi della società nel 1994, rispetto agli anni precedenti, risulta esposta in maniera alquanto criptica e non conforme alle risultanze processuali.

Si afferma infatti che: “….nel 1994……la Cespro ha ritenuto più conveniente, per ragioni di mercato, che i materiali e gli accessori forniti dalla Blindo s.r.l. contrariamente a quanto avvenuto negli anni precedenti, fossero acquistati da terzi, che hanno praticato prezzi più convenienti rispetto a quelli di propria produzione”;

mentre, all’opposto, sembra pacifico che quegli accessori, in passato acquistati dalla Cespro presso terzi, nel 1994 fossero stati richiesti alla Blindo unitamente ai manufatti forniti per l’installazione, onde anche il dubbio che il riferimento del giudice, non sufficientemente esplicitato, possa essere alle rimanenze di fine esercizio, conseguenti alla ulteriore scelta della Cespro di ritornare a fornirsi degli accessori presso terzi (v. pag. 22 ricorso);

– L’affermazione secondo la quale all’aumento dei costi per la Blindo, per l’acquisizione anche degli accessori richiesti dalla Cespro, non abbiano fatto riscontro corrispondenti aumenti dei ricavi della società fornitrice, per la scelta strategica attuata di fornire quegli accessori al prezzo di costo per un verso è irragionevole e per altro verso è insufficiente: irragionevole perchè ponendo la CTR in una benevola e non condivisibile prospettiva favorevole ad esaltare la logica di gruppo, dedotta come ispiratrice delle politiche aziendali delle due società, la fa apparire appiattita su una giustificazione che non spiega affatto quale interesse avrebbe potuto spingere ad una simile scelta che avrebbe inevitabilmente danneggiato la Blindo (non a caso a conclusione dell’esercizio 1994 messa in liquidazione), senza affatto incidere su un costo insopprimibile di produzione, semplicemente fittiziamente spostato dall’uno all’altro soggetto, senza nessuna reale economia: nulla spiega, cioè, perchè quegli accessori, necessari alla Cespro, avrebbero dovuto essere acquistati dalla Blindo e poi forniti alla società controllante allo stesso prezzo di acquisto, con oggettiva diminuzione del reddito d’impresa della Blindo e senza nessun complessivo vantaggio economico per le due società appartenenti allo stesso gruppo, in quanto comunque gravate di un costo rimasto immutato per l’acquisizione di quegli accessori.

Ma oltre che irragionevole per le ragioni esposte, l’affermazione è insufficiente perchè non idonea comunque a far apparire interamente giustificata una così drastica riduzione dei ricavi della Blindo, avuto anche riguardo a quanto chiarito dall’Ufficio circa il fatto che, pur accedendosi alla tesi della cessione degli accessori alla Cespro a prezzo di costo (L. 456.807.000), i ricavi complessivi della Blindo sarebbero risultati pari soltanto ad una percentuale di ricarico dei 34,96%. – Analogamente l’assunto secondo il quale la procedura di calcolo seguita dall’Ufficio nel determinare ne 34,69% la percentuale di ricarico nella più favorevole delle ipotesi applicata dalla Blindo, sarebbe “approssimativa”, appare assolutamente apodittica, anche perchè giustificata unicamente dal rinvio alle risultanze delle scritture contabili, per le ragioni già innanzi esposte assolutamente non rilevanti;

– L’espressione: “La diminuzione della percentuale di ricarico è conseguenza diretta dell’aumento dei costi e della diminuzione dei ricavi”, costituisce la rappresentazione in termini letterali di un’operazione aritmetica, che però nulla dice a fondamento della correttezza dell’operazione medesima, soprattutto con riferimento alla rispondenza agli effettivi flussi economici dell’azienda, i cui redditi avrebbero dovuto essere determinati D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 9, avuto riguardo ai “valore normale” delle prestazioni fornite (v. Cass. 13.10.2006, n. 22023; 24.7.2002, n. 10802);

– Gli ulteriori riferimenti ai prezzi concordati dalle due società, come frutto di condizioni di mercato e non di “una comune strategia aziendale volta a pianificare una più conveniente politica fiscale di gruppo”, con assenza di vantaggio economico per le due società,per un verso ancora una volta e per le ragioni già in precedenza richiamate, non bastano a ricondurre in termini di ragionevolezza e convenienza economica i risultati economici di una gestione che fa risultare le percentuali di ricarico precipitate nella misura indicata, mentre per altro verso risultano palesemente apodittiche e priva di quei riscontri resi indispensabili dalla difesa dell’Ufficio;

– Il richiamo alle perdite registrate dalla Blindo nel 1994, e alla sua successiva messa in liquidazione, lungi dal costituire argomento spendibile a sostegno della tesi di una “oggettiva” antieconomicità della gestione della società, appare la inevitabile e prevedibile conseguenza di una gestione che, come ipotizzato dall’Ufficio, ha preferito dirottare altrove i propri ricavi.

– Nessuno ha invocato mai nella vicenda in esame il disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 76.

Conclusivamente, pertanto, il giudice del gravame con la sentenza impugnata non solo ha mostrato di non considerare adeguatamente che l’antieconomicità della gestione di una società non può legittimamente dipendere, sotto il profilo fiscale, da politiche di gruppo volte semplicemente a dirottare i ricavi dall’uno all’altro soggetto, senza una valida comprovata giustificazione, ma ha anche del tutto trascurato di fornire spiegazioni sufficienti in ordine al fatto che la sola vendita al prezzo di costo degli accessori alla Cespro possa esser valsa ad assorbire il divario riscontrato tra le diverse percentuali di ricarico accertate dall’Ufficio con riferimento al 1994 e agli anni immediatamente precedenti.

Occorre perciò cassare la sentenza stessa, con rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della C.T.R. della Toscana, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile i ricorso del Ministero e compensa le spese ad esso relative. Rigetta il primo motivo di ricorso dell’Agenzia, accoglie il secondo e il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della C.T.R. della Toscana.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2011

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