Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16629 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. III, 16/07/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 16/07/2010), n.16629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15197/2006 proposto da:

ANFFAS ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE DI DISABILI INTELLETTIVI

RELAZIONALI-ONLUS (OMISSIS) in persona del suo Presidente Signor

S.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FASANA 16,

presso lo studio dell’avvocato RAMPIONI Riccardo, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato SOLIMAN LUIGI giusta delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA PUBBLICA DI SERVIZI ALLA PERSONA EMANUELE BRIGNOLE (già

ISTITUTO DI RICOVERO EMANUELE BRIGNOLE (OMISSIS) in persona del

legale rappresentante pro tempore Dott. G.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI S. COSTANZA 27, presso lo studio

dell’avvocato MARINI Luigi, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato VIGLIOTTI IVANO giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 22/2005 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

Sezione Prima Civile, emessa il 6/7/2005, depositata il 11/01/2006,

R.G.N. 795/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/06/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito l’Avvocato ELISABETTA MARINI per delega dell’Avvocato MARINI

LUIGI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1029/04 il Tribunale di Genova rigettava la domanda con cui l’ANFFAS-Associazione Nazionale Famiglie di disabili intellettivi e relazionali, già locataria di immobili di proprietà dell’Istituto di Ricovero Emanuele Brignole giusta contratti del (OMISSIS) e costretta a rilasciarli prima della scadenza e a prendere in locazione altri locali, aveva richiesto la condanna dell’ex locatore al risarcimento dei danni nella misura di L. 413.888.845 (da cui doveva detrarsi quella di L. 141.601.175 per un credito vantato da controparte per altro titolo), mentre accoglieva la domanda riconvenzionale dell’Istituto, condannando l’Anffas al pagamento della somma di Euro 76.642,50.

Appellata la sentenza dalla soccombente, si costituiva l’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona Emanuele Brignole (già Istituto di Ricovero Emanuele Brignole) resistendo al gravame: con sentenza depositata l’11.1.06 la Corte d’appello di Genova rigettava l’impugnazione ed avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Anffas, con un solo motivo, mentre l’intimata Azienda ha resistito al gravame mediante controricorso.

Sia la ricorrente che la resistente hanno depositato in atti una memoria difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, avendo la Corte di merito “omesso di pronunciare…. su precise eccezioni ed argomentazioni svolte dalla odierna conchiudente nelle proprie difese”.

Il motivo è manifestamente infondato.

Ed invero, se si esaminano attentamente le conclusioni rassegnate dall’odierna ricorrente in sede di giudizio d’appello e ritualmente trascritte nell’epigrafe della sentenza impugnata, si rileva che la Corte di merito ha correttamente vagliato tutte le questioni e le richieste formulate dall’appellante, e cioè la risoluzione per fatto e colpa del locatore dei contratti di locazione con lo stesso stipulati e ed il conseguente risarcimento del danno conseguente dal suo inadempimento.

Dall’esame della sentenza impugnata risulta, infatti, che i giudici d’appello hanno correttamente spiegato, con motivazione logica e congrua, le ragioni per le quali hanno ritenuto che nel caso di specie non si ravvisassero gli estremi di alcun inadempimento, da parte del locatore, idoneo ai fini della risoluzione per colpa dei rapporti locatizi e causa di danno suscettibile di risarcimento, giustificando correttamente tale convincimento con riferimento all’avvenuta risoluzione dei contratti di locazione tra le parti sostanzialmente per mutuo consenso.

La Corte di merito ha giustamente evidenziato al riguardo che, pur in presenza di una disdetta non intimata tempestivamente dal locatore e quindi di per sè inidonea a produrre l’effetto della mancata rinnovazione dei rapporti di locazione, la mancata contestazione da parte del conduttore, implicando un’implicita sua adesione all’istanza di rilascio dell’immobile, vale a determinare la cessazione dei rapporti in questione, senza che il conduttore possa reclamare il risarcimento dei danni derivatigli dall’anticipato rilascio dell’immobile stesso.

Deve, dunque, escludersi che nella specie possa ravvisarsi la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, giacchè la sentenza gravata non presenta affatto l’elemento caratterizzante del vizio di omessa pronuncia, vale a dire il difetto del momento decisorio allorquando venga a mancare completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto.

Va aggiunto, per completezza di motivazione, che “il vizio di omessa pronuncia non sussiste quando il giudice adito abbia pronunciato su ogni capo della domanda, sia pure con una motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivo di censura del capo della sentenza investito dell’impugnazione” (Cass., sez. 1^, 25.5.99, n. 5054; sez. lav., 5.4.04, n. 6656), mentre la ricorrente avrebbe potuto far valere, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il silenzio del giudice di merito in ordine ad una ovvero ad alcune delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o eccezione sulla quale non sia mancata la statuizione del giudice stesso (Cass. sez. 1^, 7.4.04, n. 6858).

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al resistente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

 

 

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