Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16637 del 04/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/08/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 04/08/2020), n.16637

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7583-2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura delle

Entrate domiciliata in Roma via dei Portoghesi n. 12.

– ricorrente –

contro

F.E. e F.P., rappresentati e difesi dall’Avv.

Silvio Avellano con domicilio eletto in Roma piazza Dante n. 12

Agenzia delle Entrate;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 5078/I/14 depositata il 4 agosto 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/11/2019 dal

Consigliere Catello Pandolfi.

 

Fatto

RILEVATO

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 5978/1/14 depositata il 4 agosto 2014. La vicenda trae origine dalla notifica a F.C. (del quale i resistenti F.E. e F.P. sono eredi) di un avviso di accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 5, con cui si accertava in via sintetica un maggior reddito per l’anno d’imposta 2006.

In tal senso, deponevano l’acquisto di un immobile in favore del nipote, dal valore di Euro 405.000,00, pagato con un anticipo di Euro 131.000,00 e per il resto con accollo di un mutuo di Euro 265.700,00, poi estinto con assegno circolare. Il contribuente risultava anche proprietario di un’autovettura e fabbricati.

Impugnato l’avviso di accertamento, il F. deduceva d’aver fatto fronte alle spese con il ricavato di operazioni di disinvestimento di titoli mobiliari e della disponibilità di risorse non reddituali.

La CTP di Roma respingeva il ricorso del contribuente, mentre la CTR ne accoglieva l’appello con la sentenza che l’Agenzia impugna in questa, basando il suo ricorso su due motivi.

Resistono F.E. e F.P. con controricorso. l’Agenzia ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Va respinta l’eccezione sollevata dai resistenti, di inammissibilità del ricorso, per violazione, nella stesura del ricorso, del principio di autosufficienza.

Al riguardo si rileva che la documentazione che la ricorrente non avrebbe unito è quella prodotta dal contribuente per provare la titolarità di risorse non reddituali. Circostanza che non è stata mai contestata, per cui l’omissione si è rilevata ininfluente poichè non ha avuto alcuna incidenza sul processo decisionale, che verteva non sull’effettiva disponibilità di quelle risorse, ma sulla prova della loro utilizzazione per conseguire proprio gli incrementi patrimoniali contestati dall’Ufficio.

Va anche respinta l’altra eccezione di inammissibilità del primo motivo di ricorso, in quanto – sostiene parte resistente – la ricorrente non avrebbe esplicitate l’interpretazione che le norme, asseritamente violate o falsamente applicate, avrebbero dovuto avere.

Per contro, è palese che la ricorrente ritenesse che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 3, 4, 5, e 6, dovesse intendersi nel senso che il contribuente non potesse limitarsi a provare la sola disponibilità di risorse non reddituali, per contrastare l’esito dell’accertamento sintetico.

Tanto premesso, venendo all’esame dei motivi di ricorso si osserva:

Con il primo motivo, l’Ufficio lamenta violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 3, 4, 5, e 6.

Con esso si contesta la decisione, nella parte in cui ha ritenuto che il contribuente avesse assolto all’onere di fornire la prova che gli incrementi patrimoniale contestati erano stati conseguiti con redditi esenti o già tassati alla fonte. Prova, invece, non fornita, secondo la ricorrente, che, in particolare, rileva che il F. avesse bensì dimostrato di disporre di un portafoglio di titoli mobiliari presso Banca Intesa-San Paolo e che il conto corrente a lui facente capo presentasse (circostanza non contestata), anche antecedente al periodo relativo all’acquisto, un saldo attivo di Euro 900.000,00. Nondimeno – prosegue la ricorrente – la disponibilità di risorse di natura non reddituale non poteva di per sè considerarsi sufficiente all’assolvimento dell’onere probatorio a carico del contribuente.

Al riguardo, si deve ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha registrato un progressivo percorso di mitigazione del contenuto che la prova contraria, a carico del contribuente, debba assumere.

Inizialmente, quest’ultimo era tenuto alla dimostrazione che le risorse di natura non reddituale fossero state effettivamente utilizzate per l’acquisizione proprio degli incrementi patrimoniali oggetto dell’accertamento sintetico.

Rispetto a tale orientamento (rinvenibile in Cass. n. 6813/2009, ma anche in Cass. n. 25104/2014), è poi intervenuto un indirizzo di segno diametralmente opposto, nel senso di ritenere sufficiente la prova limitata alla sola disponibilità (Cass. n. 6396/2014).

La successiva giurisprudenza si è, infine, stabilizzata in termini mediani, ritenendo che “pur non prevedendosi che gli ulteriori redditi (non reddituali) siano stati utilizzati proprio per coprire le spese contestate, si chiede, tuttavia, espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto, infatti, lo specifico riferimento, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, alla prova (risultante da “idonea documentazione”) della “entità” di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva, accertata con metodo sintetico, in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico” (Cass., 20/01/2017,n. 1510. Nello stesso senso già Cass., 18/04/2014, n. 8995, richiamata da Cass., 26/11/2014, n. 25104 e Cass., 16/07/ 2015, n. 14885; oltre alle successive Cass., 23/03/2018, n. 7389; Cass., 10/07/2018, n. 18097; ed ancora Cass., 20479/2019).

Ora, nel caso in esame, il contribuente ha dimostrato la disponibilità, anche in anni precedenti al 2005, di un cospicuo saldo attivo presso Banca Intesa e l’esistenza di due rapporti con Intesa Private Banking per l’amministrazione e la gestione di titoli. Non ha però prodotto alcuna prova documentale che palesasse circostanze sintomatiche tali da rendere almeno plausibile che quelle disponibilità fossero state destinate agli acquisti contestati. In particolare, non trova alcun riscontro quanto dedotto, circa disinvestimenti di titoli mobiliari, indicati come fonte della liquidità utilizzata per l’acquisto dell’immobile in favore del nipote e per l’estinzione del mutuo inizialmente accollato. La gestione dei titoli, d’altro canto, sembra essersi racchiuso in ambito puramente finanziario.

Per tali ragioni, alla stregua dell’orientamento giurisprudenziale richiamato ed ormai stabilizzatosi, la doglianza dell’Ufficio è da accogliere.

Il secondo motivo – dedotto dalla ricorrente con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, secondo cui la CTR avrebbe omesso di esaminare il “fatto” dedotto, quale la mancata prova da parte del contribuente che le disponibilità non reddituali fossero state destinato agli acquisti accertati – è da ritenere assorbito, in quanto, la ritenuta fondatezza del primo priva d’interesse l’esame dell’altro.

L’accoglimento del ricorso implica la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, per il suo riesame, nei termini indicati e alla luce dei principi richiamati, nonchè per le definizioni delle spese.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria del Lazio in diversa composizione anche per la definizione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2020

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