Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16635 del 04/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/08/2020, (ud. 15/10/2019, dep. 04/08/2020), n.16635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 10377-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STAIO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

FASTAIA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEOPOLDO NOBILI

11, presso MARIO MENGHINI, rappresentato e difeso dall’avvocato

NUNZIO BOCCADIFUOCO;

– controricorrente –

sul ricorso 10481-2015 proposto ca:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 11,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

FASTAIA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEOPOLDO NOBILI

11, presso lo studio dell’avvocato MARIO MENGHINI, rappresentato

difeso dall’avvocato NUNZIO BOCCADIFUOCO;

– controricorrenti –

avverso le sentenze 3189/2314 e n. 3189/2014 della COMM. TRIB. REG

della Sicilia, SEZ. DIST. di SIRACUSA, depositate il 21/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio del

15/10/2019 dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il ricorso R.G.N. 10377/2015.

– l’agenzia delle entrate e del territorio (di seguito, l’agenzia) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, n. 3188/16/14, pronunciata l’l aprile 2014 e depositata il 21 ottobre 2014, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla società Fastaia Srl (di seguito, la società o la contribuente) per l’annullamento dell’avviso di accertamento Iva, relativo all’anno di imposta 2004;

– dall’esame della sentenza di appello si evince che l’Ufficio aveva contestato alla società una indebita detrazione di Iva derivante dal pagamento di alcuni acconti alla società Edil.Co. Srl alla quale aveva commissionato la ristrutturazione di immobili di sua proprietà;

– a seguito dell’impossibilità dell’appaltatrice di eseguire il contratto, quest’ultima, con il consenso della committente, lo aveva ceduto ad altra società;

– le parti avevano convenuto che gli acconti versati non sarebbero stati restituiti, ma imputati ai corrispettivi da versare alla cessionaria del contratto di appalto;

– la Edil.Co. Srl aveva emesso nota di credito pari all’acconto ricevuto, nota che la contribuente non aveva contabilizzato (portando tuttavia in detrazione l’Iva sull’acconto corrisposto);

– ad avviso della CTR, la richiesta dell’amministrazione di pagamento dell’Iva era illegittima, in quanto, non avendo la ricorrente ricevuto la restituzione dell’acconto versato, non era tenuta a contabilizzare la nota di credito ricevuta dalla Edil.Co. Srl ed era legittimata a detrarre l’Iva pagata sull’acconto;

– il ricorso dell’agenzia è affidato a due motivi, cui la contribuente resiste con controricorso, illustrato da memoria;

il ricorso R.G.N. 10481/2015.

– l’agenzia delle entrate e del territorio (di seguito, l’agenzia) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, 3189/16/14, pronunciata l’l aprile 2014 e depositata il 21 ottobre 2014, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla società Fastaia Srl (di seguito, la contribuente) per l’annullamento del provvedimento di diniego di rimborso Iva relativo all’anno di imposta 2007;

– il giudice di appello a sostegno della decisione, premesso che il diniego opposto dall’ufficio si fondava sul fatto che parte del credito Iva, derivante dall’anno di imposta 2004, era stato disconosciuto, richiama la sentenza favorevole alla contribuente emessa nella stessa udienza, avente ad oggetto l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui era stata contestata l’indebita detrazione dell’Iva;

– il ricorso dell’agenzia è affidato a due motivi, cui la contribuente resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. In via preliminare va disposta la riunione del ricorso R.G.N. 10481/2015 a quello R.G.N. 10377/2015 per connessione e interdipendenza.

2 – Con il primo motivo, comune ad entrambi i ricorsi, l’agenzia denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 26, in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

– evidenzia che nel processo verbale di constatazione (PVC), all’origine dell’avviso di accertamento, era stato accertato che la contribuente aveva effettuato una indebita detrazione di Iva derivante dal pagamento di alcuni acconti alla società Edil.Co. Srl alla quale aveva commissionato la ristrutturazione di immobili di sua proprietà;

– nonostante l’impossibilità dell’appaltatrice di eseguire il contratto poichè in attesa delle concessioni edilizie, essa aveva ricevuto dalla committente cinque fatture per acconti, con Iva al 20% per Euro 440.000;

– ricevuto il nulla osta comunale, la Edil.Co. Srl aveva addotto sopravvenuti impedimenti per cui, con il consenso della committente, aveva ceduto il contratto ad altra società (ITA costruzioni S.r.l.);

– le parti avevano convenuto che gli acconti versati non sarebbero stati restituiti alla ricorrente, ma sarebbero stati imputati ai corrispettivi da versare alla cessionaria del contratto di appalto;

– ITA costruzioni aveva ricevuto acconti dello stesso importo di quelli corrisposti alla Edil.Co. Srl e emesso fatture con Iva al 10%;

– la Edil.Co. Srl aveva emesso nota di credito pari all’acconto ricevuto, che la ricorrente non aveva contabilizzato, portando in detrazione l’Iva sull’acconto corrisposto;

– afferma che: – il giudice di appello non aveva effettuato una completa ricostruzione dei fatti di causa non riuscendo a riconoscere nella omessa contabilizzazione della nota di credito l’illegittimo vantaggio fiscale conseguito dalla contribuente, che aveva creato il presupposto per la richiesta di rimborso, e per la Edil.Co. Srl, che aveva neutralizzato l’imposta a debito; – la Edil.Co. Srl, in realtà, altro non era che un soggetto interposto, creato al fine di dare parvenza dell’inizio dei lavori nel cantiere al fine di non perdere il contributo regionale; – nonostante fosse stato previsto l’accollo del debito in favore della nuova appaltatrice, questa aveva emesso fatture dello stesso importo nei confronti della ricorrente che non aveva mai richiesto alla Edil.Co. Srl il pagamento di penale e la restituzione delle somme versate; – si era quindi in presenza di una operazione inesistente che non legittimava la detrazione dell’Iva;

– il motivo è infondato;

– la CTR con la sentenza 3188/16/14 ha fatto corretta applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 2, (rubricato Variazione dell’imponibile o dell’imposta “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli artt. 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullita, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 182-bis, ovvero di un piano attestato ai sensi del medesimo R.D. n. 267 del 1942, art. 67, comma 3, lett. d), pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’art. 25)”, affermando che, nel caso in esame, non essendoci prova della risoluzione del contratto, e comunque non essendo stati restituiti gli acconti, la Fastaia srl non doveva contabilizzare la nota di credito e aveva il diritto di detrarre l’Iva sull’acconto corrisposto.

– Con il secondo motivo, comune ad entrambi i ricorsi, l’agenzia deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

– evidenzia che la CTR non avrebbe preso in esame i motivi dell’appello, nè le argomentazioni dei verificatori trasfuse nel PVC e parte integrante dell’avviso di accertamento impugnato, dal quale era stato ricostruito il piano di frode posto in essere dalla Edil.Co. Srl per mezzo dell’emissione di fatture inesistenti;

– il motivo è inammissibile;

– la CTR facendo applicazione dei principi affermati da questa Sezione, secondo cui la natura impugnatoria del processo tributario rende inammissibile l’eterointegrazione giudiziale di un atto impositivo lacunoso, ha correttamente delimitato l’ambito della sua cognizione a quanto risultante dalla motivazione del provvedimento impugnato, fondato sulla omessa contabilizzazione della nota di credito;

– a sua volta, in contrasto con il principio di autosufficienza, l’agenzia non indica (o riproduce) in quale parte dell’atto di costituzione i temi specifici di cui censura l’omessa valutazione erano stati introdotti, e, oltretutto, trascura di confrontarsi con la riproduzione nel controricorso dell’atto di costituzione nel giudizio di primo grado dell’agenzia dal quale si evince che, come correttamente rilevato dalla CTR, il tema in discussione era relativo soltanto alla omessa contabilizzazione della nota di credito;

– pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso R.G.N. 10377/2015 non può essere accolto; le conclusioni si riflettono sul ricorso R.G.N. 10481/2015 che va rigettato;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte respinge i ricorsi riuniti; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di legittimità, liquidate in Euro 13.000,00 per compensi per il ricorso R.G.N. 10377/2015 e in Euro 5.000 per compensi per il ricorso R.G.N. 10481/2015, oltre rimborso forfetario 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2020.

 

 

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