Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16636 del 05/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/07/2017, (ud. 02/03/2017, dep.05/07/2017),  n. 16636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15125/2015 proposto da:

A.F., P.A., P.R., in

proprio e nella qualità di eredi legittimi di

P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLA GIUDICE;

– ricorrenti –

contro

F.D., P.V.; TORO ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 216/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 13/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 02/03/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– l'(OMISSIS), in (OMISSIS), P.F. perse la vita in conseguenza di un sinistro stradale,

– i genitori ed i fratelli della vittima, per ottenere il risarcimento dei danni rispettivamente patiti, convennero dinanzi al Tribunale di Palermo i responsabili del sinistro ed il loro assicuratore della responsabilità civile, la società Toro assicurazioni S.p.A.;

– con sentenza 19 gennaio 2009 il Tribunale di Palermo accolse la domanda;

– la sentenza venne tuttavia appellata dai danneggiati, i quali lamentarono una sottostima del danno da parte del giudice di primo grado;

con sentenza 13 febbraio 2015 numero 2016 la corte d’appello di Palermo ha rigettato il gravame;

– la sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da A.F., P.R. e P.A., con ricorso fondato su quattro motivi; nessuno degli intimati si è difeso in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– col primo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa pronuncia sul motivo di appello col quale avevano lamentato un errore nel calcolo degli interessi e della rivalutazione da parte del primo giudice;

– il motivo è manifestamente inammissibile per difetto di specificità (art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6), dal momento che i ricorrenti non indicano:

– nè in cosa consistette l’errore;

– nè quale sarebbe dovuto essere il diverso corretto calcolo;

– nè in che termini fu impugnata la statuizione di primo grado;

– col secondo motivo i ricorrenti contestano la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto corretta la determinazione del grado di invalidità permanente patito da P.S., a causa del pregiudizio psichico sofferto in conseguenza della morte del figlio;

– il motivo è manifestamente inammissibile, in quanto censura un tipico apprezzamento di fatto;

– col terzo motivo i ricorrenti lamentano l’erroneità del rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale patito jure proprio, per effetto della perdita delle contribuzioni che la vittima, se fosse rimasta in vita, avrebbe loro erogato;

– il motivo è manifestamente inammissibile, per estraneità alla ratio decidendi: la corte d’appello, infatti, ha rigettato la domanda in esame ritenendo che fosse mancata tanto la prova del reddito della vittima, quanto la prova della misura d’una stabile contribuzione di essa a pro dei familiari; e tale statuizione non solo non è stata censurata, ma nemmeno poteva esserlo, costituendo oggetto di un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito; i ricorrenti invece, nel motivo in esame, si soffermano sulla prova dell’an debeatur e sulla possibilità di fare ricorso alle presunzioni semplici;

– col quarto motivi ricorrenti lamentano il rigetto della domanda di risarcimento del danno esistenziale;

– il motivo è manifestamente infondato; premesso che il nostro ordinamento non prevede altra distinzione giuridica che quella tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale, nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla morte di un prossimo congiunto il giudice in tanto può tenere conto delle peculiarità del caso concreto, in quanto queste ultime siano state ritualmente allegate e provate;

– nel nostro caso tuttavia, i ricorrenti non hanno nemmeno indicato quali specificità presentasse il caso concreto, rispetto ai casi analoghi, tali da giustificare un incremento della misura standard del danno non patrimoniale;

– non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio delle parti intimate;

– il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

 

(-) rigetta il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di A.F., P.R. e P.A., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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