Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16637 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16637 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

preliminare

sul ricorso proposto da:
FASULO Filippo, rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Pompeo Mangano e
Angelo Catapano, elettivamente domiciliato nello studio di
quest’ultimo in Roma, via Giuseppe Gioacchino Belli, n. 27;
– ricorrente contro
CASSARO Alfonso;
– intimato

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 1179
depositato in data 15 novembre 2006.

Data pubblicazione: 03/07/2013

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro-

per l’accoglimento del primo motivo e il rigetto degli altri;
in subordine, per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l. – Con atto di citazione notificato il 3 gennaio 1994
Alfonso Cassaro convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di
Palermo Filippo Fasulo, esponendo: (a) che con scrittura privata del 28 novembre 1991 il Fasulo gli aveva promesso in vendita la proprietà di una casa sita in Palermo, località Cardillo, via Costantino, n. 28, con circostante terreno, per il
prezzo di lire 1.6000.000.000, di cui egli aveva versato, contestualmente a titolo di caparra confirmatoria, lire
60.000.000, e, successivamente, a più riprese, lire
670.000.000, di cui lire 590.000.000 direttamente al promittente venditore e lire 80.000.000 al Banco di Sicilia in pagamento di una rata di mutuo; (b) che in sede di stipula del
contratto preliminare il Fasulo aveva dichiarato che
l’immobile era stato realizzato in conformità alla concessione
edilizia e che nessuna modifica era stata apportata; (c) che,
poiché il giorno fissato per la stipula non gli era stata consegnata la documentazione urbanistica, egli aveva effettuato

curatore Generale dott. Sergio Del Core, il quale ha concluso

una verifica presso i competenti uffici, accertando che
all’immobile erano state apportate rilevanti modifiche rispetto al progetto approvato, tra le quali anche il mutamento della destinazione d’uso del piano cantinato.

disponibilità al pagamento del prezzo depurato delle spese per
la demolizione delle opere illegittimamente eseguite, determinarsi il valore residuo dell’immobile ed emettersi, quindi,
sentenza che facesse luogo dell’atto pubblico.
Il convenuto si costituì, resistendo. Rilevò che il Cassaro si era reso inadempiente quanto al pagamento del prezzo alle scadenze stabilite e che l’unico intervento edile eseguito,
di cui l’attore peraltro era a conoscenza, era stato lo spostamento della cucina dal piano rialzato al piano seminterrato. Pertanto, ribadendo di essersi sempre dichiarato disponibile a riportare il fabbricato nello stato descritto nel preliminare, chiese dichiararsi che l’attore non aveva diritto
alla riduzione del prezzo e, in via riconvenzionale, domandò
la condanna dell’attore al pagamento delle maggiori somme dovute a titolo di interessi e rivalutazione monetaria per il
ritardo nella stipula dell’atto pubblico.
Nel corso della causa le parti, con scrittura privata del
12 gennaio 1995, stipularono un accordo transattivo; tuttavia
il convenuto, all’udienza del 9 gennaio 1996, deducendo che
l’attore si era reso inadempiente anche alle obbligazioni as-

Tanto premesso, l’attore chiese darsi atto della propria

sunte con la transazione, modificò la propria domanda e chiese
dichiararsi la risoluzione del contratto preliminare e della
transazione per colpa del Cassaro, con condanna di
quest’ultimo al risarcimento del danno

ed

autorizzazione in

Il Tribunale di Palermo, con sentenza non definitiva del
10 ottobre 1997, dichiarò risolto il contratto di transazione
ed, altresì, per grave inadempimento del promissario acquirente, il preliminare, condannò il Cassaro a rilasciare
l’immobile e rigettò la di lui domanda, rimettendo, con separata ordinanza, la causa in istruttoria in ordine alla domanda
riconvenzionale di risarcimento del danno.
Il primo giudice osservò che con la transazione il Fasulo
si era obbligato a perfezionare la pratica di sanatoria e il
Cassaro a dare corso al pagamento del residuo prezzo: tuttavia, mentre il primo aveva adempiuto la propria obbligazione,
il secondo si era reso inadempiente.
2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 15 novembre 2006, la Corte d’appello di Palermo,
in parziale riforma della sentenza non definitiva impugnata
dal Cassaro, ha dichiarato risolto per volontà delle parti il
contratto preliminare e ha condannato il Fasulo a restituire
al Cassaro le somme tutte versate, sia direttamente al promittente, sia agli istituti bancari, confermando nel resto
l’impugnata sentenza.

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favore del convenuto di trattenere le somme già ricevute.

La Corte territoriale, esclusa la sussistenza di ostacoli
impeditivi all’accoglibilità dell’istanza di sanatoria, ha
tuttavia rilevato che, alla data originariamente stabilita,
non era stato possibile procedere alla stipula dell’atto pub-

del Tribunale, non avrebbe potuto aversi la stipula del definitivo, giacché il promittente venditore non aveva provveduto
a richiedere il parere dell’ente preposto alla tutela del vincolo idrogeologico.
Secondo la Corte d’appello, il rifiuto del Cassaro di adempiere a sua volta alle proprie obbligazioni, seppure inizialmente non del tutto giustificato perché fondato
sull’asserita sussistenza di violazioni urbanistiche più ampie
di quelle poi effettivamente emerse, successivamente ha assunto carattere di legittimità a fronte anche dei ritardi del Fasub o nella definizione della pratica di sanatoria.
La Corte di merito ha peraltro rilevato l’impossibilità di
procedere alla stipula dell’atto pubblico perché nel frattempo
il Fasulo, con atto pubblico per notar Lupo del 20 luglio
1999, aveva venduto l’immobile a terzi.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello il Fasulo ha proposto ricorso, con atto notificato
il 14 giugno 2007, sulla base di sei motivi.
L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

blico per fatto del Fasulo, e che, alla data della pronuncia

MOTIVI DELLA DECISIONE
l. – Assume carattere preliminare in ordine logico l’esame
del secondo motivo, con cui, deducendosi violazione e falsa
applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., si censura

comune volontà delle parti, pur in mancanza di una specifica
richiesta in tal senso delle parti, avendo sia il Fasulo sia
il Cassaro chiesto la risoluzione per colpa dell’altra parte.
1.1. – La censura è fondata.
Il giudice che, in presenza di reciproche domande di risoluzione fondate da ciascuna parte sugli inadempimenti
dell’altra, accerti l’inesistenza dei singoli specifici addebiti, non potendo pronunciare la risoluzione per colpa di taluna di esse, deve dare atto dell’impossibilità
dell’esecuzione del contratto per effetto della scelta,

ex

art. 1453, secondo comma, cod. civ., di entrambi i contraenti
e decidere di conseguenza quanto agli effetti risolutori di
cui all’art. 1458 cod. civ. (Cass., Sez. Il, 4 aprile 2000, n.
4089; Cass., Sez. Il, 24 novembre 2000, n. 15167; Cass., Sez.
III, 18 maggio 2005, n. 10389).
Questo principio, che la Corte territoriale ha richiamato
a fondamento della decisione, presuppone, tuttavia, che non
sussistano i reciproci inadempimenti, ed è pertanto inapplicabile nella specie, perché la stessa Corte ha accertato
l’inadempimento sia del promittente venditore che del promis-

che la sentenza impugnata abbia pronunciato la risoluzione per

sano acquirente: del primo, per avere ritardato la definizione della pratica di sanatoria a fronte di irregolarità urbanistiche nell’immobile oggetto della promessa di vendita (sia
pure meno gravi di quelle denunciate dal promissario) e per

co alla trasferibilità alla data originariamente stabilita per
il rogito e a quella della pronuncia di primo grado; del secondo, per non avere, anche dopo la transazione, versato alla
controparte, alla scadenze pattuite, gli acconti sul prezzo.
Ora, una volta accertata l’esistenza dei reciproci inadempimenti, e preso atto dell’impossibilità di accogliere la domanda principale del Cassaro ex art. 2932 cod. civ. per essere
stato l’immobile nelle more trasferito dal promittente a terzi, la Corte d’appello avrebbe dovuto valutare quale dei due
inadempimenti si presentava come prevalente: e ciò in applicazione del principio secondo cui, nei contratti con prestazioni
corrispettive, ai fini della pronuncia di risoluzione per inadempimento in caso di inadempienze reciproche, il giudice di
merito è tenuto a formulare un giudizio di comparazione in merito al comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed
all’oggettiva entità degli inadempimenti (tenuto conto non solo dell’elemento cronologico, ma anche e soprattutto degli apporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute e della incidenza di queste sulla funzione

non avere reso possibile il superamento dell’ostacolo giuridi-

economico-sociale del contratto), si sia resa responsabile
delle violazioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del
sinallagma contrattuale (Cass., Sez. III, 9 giugno 2010, n.

di una delle parti per stabilire se costituiscano motivo di
inadempienza a prescindere da ogni altra ragione di doglianza
dei contraenti, ma deve, invece, procedere alla valutazione
sinergica del comportamento di questi ultimi, attraverso
un’indagine globale ed unitaria dell’intero loro agire, anche
con riguardo alla durata del protrarsi degli effetti
dell’inadempimento, perché l’unitarietà del rapporto obbligatorio a cui ineriscono tutte le prestazioni inadempiute da ognuno non tollera una valutazione frammentaria e settoriale
della condotta di ciascun contraente ma esige un apprezzamento
complessivo (Cass., Sez. I, 9 gennaio 2013, n. 336).
2.

L’accoglimento del secondo motivo determina

l’assorbimento degli altri mezzi: del primo (violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ. e 1458 e
2033 cod. civ.), con cui si denuncia il vizio di extrapetizione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, per non avere
il Cassaro mai proposto nel corso dei due gradi del giudizio,
neanche in via subordinata, una domanda di restituzione delle
somme versate al Fasulo a titolo di acconto in conseguenza
della chiesta risoluzione; del terzo, con cui si lamenta omes-

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13840). Difatti, il giudice non può isolare singole condotte

sa o errata motivazione su un punto decisivo della controversia; del quarto (violazione e falsa applicazione degli artt.
1337, 1453 e 1460 cod. civ.), che pone il quesito se il mancato pagamento delle somme alle scadenze previste nel contratto

va il comportamento del promittente venditore di mancata integrazione della documentazione riguardante la pratica di sanatoria; del quinto (violazione e falsa applicazione degli artt.
1337, 1477, 1453 e 1460 cod. civ., nonché erronea motivazione
su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art.
360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.), con cui si sostiene che il
mancato pagamento degli acconti da parte del promissario acquirente alle scadenze pattuite nel preliminare avrebbe giustificato l’inadempienza del venditore di presentare l’istanza
di sanatoria; e del sesto, il quale, sotto la rubrica “violazione e falsa applicazione degli artt. 1337, 1477, 1453 e 1489
cod. civ., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc.
civ.”, relativo alla conoscenza, da parte del promissario acquirente, della presenza di abusi edilizi nell’immobile promesso in vendita.
4. – La sentenza impugnata è cassata in relazione alla
censura accolta.
La causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte
d’appello di Palermo.

di transazione da parte del promittente acquirente giustifica-

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del
giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso,

cassa la sentenza impugnata in relazione alla cen-

sura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di
Palermo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 15 maggio
2013.

gli altri;

assorbiti

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