Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1663 del 24/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 24/01/2011, (ud. 12/10/2010, dep. 24/01/2011), n.1663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

Centro Fisiocinesiterapia Serapide s.p.a.;

– intimata –

avverso la decisione n. 124/17/06 della Commissione tributaria

regionale di Napoli, emessa il 20 gennaio 2006, depositata il 16

giugno 2006, R.G. 4921/05;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12 ottobre 2010 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che in data 20 luglio 2010 è stata depositata relazione che qui si riporta:

Il relatore Cons. Dott. Giacinto Bisogni, letti gli atti depositati, osserva:

1. La controversia ha per oggetto l’impugnazione, da parte della società contribuente, del silenzio-rigetto opposto dall’Amministrazione finanziaria alla istanza di rimborso dell’IVA indebitamente versata negli anni dal 1993 al 1998 sugli acquisti di beni destinati alla propria attività esente. Sosteneva la società ricorrente di aver diritto al rimborso in base alla previsione dell’art. 13 della sesta direttiva sull’IVA, norma non trasposta dal legislatore italiano ma direttamente applicabile nell’ordinamento interno. Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate ed eccepiva il difetto di legittimazione della società, in quanto cessionaria dei beni, la tardività dell’istanza con conseguente decadenza dal diritto, la non applicabilità della disposizione comunitaria invocata, sia perchè non trasposta sia perchè non conferente alla fattispecie controversa;

2. La C.T.P. di Napoli accoglieva il ricorso e la C.T.R. ha confermato tale decisione;

3. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate con cinque motivi di impugnazione: a) violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17, 18 e 19 (erronea affermazione del diritto del cessionario a chiedere il rimborso per imposta IVA impropriamente corrisposta per qualsiasi titolo dal cedente), b) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2 (mancata dichiarazione di inammissibilità delle istanze di rimborso presentate oltre i due anni dal pagamento delle fatture), c) violazione e falsa applicazione dell’art. 13B lett. c della direttiva 77/338/CEE dell’art. 117 Cost. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10 (erronea affermazione di diretta applicabilità della direttiva in difetto dei presupposti sostanziali necessari); d) violazione e falsa applicazione dell’art. 13B, lett. c della direttiva 77/338/CEE dell’art. 117 Cost. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10 (erronea affermazione di applicabilità della disposizione agli acquisti destinati ad attività esenti); e) omessa motivazione sul motivo sub d;

Ritiene che:

1. il ricorso sia fondato per le ragioni già esposte dalla CGCE, nella sentenza del 15 marzo 2007 (emessa nel procedimento C-35/05) che escludono una distinta e autonoma legittimazione del cessionario a chiedere il rimborso dell’imposta in considerazione della responsabilità gravante sugli Stati per l’omesso adeguamento dell’ordinamento interno a quello comunitario, responsabilità che legittima il cessionario ad agire in via risarcitoria ma non anche a sostituirsi al cedente nel rapporto tributario per far valere, nella forma del rimborso di imposta, il diritto leso dalla mancata trasposizione della direttiva nell’ordinamento interno;

2. sussistono i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per l’accoglimento del ricorso ritenuto che tale relazione appare pienamente condivisibile cosicchè il ricorso deve essere accolto con cassazione della sentenza impugnata e decisione nel merito di rigetto del ricorso introduttivo. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese dell’intero giudizio in relazione al recente consolidarsi della giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso dalla società contribuente.

Compensa la spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2011

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